Lo svolgimento in via continuativa da parte del docente (professore universitario in regime di tempo pieno), iscritto all’albo professionale e titolare di partita IVA, di vari incarichi esterni retribuiti, prestazioni libero-professionali ((progettazione preliminare, definitiva, esecutiva, ovvero direzione dei lavori), privo dei caratteri specifici della collaborazione o consulenza scientifica, si pone in contrasto con l’art. 53 del D.lgs. 30/03/2001, n. 165 da cui deriva il carattere dell’esclusività delle prestazioni.

L’esercizio, da parte del docente a tempo pieno, di un’attività non occasionale ma continuativa di natura libero-professionale, è oggetto di un divieto assoluto, per cui è irrilevante l’eventuale rilascio dell’autorizzazione rettoriale. Benché non risultano mai essere stati sollevati rilievi, da parte dell’Ateneo, in ordine all’assolvimento dei compiti didattici e istituzionali del docente, che le attività contestate non ne hanno impedito il pieno svolgimento, costituendo un valore aggiunto per i corsi del convenuto, avendo prodotto risultati scientifici documentabili, tuttavia il danno erariale subito dall’Università consiste nella percezione, da parte del convenuto, del trattamento stipendiale spettante al docente a tempo pieno, erogato in considerazione della esclusività dell’impegno lavorativo richiesto e della preclusione assoluta rispetto ad attività, come quella libero-professionale, continuative e con una incidenza maggiore sul reddito. L’illiceità della condotta comporta il risarcimento del danno erariale quantificato nella differenza tra quanto percepito in qualità di docente a tempo pieno e quanto sarebbe stato, invece, corrisposto al docente in regime di tempo definito, al netto delle ritenute fiscali ed al lordo dei contributi previdenziali.
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Corte dei Conti Veneto sentenza 64-2020