Consiglio di Stato, sezione VI, sentenza 26 agosto 2016, n. 3704. Il mancato scorrimento della graduatoria è illegittimo se l’ente ha effettuato nomine per lo stesso ruolo a tempo determinato e senza selezione.

La vacanza di posti nella qualifica dirigenziale assegnati con nomine a tempo determinato in assenza di qualsiasi procedura concorsuale o comunque selettiva, evidenzia la necessità della P.A. di avvalersi di personale qualificato in una situazione di vacanza di posti in organico.scorrimento graduatoria In tal caso, il mancato scorrimento della graduatoria utile per la copertura di quei posti agli idonei concreta una violazione di regole d’imparzialità, correttezza e buona amministrazione che avrebbe dovuto indurre l’Autorità amministrativa, anzichè denegare lo scorrimento invocato, a invitare l’aspirante idoneo a prendere servizio quale dirigente.

massima di Gloria Sdanganelli ©

testo integrale

Consiglio di Stato, sezione VI, sentenza 26 agosto 2016, n. 3704. Presidente: De Francisco; relatore: Buricelli

FATTO e DIRITTO

1.Dagli atti risulta che il ricorrente e odierno appellante, arch. Armando Bueno Pernica, partecipò al concorso, indetto nel 1997 dal Ministero dei lavori pubblici, per il conferimento di 20 posti di dirigente nel ruolo tecnico del Servizio ispettivo dell’AVLP, collocandosi al venticinquesimo posto della graduatoria, approvata con d. m. n. 1069 del 1999.

Alcuni dei posti messi a concorso restarono scoperti poiché taluni vincitori non assunsero servizio e un altro vincitore si dimise; pertanto, gli idonei utilmente collocati nella graduatoria, tra i quali l’appellante odierno, domandarono all’amministrazione di procedere allo scorrimento della graduatoria.

L’AVLP invitò i 20 vincitori a presentarsi il 1°.12.1999 per la stipulazione del contratto di lavoro.

Risulta inoltre che quattro dei vincitori non stipularono il contratto medesimo (cfr. nota AVLP prot. n. 3120 del 7.3.2000).

L’arch. Bueno Pernica richiese tempestivamente all’Autorità lo scorrimento della graduatoria degli idonei e, conseguentemente, di essere assunto.

Ricevuta risposta negativa dall’Autorità, la quale ritenne di non avvalersi della possibilità di procedere allo scorrimento ai sensi dell’art. 8, ultimo comma, del t. u. n. 3 del 1957, norma che attribuisce alla p. a. una mera “facoltà” di procedere alla nomina degli idonei in una graduatoria concorsuale in caso di rinuncia, decadenza o dimissioni dei vincitori, il ricorrente e appellante odierno impugnò avanti al Tar del Lazio la determinazione dell’Autorità “di non procedere allo slittamento della graduatoria degli idonei del concorso”, deducendone l’illegittimità e chiedendo l’accertamento del diritto allo scorrimento e all’immissione nell’organico del Servizio ispettivo dell’AVLP.

Il Tar Lazio, con la sentenza n. 17 del 2001, accolse “per quanto di ragione” il ricorso e annullò, per l’effetto, il provvedimento impugnato, rilevando in via preliminare che il concorso era stato indetto ai sensi dell’art. 13, comma 6, del d. l. n. 67 del 1997, convertito con modificazioni nella l. n. 135 del 1997 (art. 13 comma 6: “al fine di assicurare l’immediata operatività del servizio tecnico di cui all’art. 5, comma 3, della legge 11 febbraio 1994, n. 109 e successive modificazioni, anche allo scopo di provvedere alla pronta ricognizione delle opere per le quali sussistano cause ostative alla regolare esecuzione, il Ministro dei lavori pubblici provvede, in deroga all’art. 1, comma 45, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 e successive modificazioni” – sul divieto di assunzioni di personale nelle P. A. – “alla copertura, mediante concorso per esami, di venticinque posti con qualifica di dirigente, di cui cinque amministrativi e venti tecnici, a valere sulle unità di cui all’art. 5, comma 3, della legge 11 febbraio 1994, n. 109” (vale a dire sul Servizio di ispettorato tecnico presso il Ministero dei lavori pubblici); e che nelle more dello svolgimento del concorso era sopravvenuta la l. n. 415 del 1998 la quale, con l’art. 9, comma 10, nel modificare l’art. 4, comma 10, della l. n. 109 del 1994, istitutivo dell’AVLP, aveva posto il Servizio ispettivo alle dipendenze dell’Autorità medesima e, nel contempo, con l’art. 9, comma 17, nel sostituire il comma 5 bis dell’art. 5 della citata l. n. 109 del 1994, aveva disposto che in sede di prima applicazione si provvedesse alla “copertura” dei posti in organico del Servizio ispettivo “in via prioritaria” mediante il personale assunto in esito ai concorsi per esami di cui al menzionato art. 13, comma 6, e solo in subordine mediante personale assunto nell’ambito del sistema di programmazione triennale previsto dall’art. 29 della l. n. 449 del 1997.

Nel merito, precisata preliminarmente l’inesistenza in capo al ricorrente di un diritto soggettivo perfetto all’assunzione (v. p. 3. sent.), il Tar osservò come non sussistesse la pretesa facoltà dell’Autorità di utilizzare, o meno, la graduatoria concorsuale per l’assunzione di idonei in sostituzione di vincitori decaduti, dimessisi o rinunciatari; come il citato art. 13, comma 6, in base al quale il concorso era stato indetto, imponesse la copertura dei venti e cinque posti di dirigente tecnico e amministrativo presso il Servizio ispettivo, e come la necessità della copertura dei posti stessi mediante il personale assunto in esito ai concorsi medesimi fosse stata poi ribadita dal sopravvenuto art. 9, comma 17, della l. n. 415 del 1998, disposizioni aventi entrambe carattere derogatorio e speciale, a fronte delle quali cessa di essere applicabile ogni norma di carattere generale quale è l’art. 8, ultimo comma, del t. u. n. 3 del 1957, sicché i posti in questione “debbono, non già possono”, essere coperti col personale tratto dalle graduatorie dei due concorsi, dovendosi escludere qualsiasi discrezionalità dell’Autorità circa lo scorrimento, o meno, avuto riguardo sia al tenore letterale e sia alla “ratio” delle norme su citate, che è chiaramente quella di dotare in via immediata il Servizio ispettivo di personale dirigenziale debitamente selezionato attraverso i concorsi in argomento, e perciò da presumersi munito delle professionalità, competenze ed esperienze occorrenti per espletare le delicate attività demandate al Servizio stesso.

L’Autorità propose appello contro la sentenza con istanza di sospensiva.

Con ordinanza n. 3557 del 26.6.2001 questo Consiglio di Stato respinse la domanda di sospensione dell’esecutività della sentenza e, con sentenza n. 2895 del 2007 della IV Sezione l’appello venne rigettato nel merito, con conferma della decisione di primo grado.

In particolare fu ribadito che “non sussiste la pretesa “facoltà” di utilizzare o meno la graduatoria concorsuale per l’assunzione di idonei in sostituzione di vincitori decaduti, dimessisi o rinunciatari. L’art. 13 del D.L. n. 67 del 1997, … sulla scorta del quale è stato testualmente bandito il concorso a cui ha partecipato l’appellato, impone infatti la “copertura” dei venti e cinque posti di dirigente tecnico ed amministrativo del Servizio ispettivo mediante i previsti concorsi per esami.

La necessità della “copertura” degli stessi posti “in via prioritaria” mediante il personale assunto in esito a detti concorsi è poi ribadita dal sopravvenuto art. 9, co. 17, della legge n. 415 del 1998.

Il disposto dell’art. 8 DPR 10 gennaio 1957 n. 3, che attribuisce alla p.a. una mera “facoltà” di procedere alla nomina degli idonei in una graduatoria concorsuale in caso di rinuncia, decadenza, dimissioni dei vincitori, subisce una deroga ad opera dell’art. 13 comma 6 d.l. 25 marzo 1997, n. 67 e dell’art. 9 comma 17 L. 18 novembre 1998, n. 415, che fissano un “obbligo” e non già una “facoltà” per l’amministrazione di utilizzare lo scorrimento delle graduatorie per la copertura dei posti scoperti.

Ne consegue che i posti in questione debbono, non già possono, essere “coperti” col personale tratto dalle graduatorie dei due concorsi, ovviamente nei limiti della validità delle medesime.

Solo in prosieguo, o in caso di esaurimento delle stesse, la legge consente altre forme di reclutamento”.

Nel frattempo, a seguito della pronuncia cautelare di questo giudice d’appello e nelle more della decisione nel merito, l’Amministrazione aveva proceduto allo scorrimento della graduatoria e, con nota in data 20.7.2001, aveva invitato l’arch. Bueno Pernica a prendere servizio il 1°.8.2001.

Tuttavia, la sottoscrizione del contratto di funzioni dirigenziali venne rinviata ad altra data, “per intervenute richieste di altri idonei” (v. telegramma AVLP 26.7.2001, in atti) e il ricorrente assunse quindi servizio con decorrenza economica e giuridica dal 15.11.2001.

Nel 2009 l’arch. Bueno Pernica ha proposto ricorso dinanzi al Tribunale ordinario di Roma –Sezione Lavoro, per vedere tutelato il suo diritto al risarcimento del danno e, a seguito della declinatoria di giurisdizione da parte del giudice ordinario, con sentenza n. 4350 del 2010, nel 2010 il Bueno Pernica ha domandato al Tar Lazio la retrodatazione dell’inquadramento come dirigente del Servizio ispettivo dal 1°.12.1999, data dell’assunzione degli altri vincitori, e la condanna dell’Autorità a versargli, a titolo di risarcimento del danno, le differenze retributive corrispondenti al ritardo di 24 mesi nell’assunzione quale dirigente, periodo durante il quale il ricorrente ha percepito una retribuzione inferiore a quella dirigenziale, oltre al risarcimento del danno esistenziale e alla vita di relazione e al danno connesso alla mancata assunzione nell’incarico di Direttore generale di ASL del Lazio nel periodo 2000-2007, per una richiesta complessiva di condanna dell’Autorità (nel frattempo divenuta Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici di Lavori, Servizi e Forniture –AVCP) a versargli circa 661.000 euro.

2.Con la sentenza n. 5803 del 2012 il Tar del Lazio ha respinto il ricorso rilevando in particolare che:

– il Bueno Pernica, quale idoneo non vincitore del concorso, non ha una posizione analoga a quella dei vincitori assunti dal 1°.12.1999 e pertanto non ha alcun diritto alla ricostruzione della carriera mediante la retrodatazione dell’inquadramento nella qualifica dirigenziale alla data suddetta; la posizione di venticinquesimo in graduatoria ha assunto una consistenza tale da legittimare il ricorrente a proporre ricorso solo al momento della quinta rinuncia: ma dalla nota dell’Autorità in data 7.3.2001 risulta che i vincitori che non avevano stipulato il contratto di lavoro quale dirigente del ruolo tecnico erano quattro, e dagli atti si ricava che solo nel mese di maggio del 2001 risultano sei vacanze di posti;

– né dalla sentenza del Tar del 2001, né da quella del Consiglio di Stato del 2007, che fanno riferimento al solo scorrimento della graduatoria, deriva alcun “effetto ripristinatorio rispetto alla data di assunzione in servizio né tanto meno rispetto alla equiparazione alla data di assunzione in servizio dei vincitori”. Peraltro, per giurisprudenza costante, quando la nomina degli idonei non avviene con il medesimo atto di nomina dei vincitori, ma con un atto successivo, la decorrenza della nomina non può che essere attuale, senza alcun effetto retroattivo;

– anche nei casi di deroga al principio della mera facoltà dello scorrimento della graduatoria di cui all’art. 8 del t. u. n. 3 del 1957, circostanze sopravvenute al concorso e ragioni organizzative giustificano la decisione dell’Amministrazione di differire di qualche mese l’assunzione degli idonei “tutti insieme”, mediante un inserimento unico dei nuovi assunti negli uffici;

– sono conseguentemente infondate tutte le domande, anche risarcitorie, proposte in relazione alla mancata nomina del ricorrente con riferimento alla data dell’assunzione dei vincitori del concorso poiché non vi è la prova in atti di quando l’AVLP avrebbe dovuto assumere il Bueno Pernica, e comunque il momento dell’assunzione non può essere collocato più di sei mesi prima rispetto alla data dell’assunzione effettiva (novembre del 2001), assunzione effettiva che è anche slittata di tre mesi e mezzo per la richiesta di alcuni idonei;

– né sussistono nella fattispecie tutti gli elementi richiesti dall’articolo 2043 cod. civ. per poter accogliere la domanda di risarcimento del danno. In particolare, in sentenza si afferma che non sussiste l’elemento psicologico della colpa della P. A. in quanto, premesso che l’annullamento giurisdizionale dell’atto lesivo non basta di per sé per fondare una domanda risarcitoria, dovendosi indagare anche sull’elemento soggettivo nella condotta dell’Amministrazione, nella specie non è ravvisabile una colpa dell’Autorità. Infatti, nel caso in esame il diniego dello scorrimento della graduatoria si basava sull’interpretazione dei principi generali in materia di pubblico impiego, alla luce del disposto di cui all’art. 8, ultimo comma, del t. u. n. 3 del 1957, e sulla costante interpretazione giurisprudenziale per la quale la nomina degli idonei nei posti vacanti è una facoltà, e non un obbligo.

La colpa dell’Autorità – soggiunge il Tar – deve ritenersi esclusa alla luce dell’errore scusabile riconoscibile in capo all’AVLP con riguardo all’interpretazione di norme come l’art. 13, comma 6, del d. l. n. 67 del 1997, il quale non prevede in modo esplicito l’obbligo di scorrimento della graduatoria.

La colpa dell’AVLP va altresì esclusa tenuto conto del comportamento successivo dell’Amministrazione, che ha proceduto allo scorrimento della graduatoria in pendenza del giudizio di appello e in modo sollecito avendo invitato il ricorrente, con nota del 20.7.2001, a prendere servizio a decorrere dal 1°.8.2001.

Né può considerarsi in colpa l’Amministrazione per avere differito di qualche mese l’assunzione tenuto conto dell’istanza di slittamento dell’assunzione stessa avanzata da altri idonei interessati.

Infine, è infondata e va respinta, per mancanza di prova, la domanda di risarcimento del danno per “mobbing”, atteso che le vicende indicate dal ricorrente appaiono riflettere dinamiche lavorative ordinarie e sembrano correlarsi a problematiche organizzative dell’Autorità, anche in considerazione della istituzione della stessa in tempi recenti.

La domanda è comunque infondata pur se qualificata come istanza risarcitoria per violazione degli obblighi di sicurezza dei lavoratori poiché non è stata fornita prova della violazione di obblighi specifici, non potendosi ricondurre a una tale violazione il riferimento a una generica carenza di strutture e di risorse di personale dell’Autorità, non sufficiente di per sé a integrare la violazione sanzionata.

3.L’arch. Bueno Pernica ha interposto appello avverso la sentenza chiedendone la riforma per diversi motivi, con il conseguente accoglimento delle domande di accertamento e di condanna formulate in primo grado.

In particolare, sub 1) l’appellante, nel dedurre travisamento dei fatti e omessa valutazione di elementi decisivi, ha rilevato che la sentenza di primo grado avrebbe errato nel ritenere che l’AVLP abbia attuato lo scorrimento della graduatoria e assunto l’appellante come dirigente in seguito all’ordinanza cautelare di rigetto del Consiglio di Stato del 26.6.2001, posto che in realtà l’AVLP ha solo disposto la chiamata in servizio del ricorrente salvo poi differirla nel tempo e riproporla, con decorrenza dal 15.11.2001, solamente dopo che l’arch. Bueno Pernica aveva presentato ricorso per l’esecuzione interinale della sentenza del Tar del 2001 e in quanto “costretta” dall’avvenuta proposizione del ricorso in questione; la vacanza dei posti risulta sussistere sin dal gennaio del 2000; in ogni caso, detta vacanza è da ritenersi riferibile al gennaio del 2001, e va agganciata alla data della pubblicazione della sentenza del Tar Lazio n. 17 del 2001, posto che la decisione di accoglimento suddetta, con la quale è stata “ordinata l’assunzione del ricorrente”, non poteva secondo logica precedere la disponibilità dei posti da occupare; dalle sentenze del Tar del 2001 e di questo Consiglio di Stato, del 2007, emerge una situazione del tutto peculiare di “scorrimento obbligatorio e immediato della graduatoria”, e ciò sull’assunto dell’esigenza di assicurare “l’immediata operatività” del Servizio di ispettorato tecnico ex art. 13, comma 6, del citato d. l. n. 67 del 1997; la retrodatazione della nomina con riferimento al momento della proposizione del ricorso (marzo 2000) è dovuta; la sentenza appellata non ha accennato minimamente al fatto, decisivo, dell’avvenuta stipula, da parte dell’AVLP, nello stesso periodo in cui veniva rifiutato al ricorrente lo scorrimento della graduatoria degli idonei, di contratti di prestazione d’opera a livello dirigenziale con soggetti estranei alla procedura concorsuale, e a copertura dei cinque posti vacanti: anziché effettuare assunzioni “ad personam”, in violazione di criteri di buon andamento e di buona organizzazione e anteponendo interessi personali o di gruppo a interessi collettivi, l’Autorità avrebbe dovuto scorrere la graduatoria.

Sub 2) l’appellante ha censurato la sentenza di primo grado nella parte in cui la colpa dell’amministrazione è esclusa in presenza di un errore scusabile determinato dall’oscurità interpretativa della normativa da applicare. Nell’appello si sostiene che, diversamente da quanto si è ritenuto in sentenza, l’art. 13, comma 6, del d. l. n. 67 del 1997 è di agevole e univoca interpretazione ed applicazione, nel senso della copertura obbligatoria dei posti messi a concorso allo scopo di assicurare l’operatività immediata dal servizio, con conseguente colpa dell’Amministrazione, rilevabile nella inosservanza di una disposizione di legge chiara e precisa, considerando anche che l’Autorità, mentre rifiutava lo scorrimento della graduatoria, aveva effettuato in maniera discrezionale plurime assunzioni di soggetti estranei al concorso, in alternativa agli idonei, il che conferma la violazione di regole d’imparzialità, correttezza e buona amministrazione; l’errore scusabile non risulta provato.

Sub 3), nel dedurre “errata valutazione dei fatti giustificativi a richiesta di risarcimento” l’appellante insiste nel rilevare che l’assunzione disposta con la sentenza doveva avere decorrenza dai primi mesi del 2000. Da ciò discende il diritto del Bueno Pernica di percepire la differenza di trattamento economico fino al novembre del 2001. I danni lamentati si fondano sulle sentenze di Tar e Consiglio di Stato in quanto la lesione del diritto è da ritenersi correlata ad atti amministrativi accertati come illegittimi e tutti gli effetti diretti e indiretti di detti atti integrano un’attività illecita e vanno risarciti. Si rientra nell’ipotesi del diritto al risarcimento del danno da tardiva assunzione. Anche il mobbing sussiste; e anche su questo punto la sentenza va contestata.

L’Autorità ha svolto una difesa di mera forma.

All’udienza pubblica del 9 giugno 2016 il difensore dell’appellante ha eccepito il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo nella controversia, da considerarsi devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario in funzione di giudice del lavoro, dopo di che il ricorso è stato trattenuto in decisione.

4.1. In via preliminare il Collegio ritiene che la soppressione dell’AVCP e il contestuale trasferimento dei compiti e delle funzioni dall’Autorità all’ANAC non possano costituire di per sé evento interruttivo del processo ai sensi e per gli effetti del combinato disposto di cui agli articoli 79 Cod. proc. amm. e 299 e seguenti Cod. proc. civ., e ciò perché in situazioni come quella in esame viene in rilievo, come ha affermato la Sezione con la qui condivisa ordinanza collegiale n. 4630 del 2014, “non una successione a titolo universale nel senso proprio del termine, ma una “successione nel munus”: fenomeno di natura pubblicistica, che si concretizza nel passaggio di attribuzioni fra amministrazioni pubbliche, con trasferimento della titolarità sia delle strutture burocratiche sia dei rapporti amministrativi pendenti ma senza una vera soluzione di continuità; “successione nel munus” contraddistinta anzi da una stretta linea di continuità tra l’ente che si estingue e l’ente che subentra senza, quindi, la maturazione dei presupposti per aversi evento interruttivo secondo i “requisiti” delineati dalla giurisprudenza…Di tale medesima natura deve ritenersi il trasferimento di funzioni e di compiti dall’AVCP all’ANAC stabilito dal citato art. 19, comma 2, con conseguente inapplicabilità dell’art. 79 Cod. proc. amm. sull’interruzione del processo…” .

4.2. Sempre preliminarmente, in relazione all’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo sollevata dall’appellante all’udienza del 9.6.2016, il Collegio, in disparte la configurabilità di un abuso del diritto nella condotta dell’appellante, ricorrente di primo grado, il quale sollevi dinanzi al Consiglio di Stato la c. d. “autoeccezione” di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo dopo avere instaurato il giudizio di primo grado proprio davanti al giudice amministrativo (cfr. Cons. Stato, sez. V, n. 1605 del 2015, n. 2111 del 2013, n. 656 del 2012 e n. 1537 del 2011); il Collegio, si diceva, osserva che sulla questione di giurisdizione si é formato il giudicato interno implicito, sicché la giurisdizione del giudice amministrativo, in questo grado di giudizio, non può più essere messa in discussione, non avendo l’Autorità proposto appello in via incidentale sul punto (e, in ogni caso, in disparte quanto rilevato sopra, non avendo il ricorrente e appellante odierno formulato un motivo di appello specifico al riguardo).

Rammentato che, in base a quanto dispone l’art. 9 Cod. proc. amm. , “nei giudizi di impugnazione (il difetto di giurisdizione) è rilevato se dedotto con specifico motivo avverso il capo della pronuncia impugnata che, in modo implicito o esplicito, ha statuito sulla giurisdizione”, le osservazioni svolte dall’appellante, al di fuori dell’atto di appello, sulla devoluzione della causa al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, non possono sfuggire a una declaratoria di inammissibilità posto che, come si è anticipato sopra, la carenza di giurisdizione doveva essere fatta valere, in appello, o con una apposita impugnazione in via incidentale dell’Amministrazione ai sensi dell’art. 96 del cod. proc. amm. , oppure con uno specifico motivo di appello, non bastando, a questo fine, semplici deduzioni “incorporate” nella istanza di prelievo e ribadite oralmente all’udienza pubblica di discussione del gravame nel merito. La mancata contestazione, in modo rituale, della giurisdizione amministrativa, rende ormai incontestata la statuizione di primo grado, implicita e interna, sulla giurisdizione amministrativa, ai sensi e per gli effetti di cui al citato art. 9 del cod. proc. amm. . Ciò comporta che il relativo capo di sentenza deve considerarsi passato in giudicato, restando precluso qualsiasi vaglio della questione.

4.3.Nel merito, il ricorso è fondato in parte, per le ragioni ed entro i limiti che si esporranno in appresso.

4.3.1. Quanto al primo motivo di appello, il quale assume rilievo cruciale ai fini di causa, va rilevato in primo luogo che la sentenza del Tar Lazio n. 17/2001 e la decisione di conferma di questo Consiglio di Stato n. 2895/2007, sintetizzate sopra al p. 1. , hanno interpretato i citati articoli 13, comma 6, del d. l. n. 67 del 1997, e 9, comma 17, della l. n. 415 del 1998, nel senso dell’esistenza, in capo all’Autorità, di un vero e proprio obbligo, e non già di una mera facoltà, di coprire i posti dirigenziali vacanti con gli idonei e sulla base dello scorrimento delle graduatorie valide dei concorsi effettuati.

Tuttavia, le sentenze in argomento nulla hanno precisato in ordine al momento dello scorrimento e della sottoscrizione del contratto di funzioni dirigenziali con gli idonei.

Il vincolo derivante dal giudicato è dunque da ritenersi circoscritto all’obbligo dell’Autorità di disporre lo scorrimento.

Lo scorrimento è obbligatorio nell’ ”an” ma è discrezionale nel “quando”, ferma l’osservanza del termine biennale di validità delle graduatorie dei concorsi espletati.

Le pronunce del 2001 e del 2007 hanno sancito l’obbligo di utilizzare le graduatorie formate in esito al concorso indetto ai sensi dell’art. 13 del d. l. n. 67/1997 al fine della copertura dei posti messi a concorso, in deroga al principio generale dello scorrimento facoltativo delle graduatorie di cui al t. u. n. 3/1957.

Le decisioni sopra richiamate hanno così fissato le modalità del reclutamento che l’Amministrazione è tenuta a seguire senza, tuttavia, fornire indicazioni particolari circa i tempi dello scorrimento.

L’effetto conformativo del giudicato comporta che per la copertura dei posti rimasti vacanti per rinuncia, decadenza o dimissioni dei vincitori l’Amministrazione ha l’obbligo di procedere allo scorrimento della graduatoria formata in esito al concorso e alla conseguente chiamata in servizio degli idonei utilmente collocati. In particolare, “ne consegue che i posti in questione debbono, non già possono, essere “coperti” col personale tratto dalle graduatorie dei due concorsi, ovviamente nei limiti della validità delle medesime. Solo in prosieguo, o in caso di esaurimento delle stesse, la legge consente altre forme di reclutamento”.

Appare evidente che il giudicato ha comportato per l’Autorità il vincolo dello scorrimento della graduatoria come modalità di reclutamento, ma non ha altresì imposto un vincolo temporale per l’esercizio della relativa attività, tant’è che viene fatto riferimento ai limiti di validità della graduatoria.

Perdono forza, perciò – esclusa, come rilevato nella parte in fatto, al p. 1. , in base agli atti, l’esistenza di posti vacanti, tali da comportare uno “scorrimento fruttuoso” anche per il Bueno Pernica, sin dal gennaio del 2000, posto che soltanto a partire dal mese di maggio del 2001 risultano sei posti vacanti –, le considerazioni svolte nell’appello sull’”agganciamento” della vacanza di posti dirigenziali alla data della pubblicazione della sentenza del Tar n. 17/2001 o, al più, al mese di marzo del 2001, con il consequenziale obbligo, a carico dell’AVLP, a detta dell’appellante, di disporre lo scorrimento immediato della graduatoria e di sottoscrivere il contratto di funzioni dirigenziali sin dai primi mesi del 2001 anziché, come è accaduto in realtà, dal 15.11.2001 (fermo restando quanto si preciserà più avanti sul rilievo da attribuire, in senso favorevole al Bueno Pernica a fini risarcitori, all’avvenuta sottoscrizione, da parte dell’Autorità, nello stesso periodo di tempo in cui veniva rifiutato al ricorrente lo scorrimento della graduatoria degli idonei, di contratti di prestazione d’opera a livello dirigenziale a termine, rinnovati, a quanto si afferma nell’appello, con soggetti estranei alla procedura concorsuale, mediante assunzioni “ad personam” effettuate “in alternativa” alla copertura di posti divenuti vacanti).

Ciò premesso, la sentenza appellata ha rilevato in modo corretto che il ricorrente, quale idoneo non vincitore del concorso, non aveva una posizione analoga a quella dei vincitori assunti dal 1°.12.1999 e pertanto non aveva alcun diritto alla ricostruzione della carriera mediante la retrodatazione dell’inquadramento nella qualifica dirigenziale alla data suddetta; la posizione di venticinquesimo in graduatoria aveva infatti assunto una consistenza tale da legittimare il Bueno Pernica a proporre ricorso solo al momento della quinta rinuncia. Inoltre, né dalla sentenza del Tar del 2001, né da quella del Consiglio di Stato del 2007, che fanno riferimento al solo scorrimento della graduatoria, deriva alcun “effetto ripristinatorio rispetto alla data di assunzione in servizio né tanto meno rispetto alla equiparazione alla data di assunzione in servizio dei vincitori”.

In termini generali risulta corretta anche l’affermazione della sentenza secondo la quale pure nei casi di deroga al principio della mera facoltà dello scorrimento della graduatoria, di cui all’art. 8 del t. u. n. 3 del 1957, ragioni specifiche di natura organizzativa sarebbero in grado di giustificare, di per sé, la decisione dell’Amministrazione di differire di qualche tempo l’assunzione degli idonei. L’affermazione suddetta va però messa a confronto con ciò che si rileverà più avanti, in termini favorevoli all’appellante e alla luce della oggettivamente del tutto peculiare fattispecie per la quale è causa, con riferimento alle avvenute sottoscrizioni plurime di contratti dirigenziali a termine a prescindere da una previa procedura concorsuale nello stesso periodo in cui era venuta a esistenza la vacanza del posto dirigenziale da conferire, “per scorrimento”, obbligatoriamente, all’arch. Bueno Pernica.

Ancora, sul fatto che nella situazione “de qua” il momento dell’assunzione del Bueno Pernica non potesse essere collocato più di sei mesi prima rispetto alla data dell’assunzione effettiva (15 novembre 2001, assunzione effettiva che, come detto, è slittata di tre mesi e mezzo per la richiesta di alcuni idonei : v. telegramma AVLP 26.7.2001, in atti), concorda anche il Tar.

Dagli atti risulta, invero, che la situazione di vacanza di posti tale da consentire in concreto lo scorrimento dell’appellante è del maggio del 2001, come del resto riconosciuto in sentenza laddove, a pagina 5, si rileva che solo alla data del 14.5.2001 risultavano genericamente sei posti vacanti mentre, alla data del 7.3.2001 (“recte”, 2000), risultava la mancata presa di servizio da parte di soli quattro vincitori; e laddove, a pag. 7 della decisione impugnata, si afferma che il momento a partire dal quale l’Autorità avrebbe dovuto assumere in servizio il Bueno Pernica non poteva essere collocato più di sei mesi prima della data dell’assunzione effettiva, avvenuta, come si è rilevato, nel novembre del 2001.

Tuttavia, la sentenza impugnata non fa cenno a una circostanza, messa in risalto con l’appello e che il Collegio ritiene decisiva – assieme alla riconosciuta esistenza, in capo all’Autorità, dell’elemento psicologico della colpa, su cui si dirà più avanti – ai fini dell’accoglimento parziale del gravame e quindi del ricorso di primo grado.

E invero, dall’estratto del verbale n. 43 del 2001, in atti, emerge che nell’adunanza del 31.5.2001 il Consiglio dell’Autorità ebbe a conferire nomine dirigenziali a tempo determinato, sulla base di quali procedure nulla è dato sapere allo stato degli atti ma, stando a ciò che si afferma nell’atto di appello e senza alcuna contestazione a questo proposito da parte dell’Autorità, in assenza di qualsiasi procedura concorsuale o comunque selettiva.

Al riguardo ben può parlarsi di una “dichiarazione confessoria” dell’Autorità in ordine alla necessità della medesima di avvalersi di personale qualificato in una situazione di vacanza di posti in organico.

L’Autorità ha cioè ritenuto necessario utilizzare sia pure in via temporanea prestazioni d’opera di livello dirigenziale, a prescindere dal ricorso a qualsiasi procedura concorsuale, nello stesso periodo di tempo in cui era venuta ad esistenza la vacanza del (quinto) posto di funzione dirigenziale da conferire, in via obbligatoria, all’appellante, mediante scorrimento della graduatoria.

A decorrere dal giugno del 2001 l’Autorità risulta avere effettuato assunzioni plurime a tempo determinato, senza alcuna procedura concorsuale, il che, nel contesto specifico e in relazione agli scopi risarcitori per i quali è causa, concreta una violazione di regole d’imparzialità, correttezza e buona amministrazione.

Come condivisibilmente si rileva con l’appello, nel periodo in cui il ricorrente tutelava i propri diritti in sede giurisdizionale l’Autorità, mentre persisteva nel rifiutare al Bueno Pernica lo scorrimento della graduatoria, pur in presenza di una sopravvenuta e attuale vacanza del posto di funzione dirigenziale, autorizzava la sottoscrizione di contratti di lavoro dirigenziali a tempo determinato, senza espletare alcun concorso, quantunque la graduatoria del concorso indetto nel 1997 fosse ancora aperta.

Di ciò, in sentenza, non si è tenuto conto, non essendosene fatto cenno.

Doveva invece venire in questione la necessità di coprire tutti i posti messi a concorso il che, secondo criteri di imparzialità, correttezza e buona amministrazione, avrebbe dovuto indurre l’Autorità a invitare il Bueno Pernica, quinto degli idonei, a prendere servizio quale dirigente del ruolo tecnico.

Al di là dunque dell’affermazione difensiva della resistente, fatta propria in sentenza, in base alla quale l’assunzione effettiva del ricorrente al 15.11.2001 risulta slittata di tre mesi e mezzo rispetto alla data del 1°.8.2001 indicata con la nota dell’AVLP del 20.7.2001, a causa della richiesta di rinvio della presa di servizio avanzata da alcuni idonei, e dell’esigenza di un “inserimento unico” di nuovi assunti nell’organico dell’Autorità, il “combinato disposto”, per così dire, costituito dall’accertata vacanza, sin dal maggio del 2001, di posti vacanti e disponibili nell’organico dell’Autorità (circostanza questa sulla quale anche il Tar concorda), e dall’avvenuta stipulazione di contratti di funzioni dirigenziali a tempo determinato, con alcuni dirigenti, a decorrere, è da ritenere, dal mese di giugno del 2001 (cfr. estratto del verbale dell’AVLP n. 43 del 31.5.2001), secondo criteri che a quanto consta esulano da qualsiasi procedura concorsuale – e, in particolare, dalla procedura “de qua” – corroborano la tesi, sulla quale l’appellante impernia l’ultima parte del primo motivo, per cui il ritardo nell’assunzione del Bueno Pernica, sia pure di pochi mesi, e non di due anni, come pretende tuttora l’appellante, si è effettivamente verificato per la violazione, da parte dell’Autorità, delle comuni regole di imparzialità, correttezza e buona amministrazione, alle quali l’esercizio della funzione pubblica deve ispirarsi in modo costante.

In questo contesto, la sottoscrizione del contratto di lavoro dirigenziale con l’appellante risulta ritardata in modo illegittimo.

Essa avrebbe dovuto avere luogo, tenuto conto della condotta dell’Autorità, così come sopra evidenziata, con decorrenza non dal 15.11.2001, ma dal 1°.6.2001.

La correlazione tra il danno sofferto, consistente nella ritardata sottoscrizione del contratto di funzioni dirigenziali, e l’agire amministrativo, anche quale emerge dall’esame del verbale dell’AVCP n. 43/2001, risulta evidente.

4.3.2. Sotto un concomitante profilo, per quanto riguarda l’elemento soggettivo della colpa – e si passa così al motivo d’appello sub 2) –, premessa l’esclusione di ogni automatismo tra l’illegittimità dell’agire amministrativo e il risarcimento del danno (sul punto v. “ex multis”, Cons. Stato, n. 6345 del 2011), diversamente da quanto si è affermato in sentenza sulla insussistenza dell’elemento della colpa nella condotta dell’Amministrazione, il Collegio ritiene che non possa farsi questione di errore scusabile in capo all’AVLP per quanto specificamente attiene all’interpretazione del citato art. 13, comma 6, del d. l. n. 67 del 1997 – l’Amministrazione “provvede, in deroga…alla copertura…” – posto che la disposizione sopra riportata sembra essere di agevole e univoca interpretazione laddove prevede la copertura obbligatoria dei posti dirigenziali messi a concorso in correlazione con lo scopo di “assicurare l’immediata operatività” del Servizio.

Più in generale, il carattere negligente, imprudente o imperito dell’agire dell’Autorità nel caso concreto emerge alla luce della lettura delle sentenze del 2001 e del 2007 e alla stregua delle considerazioni svolte sopra con riguardo all’autorizzazione dell’AVLP in data 31.5.2001 alla stipula di contratti di prestazione d’opera dirigenziale con soggetti estranei alla procedura concorsuale.

Il danno lamentato dall’appellante dunque sussiste, è ingiusto e va riferito al periodo 1°.6. – 14.11.2001.

4.3.3. Per quanto attiene alla quantificazione del danno risarcibile, esso corrisponde, nel suo ammontare, alle differenze retributive fra trattamenti economici relative al periodo suddetto, dovendosi avere riguardo alla ricostruzione integrale del trattamento economico dirigenziale, comprensiva della regolarizzazione della posizione previdenziale e assistenziale e di eventuali aumenti stipendiali “medio tempore” spettanti, oltre agli interessi legali e alla rivalutazione monetaria sulle somme dovute dal 1°.6.2001 al 14.11.2001.

Il Collegio ritiene quindi di dover condannare l’Autorità, ex art. 34, comma 4, del cod. proc. amm. , al pagamento delle somme dovute da calcolare sulla base dei criteri di liquidazione specificati sopra, fermo restando che se le parti non giungeranno a un accordo o non adempiranno agli obblighi derivanti dall’accordo concluso, entro il termine di 120 giorni decorrente dalla comunicazione in via amministrativa della presente sentenza, ovvero dalla notificazione della stessa, se anteriormente eseguita, l’appellante, con ricorso proposto ai sensi dell’art. 112 cod. proc. amm. , potrà domandare a questo Consiglio di Stato la determinazione della somma dovuta.

4.3.4. Va invece respinta la riproposta domanda di risarcimento del danno da “mobbing”, riproposizione avvenuta, peraltro, senza particolari sviluppi argomentativi.

A questo riguardo costituisce principio più volte affermato da questo Consiglio (v. , “ex plurimis”, Cons. St. , VI, n. 1413 del 2015 e nn. 1388 e 856 del 2012; III, n. 4105 del 2014; IV, n. 4135 e n. 1609 del 2013; CGA Reg. Sic. , n. 253 del 2012), al quale s’intende dare continuità, quello per cui “per mobbing, in assenza di una definizione normativa, si intende normalmente una condotta del datore di lavoro o del superiore gerarchico, complessa, continuata e protratta nel tempo, tenuta nei confronti di un lavoratore nell’ambiente di lavoro, che si manifesta con comportamenti intenzionalmente ostili, reiterati e sistematici, esorbitanti od incongrui rispetto all’ordinaria gestione del rapporto, espressivi di un disegno in realtà finalizzato alla persecuzione o alla vessazione del lavoratore, tale che ne consegua un effetto lesivo della sua salute psicofisica.

Ne deriva che, ai fini della configurabilità della condotta lesiva del datore di lavoro, va accertata la presenza di una pluralità di elementi costitutivi, dati dalla molteplicità e globalità di comportamenti a carattere persecutorio, illeciti o anche di per sé leciti, posti in essere in modo miratamente sistematico e prolungato contro il dipendente secondo un disegno vessatorio; l’evento lesivo della salute psicofisica del dipendente; il nesso eziologico tra la condotta del datore o del superiore gerarchico e la lesione dell’integrità psicofisica del lavoratore; la prova dell’elemento soggettivo, cioè dell’intento persecutorio……la condotta (mobbizzante) del datore di lavoro va esposta nei suoi elementi essenziali dal lavoratore, che non può limitarsi davanti al giudice a genericamente dolersi di esser vittima di un illecito (ovvero ad allegare l’esistenza di specifici atti illegittimi), ma deve quanto meno evidenziare qualche concreto elemento in base al quale il giudice amministrativo, anche con i suoi poteri ufficiosi, possa verificare la sussistenza nei suoi confronti di un più complessivo disegno preordinato alla vessazione o alla prevaricazione, in quanto, la pur accertata esistenza di uno o più atti illegittimi adottati in danno di un lavoratore non consente di per sé di affermare l’esistenza di un’ipotesi di mobbing laddove il lavoratore stesso non alleghi ulteriori e concreti elementi idonei a dimostrare l’esistenza effettiva di un univoco disegno vessatorio o escludente in suo proprio danno… “ (così, Cons. St. , sez. IV, n. 4135/2013; sul fatto che un atto illegittimo, o più atti illegittimi di gestione del rapporto in danno del lavoratore, di per sé considerati “non sono sintomatici della presenza di un comportamento mobbizzante, occorrendo che ricorrano tutti gli altri ed ulteriori elementi sopra richiamati (con la conseguenza che) l’eventuale accertamento giurisdizionale dell’illegittimità degli atti della procedura per la promozione ai gradi superiori della dirigenza non permette – da sé sola considerata – di affermare l’integrazione della fattispecie di mobbing” v. Cons. St. , sez. VI, n. 1388/2012. E ancora: “la ricorrenza di un’ipotesi di condotta mobbizzante andrà esclusa quante volte la valutazione complessiva dell’insieme di circostanze addotte (ed accertate nella loro materialità), pur se idonea a palesare, singulatim, elementi od episodi di conflitto sul luogo di lavoro, non consenta di individuare, secondo un giudizio di ordinaria verosimiglianza, il carattere esorbitante ed unitariamente persecutorio e discriminante nei confronti del singolo del complesso delle condotte poste in essere sul luogo di lavoro.

È in primo luogo necessaria, quindi, che sia fornita la prova dell’esistenza di un sovrastante disegno persecutorio, tale da piegare alla sue dominanti finalità i singoli atti cui viene riferito…” (così, Cons. St. , VI, n. 4738 del 2008).

Grava sul dipendente l’onere di comprovare la condotta mobbizzante e il nesso causale tra questa e il danno alla salute sofferto.

Guardando adesso più da vicino la fattispecie per cui è causa, alla luce dei principi giurisprudenziali sopra rammentati, sul punto la sentenza di primo grado ha rilevato prima di tutto, in maniera condivisibile, la formulazione generica della domanda risarcitoria per mobbing.

Del resto, la domanda suddetta è stata riproposta in grado d’appello in maniera altrettanto generica.

Bene poi la sentenza ha soggiunto di non poter accogliere la domanda “de qua” in relazione alla mancanza di prova. “Dalle note depositate in atti – ha rilevato il Tar in modo persuasivo – emergono, infatti, comportamenti posti a base della proposta azione risarcitoria che si riferiscono a vicende che appaiono riflettere ordinarie dinamiche lavorative, spesso relative a più dirigenti insieme e a problematiche generali di carattere organizzativo della Autorità. Risulta, infatti, dalle varie note a partire dal 2002 e nel corso del 2003 una generale carenza di mezzi logistici e di risorse di personale, tra l’altro giustificabile anche in relazione alla relativamente recente istituzione e organizzazione dell’Autorità di Vigilanza e all’acquisizione della sede. Nella planimetria degli uffici, depositata in atti, risultano numerosi dirigenti posti in stanze comuni (in numero di due, di tre e di quattro). Risulta poi che il ricorrente sia stato collocato in una stanza insieme agli altri idonei, quindi collocati in graduatoria dopo i vincitori e tale criterio, dell’anzianità di ruolo, anche ai fini dell’assegnazione degli uffici, è comune alla pubbliche amministrazioni. Risulta altresì che le stanze in cui sono stati collocati quattro dipendenti sono le stanze più grandi. Le esigenze organizzative e di carenza di risorse del servizio ispettivo sono state manifestate da tutti i dirigenti (v. nota del 2003).

Non risulta, quindi, alcun disegno unitario di marginalizzazione del ricorrente e tanto meno persecutorio del ricorrente.

Nel mobbing, infatti, i comportamenti a danno del mobbizzato devono avere quale presupposto esclusivamente l’intento persecutorio della vittima.

La giurisprudenza fa, infatti, riferimento ad un comportamento emulativo, ma, nel caso di specie la trama dei singoli episodi non appare riconducibile ad una univoca strategia vessatoria.

Inoltre, anche qualificando la domanda come risarcimento per violazione degli obblighi di sicurezza dei lavoratori, trattandosi di responsabilità contrattuale, la distribuzione dell’onere probatorio fra il danneggiato e il datore di lavoro deve essere operata in base al consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui grava sul lavoratore l’onere di provare la condotta illecita e il nesso causale tra questa e l’eventuale patito, mentre incombe sul datore di lavoro, in base al principio di inversione dell'”onus probandi” di cui al richiamato art. 1218 c.c., il solo onere di provare l’assenza di una colpa a sé riferibile (Tar Lazio III 3061 del 2012).

Nel caso di specie non è stata fornita alcuna prova né della violazione degli specifici obblighi di sicurezza, non potendosi riportare ad una tale violazione una generica carenza di strutture e di risorse di personale dell’Autorità, né del nesso causale tra la affermata condotta dell’Amministrazione e lo stato di salute del ricorrente…”.

In conclusione, l’appello va accolto in parte e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata, va riconosciuto il diritto del ricorrente al risarcimento del danno per ritardata assunzione, da quantificare secondo i criteri indicati in motivazione.

5.In considerazione dell’esito complessivo della controversia, tenuto conto dell’accoglimento solo parziale della pretesa dell’appellante, si ritiene di compensare le spese e gli onorari del doppio grado di giudizio per i tre quarti mentre, per il 25 % residuo, spese e onorari seguono la soccombenza dell’Autorità e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie in parte, per le ragioni ed entro i limiti di cui in motivazione e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata, condanna l’Autorità appellata a risarcire al ricorrente i danni da ritardata assunzione, da liquidarsi secondo i criteri indicati in motivazione.

Respinge nel resto l’appello.

Spese del doppio grado del giudizio compensate per tre quarti; per il restante quarto condanna l’Autorità a rimborsare all’appellante le spese del doppio grado, che per tale frazione liquida nella misura di € 2.000,00 (euro Duemila/00), oltre a IVA e a CPA, e comunque con rimborso integrale dei c.u. versati.

La presente sentenza verrà eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 9 giugno 2016 con l’intervento dei magistrati:

Ermanno de Francisco, Presidente

Roberto Giovagnoli, Consigliere

Bernhard Lageder, Consigliere

Marco Buricelli, Consigliere, Estensore

Francesco Mele, Consigliere

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