Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 19 marzo 2015, n. 5561. I vincoli espropriativi e la perdita del bene abilitano l’acquirente alla garanzia per evizione.

Le prescrizioni del piano regolatore hanno valore di prescrizioni di ordine generale di contenuto normativo, come tali assistite da una presunzione legale di conoscenza da parte dei destinatari. I vincoli da essi imposti, pertanto, non possono qualificarsi come oneri non apparenti gravanti sull’immobile secondo la previsione dell’art. 1489 c.c. e non sono, conseguentemente, invocabili dal compratore come fonte di responsabilità del venditore che non li abbia dichiarati nel contratto.L’esistenza di un vincolo di espropriazioneespropriazione per pubblica utilità e la successiva perdita, totale o parziale, del bene per effetto del procedimento ablativo, devono essere ricondotte non già nell’ambito della disciplina di cui all’art. 1489 c.c. (vizi della cosa), bensì della garanzia per evizione totale o parziale della cosa venduta, ai sensi degli artt. 1483 e 1484 c.c., che si verifica quando l’acquirente sia privato in tutto o in parte dei bene alienato.

testo integrale

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 14 gennaio – 19 marzo 2015, n. 5561
Presidente Piccialli – Relatore Matera

Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato P8-4-1998 A.L. conveniva in giudizio T.B. , affermando che con atto pubblico del 5-6-1995 quest’ultima gli aveva alienato un’abitazione unifamiliare con terreno circostante in (omissis) ; che in data 11-3-1997 il Sindaco di Isola delle Femmine aveva sottoposto ad occupazione temporanea una parte del terreno, in esecuzione di un piano di esproprio scaturente dal P.R.G.; che, inoltre, l’attore aveva appreso che la costruzione era stata realizzata in assenza di autorizzazione da parte delle Ferrovie dello Stato e che su parte di esso esisteva una regia trazzera (particella 205). Tanto premesso, l’A. chiedeva la condanna della convenuta alla riduzione del prezzo ed al risarcimento dei danni.
Nel costituirsi, la Beatrice contestava la fondatezza della domanda e ne chiedeva il rigetto.
Con sentenza in data 28-1-2002 il Tribunale di Palermo, accertato che il prezzo corrisposto dall’attore era di lire 375.000.000, riduceva lo stesso a lire 225.000.000, condannando la convenuta a restituire la somma di Euro 77.469,00, oltre interessi legali dal 4-11-1997 al saldo.
Avverso la predetta decisione proponeva appello la convenuta.
Con sentenza in data 13-5-2011 la Corte di Appello di Palermo, in parziale riforma della sentenza di primo grado, rideterminava la somma dovuta dall’appellante all’appellata in Euro 40.695,69, oltre interessi legali dal 4-11-1997.
La Corte territoriale, per quanto interessa in questa sede, nel dare atto che il vincolo espropriativo, che riguardava mq. 86 di terreno venduto, era stato imposto dal PRG con decreto assessoriale n. 83/77, rilevava che nella specie, vertendosi in tema di evizione parziale, trovava applicazione l’art. 1484 c.c. e non l’art. 1489 c.c. invocato dall’appellante; con la conseguenza che la responsabilità del venditore non era esclusa dal fatto che al compratore fosse nota l’esistenza del vincolo imposto dal P.R.G., in quanto gli effetti della garanzia per evizione si producono per il solo fatto obiettivo della perdita del diritto acquistato. Secondo il giudice del gravame, al contrario, nessuna responsabilità poteva essere riconosciuta in capo alla venditrice per non aver dichiarato il vincolo di inedificabilità derivante dal DPR 753/80, trattandosi di vincolo che, essendo imposto da una legge, ha efficacia erga omnes e costituisce oggetto di presunzione legale di conoscenza. Di conseguenza, nell’escludere che in relazione a tale ultimo vincolo all’acquirente potesse spettare alcuna riduzione di prezzo, la Corte di Appello rideterminava la riduzione di prezzo per l’evizione di mq. 86 in Euro 51.645,69 e, decurtata da tale somma l’indennità di Euro 10.950,00 riconosciuta all’A. , fissava in Euro 40.695,69 l’importo che l’appellante era tenuta a restituire all’attore.
Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso T.B. , sulla base di tre motivi.
A.L. non ha svolto attività difensive.

Motivi della decisione

1) Con il primo motivo la ricorrente lamenta l’insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto controverso, nonché la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e 1363 c.c.. Sostiene che la Corte di Appello, ove avesse attribuito il dovuto rilievo al dato letterale del contratto di compravendita e all’intenzione dei contraenti, avrebbe dovuto ritenere che l’oggetto principale della compravendita era “l’abitazione unifamiliare”, mentre il terreno circostante costituiva pertinenza del fabbricato, per il quale le parti avevano previsto la vendita a corpo. Da tanto, secondo la ricorrente, il giudice del gravame avrebbe dovuto trarre la conclusione della irrilevanza dell’estensione del fondo pertinenziale in conseguenza dell’azione espropriativa, che non avrebbe potuto influire sul corrispettivo, in quanto nella vendita a corpo il prezzo pattuito è determinato con riguardo all’immobile nella sua entità globale, indipendentemente dalle effettive dimensioni.
Con il secondo motivo la T. denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1489 e 1484 c.c., nonché l’insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto controverso. Deduce che la Corte di Appello ha erroneamente inquadrato la fattispecie nell’ambito dell’art. 1484 c.c. in luogo dell’art. 1489 c.c., non avendo considerato che la vicenda ablativa trovava la sua fonte nelle disposizioni del P.R.G., le cui prescrizioni sono assistite da una presunzione legale di conoscenza da parte dei destinatari e non sono, conseguentemente, invocabili dal compratore come fonte di responsabilità del venditore.
Con il terzo motivo la ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione degli artt. 1489, 1483 e 1484 c.c., nonché della insufficiente e contraddittoria motivazione, in relazione al capo inerente alla riduzione di prezzo riconosciuta all’acquirente. Deduce che la Corte di Appello, accogliendo acriticamente le risultanze della consulenza tecnica d’ufficio, ha calcolato la riduzione di prezzo in misura pari al 55% del valore complessivo dell’immobile, senza considerare che l’espropriazione ha riguardato solamente una porzione di 86 mq. di terreno pertinenziale (esteso complessivamente 1.210 mq.), senza alcuna refluenza sul fabbricato, che è rimasto perfettamente utilizzabile.
2) Il secondo motivo, da esaminarsi in via prioritaria per ragioni di ordine logico-giuridico, è privo di fondamento.
È vero che le prescrizioni del piano regolatore generale, una volta approvate e pubblicate nelle forme previste, hanno valore di prescrizioni di ordine generale di contenuto normativo, come tali assistite da una presunzione legale di conoscenza da parte dei destinatari. I vincoli da essi imposti, pertanto, non possono qualificarsi come oneri non apparenti gravanti sull’immobile secondo la previsione dell’art. 1489 c.c. e non sono, conseguentemente, invocabili dal compratore come fonte di responsabilità del venditore che non li abbia dichiarati nel contratto (Cass. 19-1-2001 n. 793; Cass. 16-9-2004 n. 18653; Cass. 2-3-2007 n. 4971).
Contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, tuttavia, la Corte di Appello ha correttamente ritenuto che l’esistenza di un vincolo di espropriazione per pubblica utilità e la successiva perdita, totale o parziale, del bene per effetto del procedimento ablativo, debbano essere ricondotte non già nell’ambito della disciplina di cui all’art. 1489 c.c., bensì della garanzia per evizione totale o parziale della cosa venduta, ai sensi degli artt. 1483 e 1484 c.c..
Si rammenta, al riguardo, che l’evizione totale o parziale si verifica quando l’acquirente sia privato in tutto o in parte dei bene alienato, mentre se la privazione riguardi esclusivamente limitazioni inerenti il godimento del bene o imposizioni di oneri che lascino integra l’acquisizione patrimoniale, trova applicazione l’art. 1489 c.c., riguardante i vizi della cosa venduta (Cass. 24-6-2014 n. 14324; Cass. 25-4-2008 n. 240559).
Orbene, l’espropriazione non limita semplicemente il libero godimento della cosa venduta, ma incide radicalmente sull’esistenza stessa del diritto, privando l’acquirente, in tutto o in parte, della proprietà del bene.
La soluzione adottata dal giudice del gravame si pone in linea con l’orientamento di questa Corte, secondo cui può costituire evizione anche l’espropriazione per causa di pubblica utilità, costituendo la garanzia per evizione una particolare tutela che l’ordinamento attribuisce al compratore, per il caso in cui sia disturbato o menomato nel godimento del bene acquistato per effetto delle pretese fatte valere da terzi nei suoi confronti (Cass. 20-12-2013 n. 28580; Cass. 19-12-1991 n. 13681). Ricorre, pertanto, la garanzia per evizione nel caso in cui l’immobile venduto venga espropriato in esecuzione di un vincolo di piano regolatore particolareggiato preesistente al contratto ed avente incidenza specifica e reale sulla cosa venduta, perché tale vincolo incide sulla radice stessa del rapporto negoziale, limitando od escludendo il diritto trasmesso (Cass. 6-6-1977 n. 2323; Cass. 26-6-1987 n. 5639).
Né, come è stato evidenziato nelle sentenze da ultimo citate, ad impedire l’applicabilità di detta garanzia rileva il fatto che il vincolo derivante dalla esistenza del piano regolatore esecutivo fosse assistito da presunzione di conoscenza generale, in conseguenza dell’avvenuta pubblicazione del piano medesimo, perché la garanzia per evizione è indipendente dall’ignoranza del compratore circa l’esistenza della causa di evizione.
Gli effetti della garanzia per evizione, che sanziona l’inadempimento da parte del venditore dell’obbligazione di cui all’art. 1476 c.c., conseguono, infatti, al mero fatto obiettivo della perdita del diritto acquistato, indipendentemente dalla colpa del venditore e dalla stessa conoscenza da parte del compratore della possibile causa della futura evizione, in quanto detta perdita comporta l’alterazione del sinallagma contrattuale e la conseguente necessità di porvi rimedio con il ripristino della situazione economica del compratore quale era prima dell’acquisto (Cass. 18-10-2005 n. 20165).
Alla luce degli enunciati principi, pertanto, correttamente la Corte di merito ha ritenuto irrilevante la circostanza relativa alla conoscibilità, da parte dell’acquirente, del vincolo espropriativo imposto su parte dell’area compravenduta dal P.R.G. apporvato nel 1977, dovendosi attribuire rilievo, nell’ipotesi considerata, solo all’avvenuto intervento ablatorio, posto in essere sulla base di un vincolo preesistente alla vendita.
3) Il primo motivo difetta di autosufficienza, non contenendo l’integrale trascrizione delle clausole contrattuali relative alla determinazione del prezzo pattuito, dalle quali, secondo la ricorrente, dovrebbe derivare la riconducibilità della fattispecie negoziale concreta nello schema legale della vendita a corpo.
In ogni caso, si osserva che il motivo verte su una circostanza irrilevante.
La garanzia per evizione, infatti, costituisce una particolare tutela che l’ordinamento attribuisce al compratore, per il caso in cui sia disturbato o menomato nel godimento del bene acquistato per effetto delle pretese fatte valere da terzi nei suoi confronti Pertanto, la garanzia per evizione si estende a tutte le ipotesi di vendita, siano esse a misura o corpo (Cass. 20-12-2013 n. 28580).
4) Il terzo motivo appare, invece, fondato.
La Corte di Appello, dopo aver dato atto che nessuna riduzione di prezzo poteva riconoscersi in favore dell’A. in relazione al vincolo di inedificabilità derivante dal DPR 753/1980, trattandosi di vincolo che l’acquirente era tenuto a conoscere, ha invece ridotto, in relazione alla parziale evizione subita dall’acquirente per effetto della procedura espropriativa, di Euro 51.645,69 (lire 100.000.000) il prezzo pattuito, computando una percentuale di deprezzamento del 55%.
Il giudice del gravame, tuttavia, non ha indicato, in concreto, alcun elemento idoneo a giustificare l’attribuzione di un così elevato valore riduttivo ad una superficie di terreno di appena mq. 86, in rapporto al prezzo complessivamente pattuito per la vendita del fabbricato e del terreno circostante.
La valutazione espressa sul punto, pertanto, si rivela priva di un supporto motivazionale sufficiente e congruente sul piano logico.
5) In definitiva, i primi due motivi vanno rigettati, mentre il terzo risulta meritevole di accoglimento.
La sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio ad altra Sezione della Corte di Appello di Palermo, la quale procederà ad una nuova e motivata determinazione della riduzione del prezzo di vendita dovuta alla parziale evizione subita dall’acquirente, provvedendo anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte rigetta i primi due motivi di ricorso; accoglie il terzo motivo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia anche per le spese ad altra Sezione della Corte di Appello di Palermo.

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