
Tra l’onere di allegazione della fattispecie di danno (art. 40 c.p.a. e 163 c.p.c) e l’onere della prova dai fatti allegati (2967 c.c.), il primo va assolto nella domanda introduttiva del giudizio, con un atto contenutisticamente completo e autosufficiente (che non può fare rinvio ad elementi deduttivi esterni) e che deve illustrare i fatti costitutivi essenziali e primari (ivi inclusi, tra questi, gli eventi pregiudizievoli conseguenti alla condotta lesiva), potendo al più tollerare successive precisazioni di rilievo meramente complementare; il secondo onere pertiene e si compie in relazione a fatti già compiutamente dedotti e può svolgersi, attingendo all’ampio corredo dei mezzi istruttori consentiti in giudizio, nei termini di trattazione fissati dall’art. 73 c.p.a.
L’omessa allegazione dell’evento dannoso – o comunque la sua allegazione generica, inferiore ad uno standard minimo di individuazione sufficientemente circostanziata dei fatti storici essenziali – viola il diritto di difesa della parte evocata in giudizio perché le impedisce di esaminare e valutare la stessa dinamica causale che, nelle intenzioni (inespresse della controparte) dovrebbe collegare la condotta asseritamente lesiva alle conseguenze pregiudizievoli che della stessa si assumono costituire il riflesso immediato e diretto ai sensi dell’art. 1223 c.c. In tal senso, una prospettazione affetta dalle segnalate lacune deduttive – causa di nullità del ricorso introduttivo ex art. 40, C.P.A. – finisce per disattendere lo stesso onere di adeguata rappresentazione della fattispecie aquiliana nella sua compiuta e complessiva morfologia, essendo questa di natura dinamica poiché impostata su una relazione di causa – effetto nella quale devono esser chiaramente enunciate tanto le condizioni causali quanto le loro proiezioni effettuali, secondo un criterio fattuale, logico e storico intellegibile e criticamente verificabile.
massima di redazione
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Consiglio Stato sez III sentenza 4339-2025