Consiglio di Stato, Sezione Sesta, sentenza 2 agosto 2016 n.3492. La Sopraintendenza non può estendere la propria competenza alle questioni urbanistiche ed edilizie.

Alla Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici  spetta la verifica di compatibilità dell’intervento sul piano paesaggistico, esulando dal suo ambito cognitorio profili afferenti la materia urbanistico-edilizia, di stretta competenza comunale, consistenti in valutazioni di tipo urbanistico edilizio, estranee al perimetro della propria competenza, riguardo alla consistenza dell’intervento, alla impossibilità di determinare le volumetrie e le superfici del manufatto preesistente e la conseguente necessità di escludere che l’intervento stesso possa realizzato a mezzo di semplice d.i.a.sopraintendenza Va ravvisata l’evidente inadeguatezza, sul piano motivazionale, della determinazione negativa assunta dalla Soprintendenza, fondata sul falso presupposto della necessità di mantenere lo status quo in base al regime edilizio attuale ed espressiva di una sostanziale dismissione del potere di gestione del vincolo paesaggistico.

testo integrale

Consiglio di Stato, Sezione Sesta, sentenza 2 agosto 2016 n.3492. Presidente: Barra Caracciolo; relatore: Castriota Scanderberg

FATTO e DIRITTO

Buonocore Pasquale impugna la sentenza 25 giugno 2009 n. 3316del Tribunale amministrativo regionale della Campania- sez. di Salerno che ha respinto il ricorso dallo stesso proposto avverso l’annullamento ministeriale della autorizzazione paesaggistica n. 19 del 2006 rilasciata in suo favore dal Comune di Ravello in relazione ad un intervento edilizio di recupero conservativo di un vecchio manufatto di circa 50 mq di superficie. L’appellante si duole della erroneità della impugnata sentenza di rigetto e ne chiede la riforma, con consequenziale accoglimento del ricorso di primo grado ed annullamento dell’atto in quella sede gravato.

Si è costituita in giudizio l’appellata amministrazione per resistere all’appello e chiederne la reiezione.

All’udienza pubblica del 14 luglio 2016 la causa è stata trattenuta per la sentenza.

2. L’appello è fondato e va accolto nei sensi di cui appresso.

3.- In considerazione della rilevata fondatezza nel merito dell’appello, si può prescindere dall’esaminare i motivi di appello che ripropongono censure afferenti vizi procedimentali già oggetto del ricorso di primo grado: il riferimento è, anzitutto, alla questione relativa alla pretesa tardività del provvedimento di annullamento dell’autorizzazione paesaggistica comunale, adottato dalla Soprintendenza di Salerno il 7 giugno 2007, ai sensi dell’art. 159 del d.lgs. n. 42 del 2004 ( secondo la disciplina transitoria prevista da tale disposizione normativa, applicabile ratione temporis alla fattispecie di causa). In secondo luogo, può ritenersi allo stesso modo assorbito nella presente decisione di accoglimento dell’appello e del ricorso di primo grado il motivo, qui riproposto, afferente la pretesa violazione dell’art. 7 della legge n. 241 del 1990.

4. Fondato si rivela il motivo di appello che ripropone il vizio di difetto di motivazione del provvedimento in primo grado avversato.

In tale provvedimento, in particolare, con il quale il Soprintendente per i beni architettonici e per il paesaggio, per il patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico di Salerno e Avellino ha annullato l’autorizzazione paesaggistica n. 19 del 5 aprile 2006 rilasciata all’odierno appellante dal responsabile dell’Ufficio tecnico del Comune di Ravello non si rinviene alcuna valida ragione che possa supportare il giudizio di incompatibilità dell’intervento edilizio con i valori paesaggistici compendiati nei luoghi, giudizio che risulta espresso con formule stereotipate e generiche prive di collegamento con il caso concreto.

Va premesso che con l’intervento di che trattasi l’odierno appellante si proponeva di realizzare il recupero ed il risanamento conservativo di un piccolo fabbricato urbano, in stato di abbandono e semidiruto, senza aumento di volume o superficie.

Orbene, nel citato provvedimento soprintendentizio l’autorità predetta si dilunga in inammissibili ( e peraltro non pertinenti) valutazioni di tipo urbanistico edilizio, estranee al perimetro della propria competenza, riguardo alla consistenza dell’intervento, alla impossibilità di determinare le volumetrie e le superfici del manufatto preesistente e la conseguente necessità di escludere che l’intervento stesso possa realizzato a mezzo di semplice d.i.a.. L’autorità preposta alla tutela del vincolo paesaggistico aggiunge che l’intervento si configura come nuova costruzione e che lo stesso potrà essere realizzato solo dopo l’adeguamento del piano regolatore generale al P.U.T., sempre che lo strumento urbanistico preveda tale opportunità e ne definisca i termini.

Il Collegio osserva che a ragione tali rilievi del Soprintendente, non condivisibilmente ritenuti congrui e pertinenti dal giudice di primo grado, siano stati sottoposti a censura da parte dell’odierno appellante.

In aggiunta al già rilevato profilo critico della competenza ( al Soprintendente spetta la verifica di compatibilità dell’intervento sul piano paesaggistico, esulando dal suo ambito cognitorio profili afferenti la materia urbanistico-edilizia, di stretta competenza comunale), vi è da osservare che non appare corretto qualificare l’intervento edificatorio di che trattasi alla stregua di una trasformazione urbanistico-edilizia del territorio rilevante in termini di nuova costruzione, trattandosi piuttosto ( è sufficiente analizzare il materiale fotografico in atti) del mero ripristino di un vecchio manufatto esistente.

Si tratta, pertanto, di un intervento di riqualificazione edilizia di un manufatto ( di non rilevanti dimensioni) esistente da molti anni ( seppur in parte diruto e abbandonato) che, se recuperato nel rispetto delle sue dimensioni, delle caratteristiche tipologiche e delle prescrizioni imposte dalla commissione edilizia comunale integrata ( cui rinvia l’autorizzazione paesaggistica rilasciata dal Comune di Ravello) può contribuire a migliorare il contesto ambientale nel quale il fabbricato è inserito ( se si tiene conto delle attuali condizioni di degrado e abbandono in cui versa l’immobile).

Sotto tale ultimo profilo, e cioè della compatibilità dell’intervento con il contesto paesaggistico-ambientale, nulla di rilevante si legge nel provvedimento adottato dalla Soprintendenza, al di là – si ripete – di apodittiche (e perciò immotivate) affermazioni circa l’alterazione dei tratti caratteristici della località protetta ed il pregiudizio per i valori paesaggistici tuttora esistenti.

A parer del Collegio, tali ultimi rilievi non integrano motivazione sufficiente del provvedimento di annullamento qui oggetto di esame, se si tien conto che quello presentato dall’odierno appellante è un progetto di ripristino e di restauro conservativo di un antico fabbricato (percepibile nei suoi tratti essenziali per la presenza dei muri perimetrali e delle pareti finestrate), la cui presupposta assentibilità edilizia è stata ragionevolmente ammessa dalla competente autorità comunale. Donde l’evidente inadeguatezza , sul piano motivazionale, della determinazione negativa assunta dalla Soprintendenza, fondata sul falso presupposto della necessità di mantenere lo status quoin base al regime edilizio attuale ed espressiva di una sostanziale dismissione del potere di gestione del vincolo paesaggistico ( quantomeno in senso dinamico-funzionale, in rapporto alla fattispecie concreta).

In definitiva, alla luce dei rilievi che precedono, l’appello va accolto e, in riforma della impugnata sentenza ed in accoglimento del ricorso di primo grado, va annullato il provvedimento della Soprintendenza in quella sede impugnato.

Ricorrono giusti motivi per far luogo alla compensazione tra le parti delle spese e degli onorari del doppio grado di giudizio

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sull’appello( RG n. 7578/2010), come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della impugnata sentenza, accoglie il ricorso di primo grado ed annulla l’atto in quella sede gravato.

Spese del doppio grado di giudizio compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 luglio 2016 con l’intervento dei magistrati:

Luciano Barra Caracciolo, Presidente

Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere, Estensore

Bernhard Lageder, Consigliere

Vincenzo Lopilato, Consigliere

Marco Buricelli, Consigliere

 

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