Consiglio di Stato, Sezione Terza, sentenza 11 novembre 2021 n. 7539. Sanzioni dell’AGCM, pratiche commerciali scorrette nel settore dell’autonoleggio ai danni dei consumatori.

Stefano Novo

In tema di sanzioni adottate dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM ) per pratiche commerciali scorrette nel settore dell’autonoleggio, la diversità di struttura ed effetti tra il deposito cauzionale e il delayed charge (addebito all’utente di  tutti gli importi relativi a multe, parcheggi a pagamento, pedaggi), consiste nel fatto che solo il primo garantisce il blocco della somma in funzione di garanzia in caso di danno o furto, così come ben riconosce che il danno può essere in concreto più alto della cauzione e della franchigia. Se lo strumento assicurativo può essere funzionale alle esigenze del cliente di abbattere i rischi di esborsi monetari anche all’interno della franchigia, così come la vendita di prodotti assicurativi non sia necessariamente diretta, nel caso in esame, a compensare tariffe di noleggio non remunerative, il punto focale della scorrettezza della pratica commerciale risiede non nel meccanismo di garanzia in sé, che può risultare fisiologico e comunque ammissibile (ancorchè non sia prassi del mercato richiedere sia il deposito cauzionale che il delayed charge), né nella sua sproporzione oggettiva, o nella non utilità del prodotto assicurativo proposto, ma appunto nell’effetto leva utilizzato in modo aggressivo nei confronti del cliente. A tal fine è sufficiente che vi sia un meccanismo di garanzia che blocchi un importo economico rilevante per il cliente (ancorchè non palesemente sproporzionato), tale da poter essere utilizzato come strumento di pressione sulla decisione commerciale del consumatore, con un comportamento aggressivo. Il meccanismo di blocco della somma in garanzia, considerato l’importo del deposito e la sua incidenza sul plafond della carta di credito, unito al delayed charge – che consente il prelievo automatico – costituisce certamente un efficace mezzo di pressione, che non può essere utilizzato, nella prassi comportamentale, per incentivare le vendite dei prodotti assicurativi. La carenza di diligenza professionale si basa sull’inosservanza delle pratiche di mercato oneste alla luce delle aspettative legittime di un consumatore medio, da intendersi come un richiamo alla buona fede oggettiva, quale corretta regola di condotta, anche a prescindere dall’elemento soggettivo dello specifico intento di porre in essere una strategia aziendale.

massima di redazione

testo integrale

Consiglio Stato Sez III sentenza 7539-2021

This Post Has Been Viewed 200 Times