L’elemento caratterizzante l’istituto dell’Unione dei Comuni previsto dall’art.32 del T.u.e.l., che ne ha costituito anche nel tempo un fattore di criticità, si concretizza nella creazione di un Ente di secondo livello, distinto dai Comuni che la compongono, a finalità normalmente settoriale, dotato di propri organi e competenze esclusive, nell’ambito dell’oggetto della gestione condivisa. Per contro, l’accordo gestionale cui si addiviene con una mera convenzione (art.30, T.u.e.l.) – species del più ampio genus di accordi contemplati dall’art. 15 della l. n. 241 del 1990 – può risolversi in una delega, ma non spoglia mai il Comune che la conferisce della titolarità delle funzioni, delle risorse e del personale.
La previsione del difetto assoluto di attribuzione come causa di nullità dell’atto richiama in modo diretto il concetto di carenza di potere e il fatto che il legislatore, con l’art. 21-septies della l. n. 241 del 1990, non abbia utilizzato tale espressione conduce a ritenere che nel mai sopito dibattito al riguardo si sia voluto fare riferimento alla carenza di potere in astratto, e non in concreto. Va considerato nullo il provvedimento adottato da un’amministrazione totalmente priva del potere, di emanarlo, o perché esso appartiene ad un’amministrazione radicalmente diversa -si parla in questo caso di incompetenza assoluta – oppure perché si tratta di un potere precluso ad ogni amministrazione e riservato ad un altro potere dello Stato, giurisdizionale o legislativo (carenza di potere in astratto). La decisione unilaterale di estromettere uno dei Comuni che compongono un’Unione non è previsto dall’art. 32 del d.lgs. n. 267 del 2000, né trova – o potrebbe trovare – riscontro nelle previsioni statutarie dell’Unione che, semmai, possono disciplinare quale causa di cessazione dell’Ente la scadenza del termine di durata ovvero una deliberazione assunta a maggioranza qualificata da parte dei propri organi deliberanti. Il recesso del singolo partecipante, invece, può avvenire solo ad iniziativa dello stesso, ferma restando la (effettiva) presa d’atto da parte dell’Unione.
L’Unione, una volta nata su base volontaristica ovvero, a maggior ragione, coatta (nel momento in cui entreranno in vigore le relative previsioni legislative), a pena di nullità della decisione amministrativa adottata, non ha il potere di modificare unilateralmente la propria compagine associativa, quando ciò si ripercuota su scelte spettanti ai suoi singoli componenti, estromettendoli a prescindere dall’avvenuta espressione di volontà in tal senso da parte degli stessi, ovvero perfino contro la loro volontà.
massima di redazione
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Consiglio Stato sez.V sentenza 376-2024