Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 30 marzo 2015, n. 6376. La banca ha l’obbligo di fornire al cliente le informazioni sul rischio dell’investimento, fornendo motivazione specifica sulle ragioni che lo sconsigliano.

investimenti bancariPrima dell’acquisto delle obbligazioni argentine e sottoscrivere il fondo comune, la banca è tenuta all’obbligo della “profilaturadel cliente, relative alle informazioni necessarie a ricostruire il profilo di rischio dell’investitore per orientare il cliente, conoscendo la sua non giovane età, la sua professione di autotrasportatore, i pregressi rapporti bancari intrattenuti con la stessa banca. Non può considerarsi soddisfatto tale obbligo, solo perché nel contratto, la casella relativa al diniego di informazioni da parte dell’investitore recava il contrassegno, in quanto  occorre che la banca fornisca una motivazione specifica delle ragioni che sconsigliano l’investimento, cui deve seguire la eventuale richiesta scritta del cliente di dare ugualmente corso all’operazione.

testo integraleCorte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 15 gennaio – 30 marzo 2015, n. 6376
Presidente Forte – Relatore Dogliotti

Svolgimento del processo

M.L. conveniva in giudizio la San Paolo Imi spa, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni, relativi all’acquisto di obbligazioni argentine e quote del Fondo San Paolo, sulla base rispettivamente di un contratto di negoziazione di valori mobiliari e di uno di gestione di portafogli di investimento.
Costituitosi il contraddittorio, la banca chiedeva il rigetto della domanda.
Con sentenza in data 21/03/2005, il Tribunale di Torino rigettava la domanda.
Proponeva appello l’attore. Costituitosi il contraddittorio, la banca ne chiedeva il rigetto. La Corte di Appello di Torino con sentenza 12/10/2007, in riforma, condannava Intesa San Paolo S.p.A. successore, al pagamento in favore del M. della somma di Euro 45.843,50.
Ricorre per cassazione la banca.
Resiste, con controricorso, il M. che pure deposita memoria per l’udienza.

Motivi della decisione

Con il primo motivo, il ricorrente lamenta vizio di motivazione, con il secondo, violazione degli artt. 2730, 2732 c.c., 116 c.p.c., là dove la sentenza impugnata avrebbe negato rilevanza probatoria alle dichiarazioni del M. contenuta nella documentazione contrattuale che egli ha sottoscritto, in ordine alla informativa ricevuta sui rischi e l’adeguatezza degli investimenti.
Con il terzo, violazione degli artt. 2697, 2730, 2732 c.c., 23 Dlgs 58/98 e 28, 29 Reg. Consob 11522/98, nonché dell’art. 116 cpc, non avendo provato la banca il suo adempimento ai necessari “obblighi comportamentali” di cui agli artt. 28 e 29 del predetto regolamento.
Con il quarto, vizio di motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui essa nega che tra la Banca ed il cliente vi fosse stata interazione nella fase anteriore alla sottoscrizione degli investimenti, in contrasto con l’istruttoria espletata.
Con il quinto, vizio di motivazione, in relazione alla produzione in giudizio di una indagine Consob del 2004, in grado di appello, in violazione dell’art. 345 c.p.c.; con il sesto, violazione degli artt. 345 e 352 cpc, in relazione alla asserita inadeguatezza della condotta negoziale della Banca, sulla base della predetta documentazione tardivamente prodotta.
Com’è noto, e come correttamente ricorda il giudice a quo, l’art. 21 T.U.F. stabilisce che i soggetti abilitati alla prestazione dei servizi di investimento ed accessori debbono comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza ed acquisire le informazioni necessarie dai clienti, operando in modo che essi siano sempre adeguatamente informati. L’art. 28 Reg. Consob 11522/98 prevede che l’intermediario, prima della stipulazione del contratto di gestione e dell’inizio delle prestazioni dei servizi di investimento, debba chiedere all’investitore notizie circa la sua esperienza in materia di investimenti in strumenti finanziari, la sua situazione finanziaria, i suoi obbiettivi di investimento, la sua propensione al rischio; essi devono tener conto delle predette informazioni ma pure di ogni altra informazione disponibile.
Il successivo art. 29 precisa che gli intermediari devono addirittura astenersi dall’effettuare operazioni non adeguate per tipologia, oggetto, dimensioni e frequenza; essi tengono conto delle informazioni di cui all’art. 28 e di ogni altra informazione disponibile in relazione ai servizi prestati; ove ricevano da un investitore disposizioni relative ad un’operazione “non adeguata”, lo informano di tale circostanza e delle ragioni per cui non è opportuno procedere alla sua esecuzione; possono eseguire l’operazione solo se l’investitore insista, a mezzo di un ordine impartito per iscritto, in cui sia fatto esplicito riferimento alle avvertenze ricevute.
Precisa il giudice a quo, con motivazione adeguata e non illogica, che la banca convenuta non ha adempiuto all’obbligo della “profilatura” del cliente, prima di fargli acquistare le obbligazioni argentine e sottoscrivere il fondo comune San Paolo, mancando la prova che l’intermediario abbia raccolto e valutato le informazioni necessarie a ricostruire il profilo di rischio dell’investitore. È appena il caso di rilevare che non poteva considerarsi soddisfatto tale obbligo, solo perché nel contratto, la casella relativa al diniego di informazioni da parte dell’investitore recava il contrassegno, in quanto il documento continua la sentenza impugnata – era stato stipulato quattro anni prima degli investimenti, era dunque privo della necessaria attualità, e del tutto inidoneo a soddisfare il precetto delle norme suindicate.
Continua la Corte di merito, affermando che la banca si era limitata a prendere atto delle mancate informazioni del cliente, indicando quindi l’operazione richiesta, come non adeguata.
I Per giurisprudenza ampiamente consolidatavi (tra le altre, Cass. n. 15224 del 2014), delle informazioni provenienti dal cliente, ai sensi dell’art. 28 Reg. Consob non legittima alcun automatismo nella valutazione dell’operazione richiesta così come non è sufficiente una mera dicitura di “operazione non adeguata”, senza una motivazione specifica delle ragioni che sconsigliano l’investimento, cui deve seguire la richiesta scritta del cliente di dare ugualmente corso all’operazione.
La Banca, del resto, avrebbe avuto a sua disposizione elementi sufficienti di giudizio per orientare il cliente, conoscendo la sua non giovane età, la sua professione di autotrasportatore, i pregressi rapporti bancari intrattenuti con la stessa banca.
Il riferimento ad una indagine Consob sull’istituto San Paolo, prodotto tardivamente, che a dire del ricorrente, evidenzierebbe generiche carenze organizzative della banca sulla “profilatura” dei clienti nulla potrebbe aggiungere alla prova specifica, del tutto adeguata, come chiarisce la Corte di merito, circa gli inadempimenti contrattuali della banca con riferimento al caso in esame.
Non appare, all’evidenza, al giudice a quo particolarmente significativa l’istruttoria testimoniale espletata. Lo stesso ricorrente, riportando stralci delle deposizioni testimoniali, finisce per evidenziare (così in particolare la deposizione della teste C. ) che ci si riferiva soprattutto a comportamenti generali, raramente correlati al rapporto con il M. .
Vanno dunque, per quanto osservato, dichiarati infondati i motivi e, conclusivamente, rigettato il ricorso.
Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali che determina in Euro 4.000,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi oltre spese forfettarie ed accessori di legge.

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