Consiglio di Stato, Sezione Quinta, sentenza 2 aprile 2020 n. 2213. Giustificativi nella verifica dell’anomalia, modifica dell’offerta, esclusione del concorrente.

Maurizio Carnevali San Giorgio

Sussiste una netta distinzione funzionale fra la verifica di anomalia – volta ad accertare la sostenibilità dell’offerta, e dunque la sua serietà – e la valutazione dell’offerta, nonché la (successiva) verifica dell’esatto adempimento da parte dell’affidatario, segmenti del rapporto fra l’impresa e l’amministrazione del tutto diversi fra loro e aventi ben distinte finalità. Allorché in sede di giustificativi emerga una variazione del contenuto dell’offerta formulata in sede di gara, ciò implica di per sé la necessaria esclusione del concorrente: in tal caso non ha infatti luogo una (inammissibile) rivalutazione dell’offerta, bensì la presa d’atto della difformità – rispetto a detta offerta – di quanto indicato dall’impresa attraverso i giustificativi finali. Sono questi ultimi a determinare dunque le variazioni e difformità censurate, e a rendere necessaria l’esclusione del concorrente, senza che sia perciò ravvisabile un qualche riesame dell’originaria offerta da parte della stazione appaltante. Sono inammissibili i nuovi documenti prodotti in appello in violazione del divieto di cui all’art. 104, comma 2, Cod. proc. amm., trattandosi di documenti preesistenti tendenti ad offrire dati e indicazioni diverse od aggiuntive rispetto a quelle fornite in sede di verifica d’anomalia, atteso che oggetto del presente giudizio è la legittimità dei provvedimenti adottati e delle valutazioni espresse dall’amministrazione nel contesto della suddetta procedura di verifica, sulla base dei giustificativi in tale frangente forniti dall’impresa. Rispetto a ciò non può rilevare la (diversa) documentazione volta a correggere indicazioni o sopperire a lacune rispetto a quanto prodotto dall’aggiudicataria con i detti giustificativi, atteso che da un lato le valutazioni dell’amministrazione sono sindacate dal giudice sulla base degli elementi di cui essa disponeva nella dimensione procedimentale nella quale l’azione amministrativa s’è svolta; dall’altro sarebbe altrimenti sempre consentito incidere ex post sul giudizio espresso dalla stazione appaltante, attraverso il deposito in giudizio di documenti ben diversi da quelli sottoposti all’amministrazione, così demandando di fatto (inammissibilmente) alla sede giudiziale una verifica di natura squisitamente amministrativa da compiersi nel procedimento amministrativo, in contraddittorio fra l’impresa concorrente e l’amministrazione appaltante.

massima di redazione

testo integrale

Consiglio Stato sez V sentenza 2213-2020

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