
La clausola della lettera di invito in cui si impone ai concorrenti, a pena di esclusione, il rispetto dell’anonimato nella redazione del progetto tecnico è funzionale alla garanzia dell’effettiva imparzialità delle valutazione della commissione giudicatrice, e costituisce applicazione settoriale del più generale principio che vuole sottratto all’esame discrezionale, anche di natura tecnica, delle offerte ad ogni possibile interferenza connessa alla conoscenza dell’identità dei concorrenti da cui essi provengono. Mentre nel documento cartaceo l’anonimato è facilmente assicurato depurando lo scritto da ogni informazioni identificativa dell’autore [a) carta intestata; b) loghi; c) marchi; d) timbri – sigilli; d) sottoscrizioni e firme digitali e/o analogiche; f) nominativi], il documento informatico, infatti, conserva tracce (i c.d. metadati) delle operazioni svolte per arrivare alla versione finale e queste tracce possono, a volte con semplici attività, altre con più sofisticate operazioni, consentire di rintracciare l’autore del documento (o, meglio, del file). Rendere anonimo un documento digitale è operazione più complessa, che richiede maggiore diligenza e comunque, non assicura la certezza che non sia possibile recuperare le informazioni nascoste servendosi di personale dotato di specifiche competenze tecniche. L’equiparazione in unica formulazione di documenti cartacei e informatici induce a ritenere che la prescrizione della lettera di invito – per la quale i concorrenti erano tenuti all’eliminazione di ogni dato sui documenti in formato cartaceo o digitale – va intesa nel senso di richiedere loro la cancellazione di ogni informazione che consentisse di riconoscere l’autore alla sola lettura del documento.
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Consiglio Stato sez V sentenza 2924-2021