
La consultazione preliminare di mercato prevista dall’art. 66, comma 1, del codice dei contratti pubblici, è uno strumento per le stazioni appaltanti avviare un dialogo informale con gli operatori di settore al fine di acquisire le informazioni ritenute necessarie al successivo svolgimento di una procedura di gara. Senza assumere il carattere di una procedura di affidamento di un contratto pubblico, costituisce una fase di pre – gara capace di accertare l’eventuale infungibilità dei beni, prestazioni e servizi, ed assumere, su tale presupposto, scelte limitative del confronto concorrenziale. Siccome le informazioni acquisite attraverso le consultazioni preliminari di mercato confluiscono nei successivi atti procedurali delle amministrazioni (che dette consultazioni hanno avviato), chi intenda contestarne gli esiti è ad essi (agli atti delle procedure) che deve rivolgere le proprie contestazioni, ivi inverandosi la scelta dell’amministrazione potenzialmente lesiva della concorrenza. Ove all’esito della consultazione di mercato sia tratto convincimento del carattere infungibile del bene tale da giustificare l’affidamento per procedura negoziata senza bando, l’operatore economico che tale conclusione voglia contestare è tenuto ad impugnare l’atto di avvio della procedura, che è diretta conseguenza dell’esito della consultazione e, d’altra parte, costituisce il primo atto lesivo della sua situazione soggettiva poichè, in ragione della presunta natura infungibile del bene, gli preclude di concorrere all’affidamento del contratto. Se un’amministrazione si trova in una condizione di lock in – fenomeno distorsivo della concorrenza cioè di dipendenza da un singolo fornitore che non è possibile sciogliere se non sopportando costi ulteriori per transitare ad altro fornitore – il bene non è infungibile perché non vi sono altri operatori sul mercato in grado di fornire beni altrettanto idonei a soddisfare le sue esigenze, ma è infungibile perché tale appare all’amministrazione che avverte la gravità economica del cambio di operatore. Per l’amministrazione il fornitore si presenta pertanto come un monopolista naturale, pur non essendolo nei fatti, con le conseguenze inevitabili in punto di determinazione del prezzo di acquisto, oltre che di accesso alle innovazioni e gli avanzamenti tecnologici del prodotto che sia possibile reperire in libera concorrenza tra gli operatori. V’è necessità per l’amministrazione – non solo di evitare di cadere, ma anche – di uscire, con una procedura aperta, dalla condizione di lock in i cui costi da sostenere in prima battuta al cambio di operatore, saranno nel lungo periodo recuperati attraverso il risparmio di spesa che ne conseguirà e compensati dai vantaggi qualitativi acquisibili. E’ illegittima l’indizione di una procedura negoziata senza pubblicazione del bando ex art. 63, comma 2, lett. b) del codice dei contratti pubblici, quando il bene da acquistare non era infungibile per l’assenza di concorrenza dovuta a motivi tecnici, come richiesto dal legislatore, ma per la distorta visuale indotta nell’amministrazione dalla condizione in cui essa stessa si è posta, dal momento che la direttiva 2014/24/UE, considerando n. 50, l‘esclusività (ricorrente in caso di un solo operatore oggettivamente in grado di eseguire l’appalto) può anche trarre origine da altri motivi, ma solo situazioni di reale esclusività possono giustificare il ricorso alla procedura negoziata senza previa pubblicazione, se la situazione di esclusività non è stata creata dalla stessa amministrazione aggiudicatrice in vista della futura gara di appalto”.
massima di redazione©
testo integrale
Cons Stato Sez V sentenza 7239-2020