Ai fini della configurabilità del danno all’immagine della P.A., la diffusione della notizia dei reati commessi dai funzionari (clamor fori) costituisce il modo attraverso il quale viene realizzato il nocumento alla reputazione e alla onorabilità dell’ente pubblico, per effetto dell’illecito perpetrato dal proprio dipendente, oggetto di ampia propalazione mediatica per la loro gravità e durata, come da rassegna stampa in atti prodotta dal pubblico attore. Da essa emerge l’ampia risonanza che la vicenda ha avuto, occupando parecchi spazi sui principali organi di informazione che hanno ripetutamente descritto le condotte delittuose commesse dai convenuti, emblematico di un formidabile disprezzo dei valori fondanti il rapporto di impiego pubblico, mettendone in evidenza gli aspetti più gravi e disdicevoli (tangenti), tali da ingenerare ricadute negative sulla valutazione dell’opinione pubblica in ordine all’affidabilità del settore strategico degli appalti pubblici curati dall’Amministrazione di appartenenza( Presidenza del Consiglio dei Ministri, Consiglio Superiore dei Lavori pubblici, Provveditorato alle Opere Pubbliche). Il danno all’immagine deve ritenersi evidente ove un soggetto, legato da rapporto di servizio, ponga in essere una pluralità di comportamenti criminosi (corruzione) da sottoporre, ai fini probatori, ad una lettura complessiva e non atomistica, di quei comportamenti del privato e dei pubblici ufficiali costituenti il prezzo della funzione amministrativa compromessa. La lesione dell’immagine pubblica, benchè non comporti una diminuzione patrimoniale diretta, è tuttavia suscettibile di una valutazione patrimoniale, da effettuarsi equitativamente, ex art. 1226 c.c., sulla base dei parametri soggettivo, oggettivo e sociale, come peraltro prospettato dal Procuratore regionale,cui incombe, ai sensi dell’art. 2697 c.c., l’onere di fornire congrui parametri per la quantificazione del danno.
massima di redazione©
testo integrale
Corte Dei Conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione Lazio, sentenza 13 febbraio 2018 n.81.Presidente: Maggi; estensore: Bombino
omissis
FATTO:
Con atto di citazione, depositato il 28 novembre 2016, ritualmente notificato, il procuratore regionale conveniva in giudizio ******* ******* e ******* ******* per ivi sentirli condannare al pagamento, in solido, in favore dello Stato-Presidenza del consiglio dei Ministri e del Ministero delle infrastrutture, della somma complessiva di euro 5.000.000 (cinque milioni), oltre rivalutazione monetaria, interessi legali e spese di giudizio.
Il procuratore regionale rappresenta che, con sentenza n. 18737 della sezione I penale del Tribunale di Roma del 31 ottobre 2012 ******* ******* e ******* *******, in concorso con altri, sono stati condannati alla pena della reclusione di anni tre e otto mesi, per i reati previsti dagli artt. 110, 319 319-bis e 321 c.p.; che tale condanna è stata confermata dalla Corte di Appello sez. III di Roma con sentenza n. 1181 del 28 gennaio 2015, passata definitivamente in giudicato in data 9 febbraio 2016 con sentenza della Corte di cassazione Sez. VI del 5 maggio 2016.
Sulla scorta degli esiti dei procedimenti penali già definiti, il Procuratore ha affermato che i predetti funzionari, dott. ******* ******* (già capo Dipartimento per lo Sviluppo e la competitività del turismo della presidenza del Consiglio dei Ministri, poi soggetto attuatore delle opere previste nell’ambito delle celebrazioni del 150 anniversario dell’Unità d’Italia e per il grande evento del G8, nonché Presidente del Consiglio dei lavori Pubblici) e dott. ******* (successore del *******nel ruolo di soggetto attuatore delle opere sopramenzionate e poi Provveditore alle opere pubbliche per la Toscana l’Umbria e le Marche), avrebbero, in qualità di pubblici funzionari, ricevuto, in via continuativa, dagli imprenditori ******* ******* e ******* ******* utilità economiche di vario tipo (somme di danaro, beni di lusso, prestazioni professionali, lavori di ristrutturazione immobiliare, soggiorni turistici, avanzamenti di carriera ecc.), mettendo a disposizione di costoro le funzioni pubbliche da loro svolte, al fine di poter manipolare, a favore di questi, le procedure di selezione per la stipulazione di appalti pubblici importanti per lo sviluppo del paese e di ingente valore economico, tra i quali, in particolare, quelli relativi alla realizzazione delle opere pubbliche inerenti i grandi eventi, tra cui i mondiali di nuoto di Roma nel 2009, le celebrazioni per il 150° anniversario dell’unità d’Italia, il vertice del G8 presso l’isola della Maddalena e la realizzazione della Scuola Marescialli dei carabinieri di Firenze.
Le condotte dolose addebitate ai predetti funzionari, in palese contrasto con i doveri connessi alla funzione pubblica, costituiscono, ad avviso della Procura, causa di responsabilità amministrativa-patrimoniale e, per tale motivo, in data 26 maggio 2016, la Procura ha emesso invito a dedurre nei confronti dei due pubblici funzionari ravvisando un danno all’immagine dell’Amministrazione pubblica di appartenenza cui ha dato riscontro il solo *******con deduzioni difensive non ritenute sufficienti a superare i motivi di addebito a suo carico.
Da qui l’odierna citazione in giudizio con la quale l’organo requirente ha ribadito la sussistenza delle violazioni degli obblighi di servizio, coincidenti con le condotte-reato oggetto del procedimento penale, da cui è derivato un ingiusto danno per l’Amministrazione.
Nel libello introduttivo, l’accusa ha ricostruito il quadro di riferimento nell’ambito del quale si collocano gli eventi accertati in sede penale, ascritti ai convenuti, sia come impegni assunti nei confronti degli imprenditori, sia come utilità ricevute, accertate sulla base del materiale probatorio e con l’efficacia definitiva della cosa giudicata quanto alla commissione dei fatti, della loro illiceità penale e della riconducibilità ai condannati (art. 651 c.p.p.).
Invero, è stato accertato uno stretto rapporto corruttivo tra gli imprenditori ******* ******* ******* e ******* ******* ed i funzionari pubblici connotato dalla totale mancanza di considerazione degli interessi dell’amministrazione a vantaggio di un precostituito intento di favorire i corruttori, cui è corrisposta, specularmente, la promessa o dazione di utilità in favore dei predetti pubblici funzionari, manifestate in forme diverse, talune di contenuto economico, ovvero in vantaggi di carriera.
Le condotte dei dipendenti infedeli costituiscono, infatti, uno sviamento dell’attività pubblica dal fine cui la condotta del pubblico dipendente deve essere rivolta, e quindi contraria ai doveri di servizio sotto il duplice profilo della violazione dell’art. 97 in relazione ai principi di imparzialità e di buon andamento e dell’art. 98 Cost. in relazione all’esclusività del rapporto di servizio del dipendente pubblico, come in concreto declinata nel Codice di comportamento dei pubblici dipendenti emanato con DPCM 28 novembre 2000 (vigente all’epoca), sostituito dal DPR n.62 del 16 aprile 2013 (art. 2, 3).
Secondo l’assunto attoreo, le condotte accertate sono state causa di danno erariale, nella specie di danno all’immagine all’amministrazione pubblica, considerato il ruolo di assoluto rilievo ricoperto dai prevenuti, l’enorme clamore mediatico e lo scalpore suscitato nell’opinione pubblica dalla vicenda, danno della cui esistenza, sotto il profilo dell’an, dà conto la sentenza penale, pur rimettendo al giudice civile la sua quantificazione (rectius giudice contabile).
Con riferimento al danno, l’accusa ha ritenuto accertate varie utilità, economiche e non illecitamente percepite dai due funzionari pubblici, quali un orologio di marca Rolex del valore di diverse migliaia di euro; la nomina del ******* a Provveditore interregionale per le opere pubbliche per la Regione Toscana, l’Umbria e le Marche pilotata dal ******* e dal *******che hanno sollecitato l’intervento e la partecipazione di personaggi amici presso i competenti organi istituzionali; emolumenti tangentizi, dissimulati da compensi per incarichi professionali conferiti al compiacente avv. Cerruti (deceduto) per conto del *******, in atti quantificati in una somma di denaro variabile in relazione all’esito di una controversia tra l’amministrazione e la società Baldassini Tognozzi Pontello Spa-BTP Spa (Presidente *******) per i lavori per la Scuola Marescialli dei Carabinieri di Firenze (2% sull’importo incassato, qualora fosse stato riconosciuto un risarcimento economico in favore dell’impresa, ovvero lo 0,8 dell’importo dell’appalto di circa 250 milioni, in caso di riaffidamento a detta impresa), controversia conclusa con la condanna dell’amministrazione al pagamento della somma di euro 28.109.669 ed un conseguente prezzo della corruzione di euro 560.000.
Per quanto concerne la quantificazione della posta di danno, l’attore ha fatto ricorso al criterio equitativo ex art. 1226 c.c. tenuto conto oltre che delle specifiche utilità ricevute anche dei parametri di tipo oggettivo, soggettivo e sociale individuati, dell’enorme clamore sociale destato dalla vicenda e delle delicatissime posizioni occupate, della qualità delle amministrazioni danneggiate, del settore coinvolto e dell’impatto sociale ed economico, teso alla realizzazione di eventi di particolare rilievo nazionale, per cui ha quantificato un danno complessivo nell’importo non inferiore ad euro 5.000.000 (cinque milioni).
Alla odierna pubblica udienza, si è costituito il convenuto ******* *******, con il patrocinio dell’avv. ******* Scacchi che ha svolto oralmente la propria difesa.
Il P.M. si è opposto alla costituzione del convenuto, perché irrituale e tardiva ed ha eccepito varie preclusioni processuali nei confronti del convenuto; nel merito, ha evidenziato la fondatezza della domanda sottolineando la rilevanza mediatica della vicenda in relazione al danno all’immagine riferito alla gestione degli appalti pubblici connotata dal mercimonio delle funzioni pubbliche in violazione dei principi di imparzialità e di buona amministrazione. Ha precisato che la condanna passata in giudicato per il reato di corruzione propria si fonda su tre aspetti fondamentali:1) gli impegni presi per gli appalti con l’elenco delle opere (pagg. da 20 e segg. sentenza del tribunale di Roma), per i quali sono state fornite una serie di informazioni tecniche dal ******* agli imprenditori interessati alle gare programmate dall’Amministrazione;
2) l’impegno per la riassegnazione alla BTP spa dell’appalto della Scuola Marescialli dei Carabinieri di Firenze, in pendenza del lodo arbitrale, introdotto dall’Impresa aggiudicataria e concluso con il solo risarcimento del danno alla impresa;
3) fatti ulteriori coperti da giudicato per i quali sono state ottenute utilità economiche di vario tipo (rolex, nomina a provveditore alle OO.PP, ristrutturazione di un immobile all’Argentario ecc.); ha concluso per l’accoglimento della domanda nei termini formulati.
La difesa del *******:
– ha respinto tutti gli addebiti richiamando l’attenzione del Collegio sull’appalto dei lavori della Scuola Marescialli Carabinieri di Firenze per il quale ha affermato l’estraneità del convenuto per i danni correlati alla procedura arbitrale avviata nel 2005 dalla impresa aggiudicataria dei lavori, definita con sentenza della Corte di cassazione n.22036/14, favorevole all’impresa;
– ha escluso che i convenuti si siano adoperati per riassegnare l’appalto alla originaria impresa aggiudicatrice, avendo concluso i lavori l’impresa Astraldi subentrata alla BTP; l’intervento del ******* era diretto ad evitare l’ingente danno economico, poi, patito dall’Amministrazione risultata soccombente nel giudizio arbitrale;
– ha escluso un legame tra i fatti corruttivi e la nomina a provveditore alle OO.PP. della Toscana, avendo il ******* i titoli e i requisiti di legge per detto incarico;
– per i fatti corruttivi il ******* è stato licenziato dalla P.A. ;
-l’intermediazione per la compravendita dell’immobile ristrutturato dall’Impresa ******* è stata regolarmente pagata;
Con riferimento ai danni, la difesa ha ritenuto eccessiva ed onerosa la richiesta di danno nell’importo richiesto dall’accusa non essendo stata provata la correlazione tra gli appalti elencati nell’atto di citazione e gli eventi dannosi né che gli stessi siano stati assegnati agli imprenditori corrotti; la sentenza penale ha fatto riferimento soltanto alle utilità costituite dall’orologio Rolex di poche migliaia di euro, dal prezzo dell’intermediazione per l’acquisto della casa e dalla nomina a provveditore del *******.
Il clamore mediatico invocato dall’accusa sarebbe stato causato dall’applicazione delle misure cautelari adottate nei confronti dei pubblici funzionari, mentre unico responsabile del danno economico prodotto è da ritenersi il Ministero.
Ha altresì contestato i criteri equitativi utilizzati per la quantificazione del danno all’immagine.
Ha eccepito la prescrizione dell’azione contabile evidenziando che, dal 2010, epoca in cui sono state emesse le ordinanze di custodia cautelare a carico dei convenuti, e sino al 2017 non vi sono stati atti interruttivi emessi dall’Amministrazione danneggiata a carico degli odierni convenuti.
Ha quindi sostenuto la nullità parziale della domanda per genericità dell’ oggetto e del petitum.
Nel merito, ha chiesto applicarsi al ******* l’art. 1 sexies L. 20/94 precisando che le utilità a lui ascritte sono quelle identificate a pag. 88 e ss. della sentenza penale e non altre, in mancanza del nesso causale diretto tra le condotte illecite ad esso addebitate e il danno nell’importo indicato nella domanda. Ha sostenuto che il ******* ha svolto un ruolo finalizzato alla tutela dell’integrità dello Stato, così come consacrato nella sentenza n.22036/14 della Corte di Cassazione sul lodo arbitrale, di cui ha prodotto copia in giudizio.
In conclusione, la difesa ha chiesto l’applicazione della prescrizione contabile in quanto la notorietà dei fatti di causa narrati nell’atto di citazione fissa il dies a quo dell’azione contabile nel marzo 2010 o dall’anno 2010, periodo in cui si sono prodotte le pronunce della fase cautelare di questa vicenda, ritenendosi maturato il termine prescrizionale in mancanza di atti interruttivi.
Il P.M. , in replica, ha confermato la validità dell’impianto accusatorio specificando che va distinto il danno materiale suscettibile di valutazione strettamente economica dal danno all’immagine quale lesione del prestigio derivante dalla commissione del reato di corruzione accertato in via definitiva in sede penale.
Il danno all’immagine dello Stato è pertanto legato alla “cointeressenza” tra i soggetti agenti, all’”evento mediatico” scaturiti dai fatti delittuosi commessi dai funzionari pubblici, per cui ha insistito nella domanda nei termini formulati e nel rigetto di tutte le avverse eccezioni.
La causa è stata, quindi, posta in decisione.
DIRITTO
1.Preliminarmente va dichiarata la contumacia del convenuto *******il quale, citato regolarmente in giudizio, con atto notificato il 18.1.2017, non ha inteso svolgere alcuna attività defensionale in suo favore. Il predetto ha depositato controdeduzioni all’invito – già vagliate dall’accusa – ma ritenute insufficienti a superare gli addebiti di responsabilità asseritamente formulati a suo carico, per cui è stato regolarmente evocato in giudizio, nel quale è rimasto assente.
Va, pertanto, dichiarata la contumacia del prevenuto, ai sensi e per gli effetti dell’art. 93 del c.g.c..
- Sempre in via preliminare vanno affrontate le eccezioni del convenuto ******* costituitosi per il tramite dell’avv. Scacchi alla prima udienza di trattazione fissata con decreto presidenziale per il giorno 11 gennaio 2018.
2.1. L’art. 90 del c.g.c. disciplina la costituzione del convenuto e la comparsa di risposta, atto con il quale il convenuto “contesta” la pretesa risarcitoria, in tal modo delimitando l’oggetto del giudizio e il thema probandum.
Il convenuto deve costituirsi a mezzo del procuratore “almeno venti giorni prima dell’udienza fissata in calce all’atto di citazione o almeno dieci giorni prima nel caso di abbreviazione dei termini a norma dell’art. 89” e comunque entro il termine stabilito nel decreto di fissazione dell’udienza (art. 88).
Si ritiene che, pur se non espressamente disciplinata dall’articolo 90 c.g.c., non possa ritenersi preclusa la facoltà di costituzione tardiva del convenuto sino alla udienza di discussione, fatte comunque salve le decadenze intervenute con riguardo alla proposizione delle eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d’ufficio ai sensi dell’art. 90, 3 comma; tale ipotesi, prevista espressamente nel codice di rito civile ordinario dall’art. 170, comma 2 c.p.c., appare espressione del diritto inviolabile di difesa discendente dall’art. 24 Cost.; in tal senso depone anche la disposizione dell’art. 93 c.9 c.g.c. che ammette la costituzione della parte dichiarata “contumace” fino alla predetta udienza.
Nello svolgimento delle proprie argomentazioni giuridiche in sede di discussione orale, la difesa del convenuto è incorsa, pertanto, nelle preclusioni decadenziali previste dall’art. 90 comma 3 (mutuato dall’art. 167,c.2 c.p.c.), con riferimento alle dispiegate eccezioni di nullità (parziale) della domanda e di prescrizione del diritto al risarcimento del danno.
Al riguardo, il Collegio osserva che entrambe le questioni poste dal convenuto assumono la natura e la forma di eccezioni in senso proprio, non rilevabili d’ufficio e comunque sino alla incardinazione del giudizio di merito e sicuramente non oltre il termine previsto dall’art. 90, comma 3 del c.g.c.
- a) Quanto alla prima doglianza, relativa alla nullità parziale della domanda per carenza di nesso causale tra gli appalti indicati e il danno all’immagine prodotto alla P.A, il Collegio rileva che tale affermazione non inficia la validità formale della domanda rilevando, al più, carenze probatorie in ordine ai fatti dedotti (peraltro accertati con efficacia di giudicato penale). L’atto di citazione in questione presenta i requisiti di legge (86 c.g.c.) e le affermazioni ivi contenute sono idonee a radicare un processo che conduca ad una decisione di merito; i fatti costitutivi e lesivi del diritto ivi affermati dovranno essere provati, secondo le regole sostanziali e processuali vigenti, in attuazione del principio dell’onere probatorio sancito dall’art. 2697 c.c., risultando allora la citazione non nulla ma infondata nel merito.
- b) Quanto alla seconda doglianza, vale richiamare la disposizione dell’art. 17 comma 30-ter d.l. 1 luglio 2009 n.78 convertito nella legge 3 agosto 2009 n.102 che ha limitato la possibilità della Corte di contestare il danno all’immagine, ai soli fatti che si traducono in reati contro la P.A (dapprima solo quelli indicati nell’art. 7 l. 97 del 2001), solo dopo il giudicato penale e l’art. 1 comma sexies della legge 14.1.1994 n.20 (come introdotto dall’art. 1 comma 62 della legge 190/20), secondo cui l’entità del danno è correlato alla commissione di un reato contro la pubblica amministrazione accertato con sentenza passata in giudicato, per cui sarebbe inammissibile l’azione di responsabilità per danno all’immagine di una pubblica amministrazione in assenza di condanna penale definitiva, per uno dei delitti contro la P.A. (Corte Conti sez. Lazio 28.10.2011 n. 1519).
Nel caso di specie, la sentenza definitiva penale della cassazione è stata pubblicata il 5 maggio 2016 e l’atto di citazione è stato notificato nel gennaio 2017, in pendenza del termine prescrizionale quinquennale decorrente dal passaggio definitivo della condanna penale.
Per le suesposte ragioni, entrambe le eccezioni vanno respinte.
3.MERITO
3.1 L’odierno giudizio è finalizzato all’accertamento della pretesa risarcitoria azionata dal Pubblico Ministero in ordine alla fattispecie pregiudizievole per il pubblico Erario, e, cioè, il danno all’immagine della pubblica amministrazione, danno scaturito dalle condotte illecite contestate ai sigg. *******e ******* nel periodo immediatamente successivo al 10 gennaio 2008 e fino all’esecuzione dei provvedimenti cautelari, per le quali i predetti sono stati condannati, in concorso con altri, alla pena della reclusione per tre anni e mesi otto, con sentenza n. 18737 del Tribunale di Roma, confermata in appello con la sentenza n.1181 del 2015, divenuta irrevocabile con sentenza della Cassazione del 9 febbraio 2016, pubblicata il 5 maggio 2016, per il reati di corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio, commesso in concorso con altri imputati (artt.110, 319, 319 bis e 321 c.p.).
Come evidenziato dalla procura, la giurisdizione contabile trova fondamento nel complesso delle disposizioni contenute nell’art. 17 comma 30 ter del d.l. n.78/2009 convertito con modificazioni con legge 102/2009 (in questa parte non modificato dal nuovo codice contabile), e delle successive modificazioni di cui all’art. 1 comma 1 lett. c) punto 1 del D.L. 3 agosto 2009 n.102 convertito con modificazioni in legge 3 ottobre 2009 n.141 nonché nella legge n.190 del 6 novembre 2012 “Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubica amministrazione “(c.d. legge anticorruzione), secondo cui le procure della Corte dei conti possono agire per il ristoro del danno all’immagine solo all’esito della sentenza penale passata in giudicato per i reati contro la pubblica amministrazione, e nell’art. 1 comma 1 sexies della legge 14 n. 1994 n. 20 (come modificato dall’art. 1 comma 62 della legge 190/2012), secondo il quale l’entità del danno all’immagine “si presume pari al doppio della somma di denaro o del valore patrimoniale di altra utilità illecitamente percepita dal dipendente”.
3.2. In tale contesto normativo vanno pertanto inquadrate le vicende che hanno dato luogo al presente giudizio di responsabilità amministrativa connesse a gravissimi fatti criminosi, disvelati dalla Autorità giudiziaria ordinaria a seguito di indagini che hanno fatto emergere “…un rapporto corruttivo stretto tra due imprenditori ******* ******* ******* e ******* ******* ed i funzionari dello stato ******* *******e ******* *******. Le operazioni di intercettazione telefonica, in particolare, hanno consentito di monitorare la genesi e il consolidarsi di un tale rapporto, cogliendolo nel suo divenire. Di volta in volta le condotte si sono modulate orientandosi a conseguire traguardi intermedi che l’istruttoria dibattimentale ha puntualmente segnalato. Essi hanno avuto il comune denominatore costituito dalla totale mancanza di considerazione degli interessi dell’amministrazione a vantaggio di un precostituito intento di favorire i corruttori (pag. 93 sentenza di I grado)”. “Due obiettivi su tutti: affidare ad impresa riferibile a *******, Bartolomei e ******* ******* appalti nell’ambito dei grandi eventi “150 anniversario dell’Unità d’Italia” e vertice G8 presso la Maddalena e far ottenere nuovamente alla Baldassini Tognozzi Pontello (BTP spa di *******) l’appalto inerente i lavori per la realizzazione della Scuola Marescialli dei Carabinieri” (pag. 94).
Per consentire ciò si consente al ******* di venire in possesso non solo dell’elenco delle opere messe in gara, ma di tutte le informazioni di dettaglio (consegnate su apposito supporto informatico) relative a detti appalti, in condizione di indicare “quali fossero le opere alla cui realizzazione era interessato (tre fra le più importanti)” , così come di ottenere (dal *******) dischetto magnetici “ contenenti ulteriori dettagli tecnici che avrebbero consentito di approntare, con anticipo su potenziali concorrenti, i progetti specifici (pag. 50).
Dall’altra, emergono le utilità promesse e ricevute dai pubblici ufficiali che si “sono manifestate sub specie diverse, talune dagli immediati contenuti patrimoniali, altre sub specie di opportunità di carriera” (ad esempio nel ruolo del *******, nella nomina del ******* a Provveditore interregionale, nell’intermediazione del ******* ******* per l’acquisto e la ristrutturazione di un immobile da parte del Provveditore, nella ricezione da parte del *******di soggiorni vacanze per terze persone finanziate dal medesimo imprenditore, nella ricezione da parte di entrambi i funzionari, dell’utilità costituita dal conferimento all’avv. Cerruti, da parte della BTP di *******, di un incarico di assistenza legale, altre regalie minute e non etc.).
La sentenza penale dà, quindi, assodata, sotto il profilo dell’an (pag. 95), la presenza di un danno all’immagine della P.A. “conculcata da una vicenda che ha offuscato l’imparzialità di settori strategici dell’azione amministrativa oltre ad incidere su interessi economici rilevanti, la cui quantificazione è rimessa alla competenza del giudice civile ovvero contabile (art. 17 comma 30 ter d.l. n.78/2009 e art. 1 comma 1 sexies della L. n. 20/1994 ,come introdotto dall’art. 1 comma 62 L. 190/2012).
- Il Collegio, chiamato, in primo luogo, a verificare la sussistenza del danno all’immagine della pubblica amministrazione a carico degli odierni convenuti, rileva che tale danno, arrecando una lesione del decoro e del prestigio della pubblica amministrazione e determinando perdita di credibilità ed affidabilità presso i cittadini, pregiudica valori primari di rilievo costituzionale, quali la legalità dell’azione amministrativa, il buon andamento e l’imparzialità della amministrazione.
Esso venne inizialmente attratto alla competenza del giudice contabile dalla giurisprudenza (Cass. 5668/1997), quale danno a contenuto patrimoniale non necessariamente vincolato alla commissione di un reato ex art. 2059 c.c., e venne ritenuto ascrivibile alla categoria del danno esistenziale (Corte dei conti, SS.RR.10/QM/2003), economicamente valutabile per gli oneri finanziari necessari per correggere gli effetti distorsivi derivati dalla condotta illecita del dipendente.
A tale riguardo, la giurisprudenza, dopo averlo qualificato come danno-evento e non come danno-conseguenza, ha sostenuto, che non è necessario provare i costi effettivamente sostenuti per il ripristino di beni immateriali lesi, essendo sufficiente provare la sussistenza di un fatto intrinsecamente dannoso in quanto confliggente con interessi primari protetti in modo immediato dall’ordinamento giuridico (Corte conti, Sez. Umbria, n.20/1995, Sez. Lombardia, n. 1954/2002); in buon sostanza, la risarcibilità del pregiudizio all’immagine pubblica non può rapportarsi al ristoro della spesa che abbia inciso sul bilancio dell’ente, ma deve essere vista come lesione ideale, da quantificarsi secondo l’apprezzamento del giudice (Sez. Piemonte, n. 86/2013).
Ferme restando le caratteristiche dell’istituto, il danno all’immagine venne poi normativamente configurato, con esclusivo riferimento a specifiche figure di reato, soltanto con l’art. 17, comma 30 ter, DL 78/2009, conv. in L. 102/2009 e poi modificato con DL 103/2009, conv. con L. 141/2009.
In base a tali norme, il pregiudizio all’immagine della pubblica amministrazione si realizza soltanto a seguito della commissione di reati del pubblico ufficiale contro la pubblica amministrazione, per i quali sia intervenuta una sentenza irrevocabile di condanna, che costituisce il presupposto indefettibile per l’esercizio dell’azione.
Successivamente, l’art.1 c. 62 della legge. 6 novembre 2012 n. 190 (disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e della illegalità nella pubblica amministrazione) ha aggiunto il comma 1 – sexies all’art. 1 della legge 14 gennaio 1994 n. 20, secondo cui l’entità del danno all’immagine “si presume pari al doppio della somma di denaro o del valore patrimoniale di altra utilità illecitamente percepita dal dipendente”.
Per ultimo, il Codice di giustizia contabile (D.lgs. 26 agosto 2016 n. 174), intervenuto nelle more del presente giudizio, con l’art.4, lett. g) delle norme transitorie, ha abrogato l’art. 7 della legge 97/2001 che, in combinato disposto con l’art.17, comma 30 ter del DL 78/2009, conv. in L. 102/2009, limitava la configurabilità del danno all’immagine ai soli delitti del pubblico ufficiale contro la pubblica amministrazione (libro secondo, titolo II, capo I del codice penale), con la conseguenza della possibilità di perseguire il danno all’immagine anche per reati previsti in altri titoli del codice penale, purché in pregiudizio della pubblica amministrazione.
Costituiscono, pertanto, presupposti necessari per l’esercizio dell’azione una sentenza di condanna passata in giudicato per un reato del pubblico ufficiale commesso in pregiudizio della pubblica amministrazione nonché, in base a pacifica giurisprudenza contabile, anche il clamore mediatico (clamor fori) derivante dalla condotta illecita del soggetto agente, che rappresenta il modo attraverso il quale viene realizzato il nocumento alla reputazione dell’ente pubblico per effetto della condotta illecita del proprio dipendente.
Sul punto non coglie quindi nel segno quanto sostenuto dalla difesa secondo cui il clamore mediatico sarebbe stata la conseguenza della pubblicità data ai provvedimenti cautelari emessi nel lontano 2010 nell’intento di ridimensionare il ruolo svolto dai convenuti nelle complesse vicende corruttive accertate in via definitiva dal giudice penale da cui è derivato un gravissimo danno all’immagine della P.A..
La sussistenza di gravi, precisi e concordanti elementi probatori in merito ai fatti dolosi contestati ai convenuti, consentono al Collegio di potere affermare, con certezza, la sussistenza delle condotte illecite ascritte ai medesimi, idonee ad avere determinato un danno all’immagine della pubblica amministrazione perseguibile dinnanzi alla Corte dei conti.
- Considerato che risulta incontestabile che il *******e il ******* abbiano commesso i delitti contestati in sede penale, il Collegio deve procedere a verificare se le condotte dei convenuti siano state foriere, e in quale misura, di danno all’immagine della pubblica amministrazione.
Il Collegio, in adesione alla pacifica giurisprudenza contabile, rileva che la dif *******one della notizia (clamor fori) costituisca il modo attraverso il quale viene realizzato il nocumento alla reputazione e alla onorabilità dell’ente pubblico, per effetto dell’illecito perpetrato dal proprio dipendente, e che di tale dif *******one debba dare prova l’attore pubblico. Nella fattispecie emerge con evidenza il clamore derivato dai fatti in questione, oggetto di ampia propalazione mediatica per la loro gravità e durata, come da rassegna stampa in atti prodotta dal pubblico attore, da cui emerge l’ampia risonanza che la vicenda ha avuto, occupando parecchi spazi sui principali organi di informazione che hanno ripetutamente descritto le condotte delittuose commesse dai convenuti, mettendone in evidenza gli aspetti più gravi e disdicevoli, tali da ingenerare ricadute negative sulla valutazione dell’opinione pubblica in ordine all’affidabilità del settore strategico degli appalti pubblici curati dall’Amministrazione di appartenenza( Presidenza del Consiglio dei Ministri, Consiglio Superiore dei Lavori pubblici, Provveditorato alle Opere Pubbliche).
- Il danno all’immagine deve ritenersi, pertanto, evidente, concretizzandosi esso ogniqualvolta un soggetto, legato da rapporto di servizio, ponga in essere un comportamento criminoso e sfrutti la posizione ricoperta per il perseguimento di scopi personali utilitaristici e non per il raggiungimento di interessi pubblici generali, così minando la fiducia dei cittadini nella correttezza dell’azione amministrativa, con ricadute negative nell’organizzazione amministrativa e nella gestione dei servizi in favore della collettività (Corte conti sez. Veneto n. 29/2017).
Nel caso in specie, emblematico di un formidabile disprezzo dei valori fondanti il rapporto di impiego pubblico, non può, infatti, ragionevolmente dubitarsi che la pubblica amministrazione statale abbia visto ridursi il proprio prestigio e la propria reputazione per i gravissimi comportamenti posti in essere dai propri dipendenti.
- Rilevata la sussistenza del danno all’immagine, il Collegio, in relazione alla sua concreta quantificazione, osserva che l’intervenuta lesione dell’immagine pubblica, anche se non comporta una diminuzione patrimoniale diretta, è tuttavia suscettibile di una valutazione patrimoniale, da effettuarsi equitativamente, ex art. 1226 c.c., sulla base dei parametri soggettivo, oggettivo e sociale, come peraltro prospettato dallo stesso Procuratore regionale, cui incombe, ai sensi dell’art. 2697 c.c., l’onere di fornire congrui parametri per la quantificazione del danno.
Al riguardo, il Procuratore regionale, pur avendo richiamato il criterio introdotto dalla normativa anticorruzione, ha ritenuto che il danno possa essere egualmente quantificato in via equitativa, tenendo conto della gravità del reato e del suo disvalore sociale, della dif *******one mediatica, della funzione rivestita dai soggetti agenti, superando, come parametro ultimo di riferimento, il criterio legale che fissa nel doppio della utilità conseguita l’ammontare del risarcimento, ai sensi dell’art.1, comma 62, della legge 190/2012.
- Il Collegio, nel condividere tale metodologia di quantificazione del pregiudizio ritiene di fare riferimento a tutti gli elementi agevolmente desumibili dagli atti processuali e ai criteri elaborati dalla consolidata giurisprudenza contabile.
In primo luogo, va considerata la gravità del comportamento illecito tenuto dai pubblici dipendenti, l’entità del suo scostamento rispetto ai canoni ai quali essi avrebbero dovuto obbligatoriamente ispirarsi, nonché l’idoneità del fatto ad arrecare il pregiudizio reputazionale.
Tali elementi, nel caso di specie, assumono una valenza elevatissima, tenuto conto non solo della natura del grave delitto (corruzione) per il quale i convenuti sono stati condannati e della durata della condotta stessa, risalente ben oltre il termine di circa tre anni in cui si collocano gli eventi delittuosi e durante tutto il periodo di svolgimento delle funzioni, ma anche del contesto in cui si è manifestata l’attività criminosa complessiva, che ha visto il *******e il ******* partecipi attivi di un sistema corruttivo diffuso, che ha investito e condizionato le procedure di realizzazione di eventi pubblici di rilievo strategico nazionale e per i quali lo Stato interveniva con ingenti risorse finanziarie.
Detta prospettazione non appare scalfita dalle asserzioni difensive tese a ridimensionare e sminuire il ruolo del convenuto ******* nella vicenda de qua, limitando il danno alle residue utilità di natura economica pure accertate in sede penale (Rolex, lavori di ristrutturazione, nomina a procuratore), trascurando del tutto il fatto che “la contestazione correli il patto corruttivo ad un’unica “messa a disposizione “ delle proprie funzioni, come riconosciuto dal giudice della legittimità in sede di verifica dei provvedimenti cautelari, a vantaggio del privato corruttore, dell’insieme delle funzioni pubbliche di cui potevano disporre i funzionari corrotti” (pag. 21-22 sentenza di I grado).
Come si legge nella sentenza penale, nella parte conclusiva intitolata “utilità”, dall’imputazione e dall’istruttoria dibattimentale sono emersi i seguenti punti:
– ricezione da parte del ******* di utilità consistente in un orologio del valore di alcune migliaia di euro;
– ricezione di utilità consistita nella nomina di ******* a Provveditore Interregionale per le Opere Pubbliche per la Toscana, l’Umbria e le Marche;
– ricezione da parte di *******e ******* di utilità costituite dal conferimento da parte della BTP all’avv. Cerruti dell’incarico di assistenza legale nella vicenda del lodo arbitrale dei lavori della scuola marescialli di Firenze;
– ricezione, da parte di *******, di utilità costituite dall’intermediazione ad opera del ******* ******* nell’acquisto e ristrutturazione di un immobile all’Argentario;
– ricezione da parte di *******di soggiorni vacanze per terze persone finanziate da ******* *******.
In ogni caso, le utilità oggetto della dazione o della promessa non vanno circoscritte alle utilità di natura patrimoniale, ma comprendono tutti quei vantaggi sociali le cui ricadute patrimoniali siano dirette e indirette (Cass. Sez.I n.24656 del 18.6.2010).
Tale nozione allargata di utilità appare confacente, nel contesto esaminato, in cui l’atteggiarsi delle relazioni tra privati e corruttori e pubblici ufficiali è prospettato, dall’accusa, non come una puntuale erogazione del beneficio esaurentesi in una sola dazione, ma piuttosto come rapporto connotato da una sequenza di attività consistenti, a seconda delle opportunità, ora in un dare (orologio) ora in un fare (raccomandazione per l’ottenimento della nomina a Provveditore alle opere pubbliche e la nomina da parte del privato di legale di gradimento dei pubblici funzionari per il perseguimento di fini contrari a quelli perseguiti dall’Amministrazione nel giudizio arbitrale; impegni per la futura assegnazione degli appalti di rilevanza economica e strategica).
L’accusa, nei termini formulati, richiede, quindi, una lettura complessiva e non atomistica, di quei comportamenti del privato e dei pubblici ufficiali costituenti il prezzo della funzione amministrativa compromessa. Le utilità stesse possono consistere anche in benefici capaci di avvantaggiare entrambe le parti del patto corruttivo. In definitiva, i convenuti sono responsabili di avere asservito la funzione pubblica alla complessiva protezione degli interessi del privato conseguito in forza delle utilità ricevute o promesse. Le condotte tenute dai convenuti sono state caratterizzate dalla totale mancanza della considerazione degli interessi dell’Amministrazione a vantaggio di un precostituito intento di favorire i corruttori. Ciò è dimostrato dalla pluralità di obiettivi strategici che si sono intrecciati e l’iter criminoso protrattosi per quasi tre anni nel tempo comprensivo di una pluralità svariati di interventi, tra cui assumono una valenza paradigmatica, l’obiettivo dell’affidamento all’impresa del ******* di appalti nell’ambito dei grandi eventi del 150 Anniversario dell’Unità d’Italia e la riassegnazione dei lavori alla stessa BTP della scuola marescialli di Firenze.
Sulla scorta di tali elementi, il Collegio ritiene equo ridurre la pretesa attorea, trattandosi di danno che, anche se non comporta una diminuzione patrimoniale diretta, è economicamente valutabile risolvendosi in un onere finanziario che si ripercuote sull’intera collettività, dando luogo ad una scorretta utilizzazione delle risorse pubbliche e a costi aggiuntivi per correggere effetti distorsivi che, sull’organizzazione della pubblica amministrazione, si riflettono in termini di minore credibilità e prestigio e di diminuzione di potenzialità operativa.
Un sicuro ancoraggio per l’operazione di quantificazione del danno all’immagine è offerto dalla valutazione effettuata dall’Avvocatura dello Stato con riferimento al risarcimento da richiedere ai soggetti privati concorrenti nelle vicende di corruttela, fissato nella misura di euro 1.000.000 (un milione); pertanto, tenuto conto della importanza del ruolo rivestito dai convenuti rispetto agli interessi pubblici compromessi dalle loro condotte accertate definitivamente dal giudice penale, si reputa equo ridurre l’ammontare richiesto ad euro 2.500.000 (due milioni e mezzo), dovendosi respingere il tentativo della difesa di circoscrivere il danno alle sole residue somme o utilità complessivamente percepite dal convenuto nel tempo, prevalendo la tutela delle esigenze di credibilità e di affidamento che la comunità ripone nelle istituzioni preposte al settore di attività considerato.
Tanto premesso, con riferimento alla posta di danno contestata (danno all’immagine della p.a.), deve essere disposta la condanna dei convenuti al pagamento, in solido, della somma complessiva di €. 2.500.000 (duemilionicinquecentomila/00 euro) da ritenersi comprensiva della rivalutazione monetaria, a favore dello Stato – Ministero delle Infrastrutture e Trasporti, da cui dipendevano, i convenuti.
Detta somma va, tuttavia, aumentata degli interessi legali dalla data del deposito della sentenza sino all’effettivo soddisfo.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano, in favore dello Stato, come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dei Conti Sezione Giurisdizionale regionale per il Lazio definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza ed eccezione reiette
DICHIARA
la contumacia del dott. ******* Balducci;
ACCOGLIE
la domanda e, per l’effetto, condanna ******* ******* e ******* ******* al pagamento, in solido, in favore dello Stato – Ministero delle Infrastrutture e Trasporti, della somma complessiva di €uro 2.500.000 (duemilionicinquecentomila/00 euro) comprensiva di rivalutazione monetaria, aumentata degli interessi legali, decorrenti dalla data del deposito della presente sentenza e sino all’effettivo soddisfo.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano complessivamente in €.727,94 (settecentoventisette/94).
Manda alla Segreteria per gli adempimenti conseguenti.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio dell’11 gennaio 2018
L’estensore Il Presidente
F.to Anna Bombino F.to Piera Maggi