Consiglio di Stato, Sezione Sesta, sentenza 28 febbraio 2023 n. 2031. Antitrust, pratiche concordate, intese anticoncorrenziali, prova, idoneità lesiva, coefficiente di gravità, accordo illecito.

De Chirico

In tema di condotte sanzionate dall’Autorità Antitrust per violazione dell’art. 101 TFUE e dell’art. 2, l. 287/1990, sono vietate le intese, siano esse accordi e/o pratiche concordate, tra imprese che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare in maniera consistente il gioco della concorrenza all’interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante. Le intese si distinguono tra intese restrittive per oggetto, ovvero quelle che, tenuto conto del tenore delle disposizioni collusive, degli obiettivi perseguiti, del contesto economico e giuridico nel quale si inseriscono, hanno contenuto anticoncorrenziale; intese restrittive per effetto, la cui dannosità può essere apprezzata soltanto sul terreno delle ripercussioni negative registratesi sulla struttura del mercato. La differenza ontologica esistente tra accordi e pratiche concordate, ritenuta irrilevante in termini di violazione del precetto normativo, assume una sua rilevanza in termini probatori, dal momento che l’esistenza di un accordo presuppone una prova piena da parte dell’Autorità, mentre la presenza di una pratica concordata, che non necessariamente deve essere cristallizzata all’interno di un simulacro documentale, può essere comprovata anche tramite indizi, purché gli stessi siano gravi, precisi e concordanti. Mentre la dimostrazione dell’accordo ha per oggetto l’accertamento della stipulazione di un patto anticoncorrenziale tra le imprese, la presenza di una pratica concordata sarà valorizzata dall’individuazione di uno o più atti delle singole imprese, che dimostri una collaborazione tra le stesse lesiva del regime di concorrenza. In sede probatoria, distinti gli elementi esogeni (quali l’elevato numero di riunioni o contatti tra imprese concorrenti volti a coordinare le offerte) ed elementi endogeni, come ad esempio la stabilità delle quote di mercato, mentre l’accertamento dei primi fa ricadere sull’impresa l’onere di dimostrare l’irrilevanza degli stessi, l’utilizzo dei secondi fa ricadere sull’Autorità l’onere di dimostrare la rilevanza in termini di esistenza di una pratica concordata, che escluda la presenza di comportamenti paralleli delle imprese sia dovuta ad un comportamento razionale in riferimento alle caratteristiche intrinseche del mercato.

Ritenuta l’esistenza di una intesa anticoncorrenziale, l’idoneità lesiva deve essere considerata con riferimento al complesso delle condotte esecutive dell’accordo illecito, tenendo presente che l’intesa anticoncorrenziale integra, in sostanza, un illecito in concorso, ragione per cui ciascun operatore risponde anche del comportamento degli altri partecipanti.

Ai fini della determinazione del coefficiente di gravità previsto nelle Linee Guida dell’AGCM, risulta particolarmente deprecabile il fatto che una intesa anticoncorrenziale – relativa alla fornitura di un servizio “salva-vita”, di un servizio – cioè – che il Servizio Sanitario Regionale deve garantire ai pazienti interessati ad ogni costo e ad ogni prezzo, in relazione al quale gli operatori economici hanno pertanto un potere contrattuale particolarmente consistente, rispetto a quanto accade in altri settori – sia stata posta in essere in un settore rilevante per la tutela della salute dei cittadini, ed in cui le amministrazioni sono di fatto maggiormente esposte a manovre ritorsive.

massima di redazione

testo integrale

Cons Stato sez VI sentenza 2031-2023

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