Consiglio di Stato, Sezione Quarta, sentenza 24 febbraio 2017 n. 873

Nell’ipotesi delle cd. “zone bianche” rimaste prive di una destinazione urbanistica specifica, la necessità della preventiva approvazione dello strumento urbanistico attuativo discende dalla stessa natura di alcuni interventi edilizi che, proprio per effetto della complessità e della incidenza urbanistica degli edifici, necessitano intrinsecamente di quel raccordo con l’intera strumentazione urbanistica che può essere assicurato solo dalla pianificazione attuativa. piano urbanisticoE’ immune da vizi l’annullamento di un permesso di costruire per un intervento in zona bianca – non ancora avviato – di consistente ampiezza , fondato su una sopravvenuta deliberazione di indirizzo del consiglio comunale che, con riferimento specifico all’intervento in questione al fine di prevedere i confini e la portata della modifica da effettuare sul territorio comunale, aveva ribadito la necessità della previa approvazione del piano urbanistico attuativo ed aveva impegnato il Sindaco e la Giunta a porre in essere ogni iniziativa nei confronti degli Uffici comunali necessaria per la piena attuazione del principio.

massima redatta da Gloria Sdanganelli ©

testo integrale

Consiglio di Stato, Sezione Quarta, sentenza 24 febbraio 2017 n. 873. Presidente: Frattini; relatore: Taormina

FATTO

1. Con la sentenza in epigrafe impugnata n. 3832 del 25 luglio 2005 il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia – Sezione staccata di Lecce – ha respinto il ricorso, corredato da motivi aggiunti, proposto dalla parte odierna appellante Dott. Giuseppe Galati, in proprio e nella qualità di procuratore speciale della Sig.ra Maria Gloria Coppini, legale rappresentante della società CAR.MAR. s.r.l. volto ad ottenere l’annullamento del provvedimento del dirigente l’U.T.C. del Comune di Maglie 12.1.2004 prot. n. 666 avente ad oggetto: <<procedimento per l’annullamento del permesso di costruire n. 1/2003 del 4.7.2003 e per la redazione di piano esecutivo. Comunicazioni>> e di ogni atto presupposto, connesso o comunque collegato ed in particolare, della deliberazione C.C. di Maglie n. 74 dell’1.12.2003.

2. La originaria parte ricorrente aveva fatto presente che:

a) essa era proprietaria di un vasto compendio di aree site in prossimità dell’agglomerato industriale di Maglie/Melpignano, distinto in catasto al Fg. n. 5, p.lle 25-48-49- 52-53-75-82-91-126-236-408-423-425-129-99 e 92;

b) in data 4.7.2003, le era stato rilasciato il permesso di costruire n. 1/2003, relativo alla costruzione di un importante insediamento produttivo polivalente (turistico-ricettivo, ricreativo e sportivo);

c) con la nota 23.10.2003, prot. n. 25199 il dirigente l’U.T.C. del Comune di Maglie gli aveva comunicato l’avvio del procedimento per l’annullamento del permesso di costruire sopra citato e con successiva nota 12.1.2004 prot. n. 666 (impugnata con il ricorso introduttivo del giudizio), il dirigente l’U.T.C. del Comune di Maglie aveva rideterminato in 60 giorni il termine per la conclusione del procedimento di annullamento del permesso di costruire 4.7.2003 n. 1/2003;

d) con il provvedimento, 4.5.2004 n. 535, (impugnato con il ricorso per motivi aggiunti) il dirigente l’U.T.C. del Comune di Maglie aveva disposto l’annullamento del permesso di costruire suddetto.

2.1. Avvero tali atti aveva proposto articolate censure di violazione di legge ed eccesso di potere.

3. Il Comune di Maglie si era costituito chiedendo che il ricorso venisse respinto in quanto infondato.

4. Il T.a.r. con la sentenza impugnata ha:

a) dichiarato inammissibile l’impugnazione della nota 12.1.2004 prot. n. 666 del Dirigente l’U.T.C. del Comune di Maglie in quanto l’atto impugnato era sprovvisto di valenza provvedimentale;

b) respinto nel merito le censure proposte avverso il provvedimento 4.5.2004 n. 535 di annullamento del permesso di costruire.

4.1. Quanto a tale ultimo versante decisionale, in particolare, il T.a.r. ha dedotto che:

a) doveva condividersi la tesi affermatasi in giurisprudenza secondo cui nell’ipotesi di cd. “zone bianche” (zone prive di una destinazione urbanistica definita), la necessità della previa approvazione dello strumento urbanistico attuativo poteva discendere dalla stessa natura di alcuni interventi edilizi che, proprio per effetto della <<complessità e della incidenza urbanistica degli edifici>>, necessitavano intrinsecamente di quel raccordo con l’intera strumentazione urbanistica che può essere assicurato solo dalla pianificazione attuativa;

b) alla stregua di tale principio l’annullamento del permesso di costruire disposto dal dirigente l’U.T.C. del Comune di Maglie non era illegittimo, in quanto:

I) la decisione del Consiglio comunale di Maglie (delibera di C.C. 1.12.2003 n. 74) con riferimento specifico all’intervento in questione, aveva ribadito la necessità della previa approvazione del piano urbanistico attuativo ed aveva impegnato il Sindaco e la Giunta a porre in essere ogni iniziativa nei confronti degli Uffici comunali necessaria per la piena attuazione del principio;

II) contrariamente a quanto dedotto negli atti di impugnazione, la citata delibera del consiglio comunale di Maglie 1.12.2003 n. 74 non si limitava ad un generico richiamo dei principi fondamentali della materia, ma conteneva anche una specifica valutazione dell’intervento di trasformazione oggetto del permesso di costruire 4.7.2003 n. 1/2003 ed al notevole impatto urbanistico-edilizio dello stesso (individuato in <<6480 mc fuori terra su una superficie coperta di 746 mq con 55 posti letto>>), accompagnato dal (conseguenziale) rilievo della necessità dell’adozione dello strumento urbanistico attuativo;

III) l’atto di autoannullamento impugnato (provvedimento 4.5.2004 n. 535 del Dirigente l’U.T.C. del Comune di Maglie) era motivato, proprio attraverso il richiamo per relationem, alla citata delibera di C.C. 1.12.2003 n. 74 ma non costituiva un mero recepimento formale del deliberato del Consiglio comunale (mero recepimento che sarebbe stato illegittimo, non avendo il consiglio comunale dirette competenze gestionali), costituendo estrinsecazione dell’autonoma volontà del dirigente comunale di procedere all’autoannullamento del permesso di costruire già rilasciato, sia pure sulla base del richiamo per relationem delle considerazioni contenute nella delibera di Consiglio;

IV) non sussisteva neppure il contestato difetto di motivazione né la denunciata violazione della previsione dell’art. 10 lett. b) della l. 7.8.1990 n. 241, in quanto l’Amministrazione aveva vagliato le controdeduzioni presentate dalla parte interessata.

5. La originaria parte ricorrente rimasta soccombente ha impugnato la suindicata decisione, che ha criticato sotto numerosi angoli prospettici, chiedendone la riforma e riproponendo integralmente le censure disattese in primo grado.

6. In data 21.2.2007 l’appellata amministrazione comunale di Maglie si è costituita depositando atto di stile chiedendo la reiezione dell’appello perché infondato.

7. In data 15.1.2013 la parte appellante, ricevuto l’avviso di perenzione, ha depositato una dichiarazione attestante il proprio permanente interesse alla decisione del ricorso.

8. In data 17.12.2016 l’appellata amministrazione comunale di Maglie ha depositato una memoria chiedendo la reiezione dell’appello perché infondato.

9. In data 24.12.2016 la parte appellante ha depositato una memoria di replica ribadendo la fondatezza delle proprie censure ed in particolare di quelle incentrate sulla dequotazione delle garanzie partecipative.

8. Alla odierna pubblica udienza del 19 gennaio 2017 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. L’appello è infondato e va respinto.

2. E’ incontroverso che il progetto esecutivo dell’intervento successivamente assentito con il permesso di costruire n. 1/03 in data 4.7.2003 riguardava soltanto una parte delle aree di pertinenza dell’odierna parte appellante (solo la Zona “B” della Tav. 4 di progetto, limitatamente alla superficie effettivamente ”Zona bianca”, per circa 7879 mq), che tale progetto era frutto di una riduzione di quello originariamente presentato e che lo stesso si era conformato ad apposita indicazione contenuta a nota prot. n. 13376 resa in data 3.6.2003 dal dirigente dell’UTC di Maglie.

2.1. E del pari incontroversa è la circostanza che, successivamente al rilascio, l’Amministrazione si accorse che … “l’area oggetto di intervento è sottoposta a vincolo idrogeologico e ricadeva in area compresa in ambito sottoposto a tutela diretta dal PUTT (ambito C)”: tanto che con nota prot. n. 25199 in data 23.10.2003 il latore del titolo abilitativo era stato preavvisato dell’intrapresa di un procedimento volto all’annullamento ex officio del titolo formatosi e che lo stesso, per evitare tale conseguenza, in data 13.11.2003 aveva trasmesso copia degli elaborati di progetto al fine di acquisire il parere relativo al vincolo idrogeologico gravante sull’area d’intervento, e -sostiene- si apprestava a presentare rituale istanza per l’acquisizione dell’autorizzazione paesaggistica ex art. 5.01 NTA del PUTT/P regionale.

2.2. E’ quindi incontestabile che, almeno alla data del 13.11.2003, l’appellante si rendeva conto della circostanza che il titolo abilitativo era stato rilasciato per errore, della fondatezza dei rilievi successivamente mossi dal Comune, e che, in sostanza, sulla scorta di quel titolo non avrebbe potuto serenamente intraprendere l’intervento edificatorio.

2.3. Il contestato provvedimento di annullamento ex officio, invece:

a) si fonda (atto presupposto) su un atto sopravvenuto rispetto al rilascio del permesso di costruire e riposante nella deliberazione n. 7 4/03 del Consiglio Comunale di Maglie dell’1.12.03, con la quale si era affermata la necessità della previa approvazione del piano urbanistico attuativo in generale per gli interventi da eseguirsi sulle c.d. zone bianche, ed in particolare per quello dell’appellante;

b) interviene con la determinazione 4.5.2004 n. 535 resa dopo che l’odierno appellante aveva già proposto un ricorso al T.a.r. avverso il preavviso di avvio del procedimento di autotutela, per il caso che esso potesse essere interpretato come autoannullamento implicito.

3. Le doglianze articolate dall’appellante non sono persuasive in quanto:

a) (prima censura) la circostanza che la deliberazione n. 7 4/03 del Consiglio Comunale di Maglie dell’1.12.2003, con la quale si era affermata la necessità della previa approvazione del piano urbanistico attuativo in generale per gli interventi da eseguirsi sulle c.d. zone bianche, ed in particolare per quello dell’appellante, impegnasse Sindaco e Giunta ad adoperarsi in tal senso non implicava che il dirigente dell’Utc, in quanto latore delle prerogative urbanistiche, non potesse sentire quale doveroso quel richiamo;

a1) neppure milita per la illegittimità dell’atto dirigenziale impugnato la circostanza che la indicazione dei soggetti destinatari dell’ invito contenuto nella citata delibera fosse limitata al Sindaco ed alla Giunta comunale, e non contemplasse direttamente il dirigente dell’ Ufficio comunale: una volta che il massimo organo rappresentativo del comune di Maglie si era espresso in tal senso ben a ragione il dirigente comunale ha intrapreso le iniziative coerenti a tale deliberazione senza attendere che il Sindaco o la Giunta –formali destinatari della delibera predetta -lo sollecitassero ad intraprendere l’iniziativa revocatoria (non è trascurabile, in proposito, che la citata delibera consiliare faceva espresso riferimento proprio all’intervento edificatorio per cui è causa);

b) (seconda censura) va premesso che, come più volte ribadito dalla giurisprudenza, il dovere della Amministrazione di esaminare le memorie prodotte dall’interessato a seguito della comunicazione di avvio del procedimento o del preavviso di rigetto non comporta la confutazione analitica delle allegazioni presentate dall’interessato (cfr. C.d.S., Sez. VI., 3 luglio 2014, n. 3355), ” essendo sufficiente, ai fini della giustificazione del provvedimento adottato, la motivazione complessivamente e logicamente resa a sostegno dell’atto stesso” la doverosa valutazione degli apporti infraprocedimentali risente della natura degli stessi;

b1) ciò in quanto, l’onere valutativo è maggiormente penetrante con riferimento alla prospettazione da parte del privato di elementi fattuali, mentre è attenuato, se non quasi inesistente allorché le deduzioni del privato contengano valutazioni giuridiche, laddove è sufficiente che l’Amministrazione ribadisca il proprio intendimento, anche alla luce delle tesi prospettate dal privato;

b2) nel caso di specie, l’atto di autotutela si fondava sulla circostanza che l’intervento non aveva avuto ancora avvio, insisteva su una zona bianca, non era stato preceduto dal piano attuativo; e la precisa volontà dell’organo rappresentativo del Comune era invece quella di consentire interventi in tali aree soltanto se preceduti dalla previa predisposizione di un piano attuativo;

b3) la nota partecipativa in data 18.2.2004 non smentiva (né poteva smentire) tali presupposti fattuali, ma, come ribadito dalla parte appellante anche in seno all’odierno appello, si componeva:

di una parte giuridica, in cui si contestava la ricorrenza nella fattispecie dei presupposti di fatto e di diritto per un valido esercizio del potere di autotutela;

di una parte propositiva, in cui si rappresentava espressamente che ” … eventuali integrazioni infrastrutturali, ove ritenute necessarie, [avrebbero potuto] comunque essere … garantite mediante apposita convenzione edilizia, accessiva al titolo già rilasciato”;

b4) non v’era quindi alcun dovere dell’Amministrazione procedente di confutare in diritto le conclusioni dell’appellante, ma neppure di prendere in esame un generico impegno pro futuro a fronte di un titolo edilizio già rilasciato.

4. Venendo invece alla questione centrale e di merito della causa, ad avviso del Collegio parte appellante ha indirizzato le proprie doglianze su un argomento che, invece, non risulta dirimente.

In sostanza, l’appellante, attraverso la dimostrazione della erroneità del postulato che pretenderebbe sempre e comunque che nelle c.d. “zone bianche” la edificazione sia preceduta dal Piano attuativo, pretenderebbe far discendere la erroneità della delibera consiliare sottesa all’atto di autotutela e, a cascata, l’illegittimità di quest’ultimo.

4.1. Il Collegio non può seguire l’appellante su tale versante e ritiene al contrario che:

a) la questione dirimente che risulta necessario accertare è quella riposante nel seguente quesito: può – o meno -il massimo organo rappresentativo del Comune, nella propria lata discrezionalità, ritenere che nel proprio territorio (e anche – occorre ribadire -con specifico riferimento all’intervento in oggetto) nelle c.d. “zone bianche” la edificazione sia preceduta dal Piano attuativo?

b) e secondariamente: una simile previsione urta contro alcuna regola normativa o prescrizione regolamentare?

4.2. Ora, ritiene il Collegio che la risposta al primo quesito sia senz’altro positiva (la zona bianca, è tale in quanto è decaduto un piano attuativo, ed è ragionevole che l’Amministrazione preveda che, prima di costruire sull’area medesima, si determinino i confini e la portata della modifica da effettuare sul territorio comunale mediante un Piano attuativo) e che la risposta al secondo quesito sia certamente negativa, e che quindi rientri nella lata discrezionalità dell’amministrazione una simile previsione.

4.3. Muovendo da tale punto di partenza, si osserva che:

a) la circostanza che una simile previsione debba valere solo de futuro è certamente vera, e la irretroattività è la regola generale di ogni previsione urbanistica che imponga maggiori oneri in capo al privato, ma nel caso di specie la portata di tale doglianza decolora, nella incontestabile circostanza che:

I) al momento in cui venne adottato il contestato atto di autotutela era già in corso un pregresso procedimento di autotutela in quanto l’area oggetto di intervento era sottoposta a vincolo idrogeologico e ricadeva in area compresa in ambito sottoposto a tutela diretta dal PUTT(ambito C) e su ciò conveniva la stessa parte appellante, tanto che si era attivata per richiedere il nulla osta idrogeologico e si riproponeva di presentare rituale istanza per l’acquisizione dell’autorizzazione paesaggistica ex art. 5.01 NTA del PUTT/P regionale;

II) alla stregua di tale emergenza processuale, può affermarsi che era anche altamente incerta la futura eseguibilità dell’intervento (ove il nulla-osta e/o l’autorizzazione paesaggistica fosse stata negata, la iniziativa in autotutela oggi contestata sarebbe stata persino superflua);

III) nessuna opera era stata realizzata, tanto che la stessa parte appellante fa riferimento ad una “attività contrattuale” ma non edificatoria;

IV) non v’è stata quindi lesione della posizione del privato e dell’affidamento del medesimo e l’atto di autotutela è intervenuto su un intervento (almeno allo stato) irrealizzabile, per cui non può essere fondatamente invocato l’affidamento del privato e/o l’omesso bilanciamento delle esigenze dell’amministrazione con la posizione di quest’ultimo;

V) il progetto assentito, se non di dimensioni enormi, era comunque di consistente ampiezza e la delibera sottesa all’atto di autotutela e che ne costituisce la scaturigine causale ha proprio fatto riferimento al rilascio del citato permesso di costruire n. 1/2003 e al notevole impatto urbanistico-edilizio dello stesso (individuato in <<6480 mc fuori terra su una superficie coperta di 746 mq con 55 posti letto>>), accompagnato dal (conseguenziale) rilievo della necessità dell’adozione dello strumento urbanistico attuativo;

VI) appare incomprensibile al Collegio la insistita affermazione di parte appellante secondo cui le esigenze del comune avrebbero potuto essere soddisfatte successivamente, attraverso la stipula di una convenzione accessiva: posto che tale affermazione sembrerebbe postulare una qualche disponibilità dell’appellante in tal senso, a questo punto non si può fare a meno di rilevare che non si comprende la ragione per la quale parte appellante non abbia immediatamente intrapreso una iniziativa in tal senso predisponendo un piano finalizzato ad ottenere un successivo rilascio del permesso di costruire idoneo ad elidere in radice le (giuste) preoccupazioni del comune volte ad evitare un disordinato sviluppo del proprio territorio.

5. Conclusivamente, l’appello va respinto e la sentenza deve essere confermata.

5.1. Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, tra le tante, per le affermazioni più risalenti, Cassazione civile, sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260 e, per quelle più recenti, Cassazione civile, sez. V, 16 maggio 2012 n. 7663).

5.2. Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

6. Quanto alle spese processuali del grado, esse vanno liquidate secondo l’ordinario criterio della soccombenza; pertanto parte appellante va condannata a corrisponderle a parte appellata, nella misura complessiva che appare equo determinare in Euro cinquemila (€ 5000//00) oltre oneri accessori, se dovuti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna parte appellante al pagamento delle spese processuali del grado in favore dell’appellata amministrazione comunale di Maglie nella misura di Euro cinquemila (€ 5000//00) oltre oneri accessori, se dovuti

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 gennaio 2017 con l’intervento dei magistrati:

Filippo Patroni Griffi, Presidente

Fabio Taormina, Consigliere, Estensore

Oberdan Forlenza, Consigliere

Giuseppe Castiglia, Consigliere

Daniela Di Carlo, Consigliere

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