Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 5 marzo 2015, n. 4477. Cassazione e CEDU: decreto di esproprio annullato, restituzione del bene o risarcimento danni.

Alla luce della costante giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo, quando il decreto di esproprio non sia stato emesso o sia stato annullato, l’occupazione e la manipolazione del bene immobile di un privato da parte dell’Amministrazione si configurano, indipendentemente dalla sussistenza o meno di una dichiarazione di espropriazionepubblica utilità, come un illecito di diritto comune, che determina non il trasferimento della proprietà in capo all’Amministrazione, ma la responsabilità di questa per i danni. Il privato ha diritto a chiederne la restituzione salvo che non decida di abdicare al suo diritto e chiedere il risarcimento del danno.

testo integraleCorte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 5 marzo 2015, n. 4477
Presidente Salvago – Relatore Di Amato

Ritenuto in fatto e in diritto

– che, con sentenza del 27 febbraio 2008, la Corte di appello di Palermo confermava, salvo che per le spese che compensava, la sentenza in data 26 maggio 2005 con cui il Tribunale di Trapani aveva rigettato la domanda proposta da D.G. , nei confronti del Comune di Calatafimi e dei componenti della giunta municipale, ed intesa ad ottenere il risarcimento dei danni per l’irreversibile trasformazione di un terreno di sua proprietà, occupato il 19 gennaio 1972 in forza di decreto prefettizio del 22 dicembre 1970, per l’esecuzione dei lavori di sistemazione della via (omissis) , senza tuttavia che fosse emesso il decreto di esproprio. In particolare, la Corte territoriale osservava che: 1) non si poteva attribuire valore di rinuncia alla prescrizione alla delibera in data 31 gennaio 1983 con cui il Consiglio comunale di Calatafimi aveva riapprovato i lavori, ai fini della dichiarazione di pubblica utilità, ed aveva incaricato il sindaco “di perfezionare gli atti espropriativi e le occupazioni d’urgenza…, provvedendo alla determinazione e all’offerta ai proprietari espropriati dell’indennità di esproprio”; nella specie, infatti, la delibera era un mero atto interno, destinato soltanto al sindaco, e non era stata seguita da provvedimenti a rilevanza esterna quali l’offerta o il deposito di somme a titolo d’indennizzo;
– che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione D.G. , deducendo: 1) la violazione degli artt. 4 e 81 della legge della Regione Siciliana nonché il vizio di motivazione poiché la delibera del Comune di Calatafimi non poteva considerarsi atto interno in quanto diventata esecutiva a seguito del vaglio di legittimità da parte del Comitato provinciale di controllo ed in quanto conteneva la dichiarazione di pubblica utilità dei lavori; 2) il vizio di motivazione laddove la sentenza aveva affermato che la prescrizione era già compiuta alla data del 31 gennaio 1983; infatti, l’illecito in questione aveva natura di occupazione usurpativa e carattere permanente con la conseguenza che il termine di prescrizione poteva decorrere soltanto dalla data in cui il proprietario aveva chiesto l’integrale risarcimento del danno, abdicando al suo diritto di proprietà; 3) la violazione della disciplina in tema di prescrizione ed il vizio di motivazione poiché erroneamente la prescrizione era stata fatta decorrere dal primo atto della procedura espropriativa, rimasta incompiuta, e non dal giorno della percezione della irreversibile trasformazione; 4) la violazione della disciplina in tema di prescrizione ed il vizio di motivazione poiché la Corte di appello, nel ritenere maturata la prescrizione, non aveva precisato se il termine di prescrizione applicabile era quello quinquennale o quello decennale;
– che il secondo motivo, da esaminare per primo per ragioni logiche, è fondato; questa Corte a sezioni unite, con decisione adottata il 21 ottobre 2014 e pubblicata il 19 gennaio 2015 col n. 735, ha infatti affermato che alla luce della costante giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo, quando il decreto di esproprio non sia stato emesso o sia stato annullato, l’occupazione e la manipolazione del bene immobile di un privato da parte dell’Amministrazione si configurano, indipendentemente dalla sussistenza o meno di una dichiarazione di pubblica utilità, come un illecito di diritto comune, che determina non il trasferimento della proprietà in capo all’Amministrazione, ma la responsabilità di questa per i danni. La sentenza impugnata deve essere, pertanto cassata in relazione all’accoglimento del motivo in esame, con rinvio alla Corte di appello di Palermo che dovrà attenersi al seguente principio di diritto: “l’illecito spossessamento del privato da parte della p.a. e l’irreversibile trasformazione del suo terreno per la costruzione di un’opera pubblica non danno luogo, anche quando vi sia stata dichiarazione di pubblica utilità, all’acquisto dell’area da parte dell’Amministrazione ed il privato ha diritto a chiederne la restituzione salvo che non decida di abdicare al suo diritto e chiedere il risarcimento del danno. Il privato, inoltre, ha diritto al risarcimento dei danni per il periodo, non coperto dall’eventuale occupazione legittima, durante il quale ha subito la perdita delle utilità ricavabili dal terreno e ciò sino al momento della restituzione ovvero sino al momento in cui ha chiesto il risarcimento del danno per equivalente, abdicando alla proprietà del terreno. Ne consegue che la prescrizione quinquennale del diritto al risarcimento dei danni decorre dalle singole annualità, quanto al danno per la perdita del godimento, e dalla data della domanda, quanto alla reintegrazione per equivalente”;
– che gli altri motivi restano assorbiti.

P.Q.M.

accoglie il secondo motivo di ricorso e dichiara gli altri assorbiti; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di appello di Palermo in diversa composizione

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