Cassazione civile, sez. III, sentenza 12.9.2022, n. 26811. Assoluzione penale perché il fatto no sussiste, giudicato penale ostativo in sede civile.

Nella controversia per responsabilità sanitaria, promossa dal danneggiato al fine di ottenere la condanna della struttura sanitaria al risarcimento dei danni, a titolo di responsabilità contrattuale fondata sull’art. 1228 c.c. per il fatto colposo dei medici dei quali si sia avvalsa nell’adempimento della propria obbligazione di cura, la sentenza– pronunciata all’esito di dibattimento nel processo penale al quale abbia partecipato (o sia stata messo in condizione di parteciparvi) soltanto il danneggiato come parte civile e divenuta irrevocabile – che abbia assolto i medici con la formula “perché il fatto non sussiste”, basata sull’accertamento effettivo dell’insussistenza del nesso causale tra la condotta degli stessi sanitari e l’evento iatrogeno in danno del paziente in relazione ai medesimi fatti oggetto del giudizio civile di danno, esplica, ai sensi dell’art. 652 c.p.p., piena efficacia di giudicato ostativo di un diverso accertamento di quegli stessi fatti ed è opponibile, ai sensi dell’art. 1306, secondo comma, c.c., dalla convenuta struttura sanitaria, debitrice solidale con i medici assolti in sede penale, all’attore danneggiato, ove l’eccezione sia stata tempestivamente sollevata in primo grado e successivamente coltivata.

Ghirlandaio

Note sul rapporto fra giudicato penale e giudizio civile di risarcimento da responsabilità sanitaria.

La terza sezione civile della Corte di cassazione, in Camera di consiglio, con la sentenza oggetto di commento afferma un principio di diritto, in consonanza con la funzione nomofilattica ad essa affidata, che “non vive di astrattismi, ma guarda necessariamente all’oggetto della lite, siccome volta a dare vita ad un principio di diritto legato all’orizzonte di attesa della fattispecie concreta” (Cass. 26811-2022; Cass., S.U., n. 12564/2018), in materia di responsabilità civile sanitaria ed efficacia extra-penale della sentenza di assoluzione “perché il fatto non sussiste” nel giudizio civile di danno.

La vicenda esaminata dalla Suprema Corte riguarda l’impugnazione effettuata da un’unità ospedaliera toscana nei confronti di una sentenza di riforma della Corte d’Appello di Firenze che aveva dichiarato la responsabilità civile dell’USL per il decesso di un paziente, ritenendo che si fosse verificato a causa della condotta colposa dei sanitari dell’Ospedale, condannandola al risarcimento dei danni in favore del coniuge del defunto. L’USL, in maniera tempestiva, aveva eccepito nella comparsa di costituzione di primo grado, ai sensi dell’art. 1306, c.c., il giudicato esterno formatosi in sede penale ove il coniuge del paziente deceduto era costituito parte civile. Quest’ultima pronuncia assolveva i medici dell’unità ospedaliera “perché il fatto non sussiste” ed era divenuta irrevocabile per assenza di impugnazione.

La Corte territoriale, nel riformare la sentenza di primo grado, aveva osservato che l’effetto preclusivo del giudicato penale si produce nel giudizio civile quando vi sia coincidenza soggettiva tra le parti del processo penale e quelle del processo civile di risarcimento, mentre sotto il profilo oggettivo vanno diversamente intesi in ambito civile gli elementi costitutivi dell’illecito, rappresentati dalla colpa e dal nesso causale, operando per quest’ultimo la regola del “più probabile che non” e aveva sostenuto che il Tribunale, nell’emettere il giudizio di primo grado, aveva fatto erronea applicazione dell’art. 652 c.p.p., potendo il coniuge del paziente defunto agire, in sede civile, nei confronti dell’USL poiché quest’ultima non era presente nel processo penale, e perché il Giudice civile può valutare diversamente il nesso di causalità tra azione e danno.

La premessa necessaria da cui partire per comprendere la vicenda giunta alla Corte di cassazione riguarda l’effetto che il giudicato penale ha in sede civile o amministrativa; l’art. 652, c.p.p. disciplina, in particolar modo, l’efficacia di giudicato della sentenza penale di assoluzione nel giudizio civile o amministrativo di danno, ove il danneggiato dal reato si sia costituito parte civile o sia stato posto in condizione di farlo e sempre che non abbia esercitato l’azione in sede civile a norma dell’articolo 75, comma 2, c.p.p.

Da tale articolo, che costituisce una deroga al principio di autonomia e separazione fra i giudizi, si può quindi ricavare che solo al danneggiato è rimessa la facoltà di scegliere se far valere in sede penale o in sede civile la propria pretesa al risarcimento del danno.

Nell’ipotesi in cui il danneggiato abbia proposto un’azione civile in sede penale, questo deve essere consapevole del carattere accessorio dell’azione e delle conseguenze derivanti dalla funzione e dalla struttura del processo penale (Corte cost., sentenze n. 12 del 2016, n. 176 del 2019 e n. 182 del 2021). Tra le conseguenze di questa scelta, che costituisce l’ipotesi oggetto di commento, c’è anche quella che deriva da una sentenza definitiva di assoluzione, pronunciata in seguito a dibattimento, che accerti l’insussistenza del fatto, nel giudizio in cui vi è stata la partecipazione del danneggiato come parte civile o nel quale questi sia stato messo in condizione di parteciparvi, che ha efficacia di giudicato nel giudizio civile o amministrativo per le restituzioni ed il risarcimento del danno (Cass., S.U., 26 gennaio 2011, n. 1768). L’accertamento del fatto, in tal caso, non può più essere messo in discussione in sede civile.

La Suprema Corte, riprendendo un orientamento costante sul punto, ha messo in chiaro quali sono le condizioni che devono necessariamente coesistere affinché una sentenza penale di assoluzione “perché il fatto non sussiste” possa spiegare effetto di giudicato nel procedimento civile di risarcimento del danno; è necessario, pertanto, che 1) la sentenza penale sia stata pronunciata in esito al dibattimento; 2) che il danneggiato sia costituito parte civile, ovvero sia stato messo in condizione di farlo; 3) che in sede civile la domanda di risarcimento del danno sia stata proposta dalla vittima nei confronti dell’imputato, ovvero di altro soggetto che abbia comunque partecipato al giudizio penale nella veste di responsabile civile, in altri termini, deve esserci coincidenza soggettiva tra le parti del processo penale e quelle del processo civile di risarcimento (tra le altre, Cass., 16 ottobre 1998, n. 10277; Cass., 27 agosto 2001, n. 11272; Cass., 19 maggio 2003, n. 7765; Cass., 20 gennaio 2005, n. 1218; Cas., 20 settembre 2006, n. 20325; Cass., 21 febbraio 2008, n. 4519; Cass., 21 aprile 2016, n. 8035; Cass., 12 marzo 2019, n. 4929).

L’aver invocato, nel giudizio di primo grado, ai sensi dell’art. 1306, co. 2, c.c., il giudicato favorevole di assoluzione formato nei confronti dei medici della struttura ospedaliera che esclude l’illecito colpevole, ha escluso anche la responsabilità civile della struttura sanitaria. La pronuncia del giudizio penale contro i sanitari inibisce al giudice civile di rimettere in discussione l’accertamento del “fatto” accertato in sede penale, che è divenuto accertamento ostativo all’accoglimento nel merito della domanda risarcitoria che si fondi sul medesimo fatto.

Nel caso oggetto di commento, l’azione di risarcimento proposta in sede civile dal coniuge non ha investito la posizione dei sanitari assolti in sede penale, ma è stata invece intentata, ai sensi dell’art. 1228, c.c., nei confronti dell’unità sanitaria presso la quale fu ricoverato il coniuge e presso la quale operavano i medici assolti. La Suprema Corte chiarisce anche tale punto parlando di rapporto obbligatorio solidale tra la struttura sanitaria e i medici in essa operanti: per quanto la responsabilità della struttura sanitaria è autonoma rispetto a quella del medico di cui esso è ausiliario, entrambi rispondono in via solidale nei confronti del danneggiato.

Ne consegue che l’assenza di coincidenza soggettiva tra le parti del giudizio penale e quelle del giudizio civile di danno non è sufficiente ad escludere l’efficacia extra penale del giudicato di assoluzione dei medici ausiliari della struttura sanitaria in favore di quest’ultima.

massima e commento di Giulia Morello

testo integrale

Cass sez III sentenza 26811-2022

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