Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 2 aprile 2015, n. 6786. L’impianto di condizionamento d’aria non può arrecare lesione della qualità della vita e della salute altrui.

condizionatoreIl divieto di immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, oltre la normale tollerabilità, mira alla tutela della proprietà nella sua pienezza, con riferimento alle multiformi esigenze di vita e di piena fruibilità del bene, alla qualità della vita e non dunque solo alla tutela della salute in quanto tale. Tuttavia è innegabile che comunque sussista una stretta connessione tra immissioni e diritto alla salute, in un’interpretazione della norma costituzionalmente orientata e generalmente accolta dalla giurisprudenza.

testo integraleCorte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 27 gennaio – 2 aprile 2015, n. 6786
Presidente Piccialli – Relatore Bursese

Svolgimento del processo

1 – Con atto di citazione notificato in data 20 luglio 2005, R.F. , RO.Fr. e C.C. evocavano in giudizio avanti al G.d.P. di Torino, la sas Gelateria TESTA di T.F. per sentirla condannare alla rimozione di due apparati di ventilazione, facenti parte dell’impianto di condizionamento d’aria della Gelateria convenuta, che erano stati fissati alla parete dello stabile, sotto il balcone dei loro appartamenti, senza la necessaria autorizzazione del condominio e che producevano rumori, molestie ed immissioni intollerabili ex art. 844 c.c., ledendo altresì il decoro architettonico del fabbricato condominiale.
Si costituiva la convenuta Gelateria TESTA di T.F. sas, negando la propria legittimazione passiva, in quanto l’attività della Gelateria in questione era gestita dall’impresa individuale di I.C. , che l’aveva rilevata in affitto da essa società convenuta, la quale continuava però a mantenere la qualità di conduttrice dei locali ove tale attività veniva esercitata.
Veniva quindi chiamata in giudizio la Gelateria Testa in persona del titolare I.C. , il quale costituendosi, negava ogni addebito, sostenendo che i motori di condizionamento in questione erano stati regolarmente installati sulla facciata del cortile condominale e che gli stessi apparecchi – che avevano sostituito i precedenti ed erano necessari per lo svolgimento della propria attività – non producevano alcun disturbo, né provocavano immissioni intollerabili per i residenti.
2- Previo espletamento dell’istruttoria, l’adito G.d.P. di Torino, con sentenza n. 7573/2006, previa declaratoria del difetto di legittimazione passiva della Gelateria TESTA di T.F. sas, in accoglimento della domanda attrice, ordinava l’immediata rimozione degli apparati di condizionamento d’aria in esame a cura della Gelateria TESTA di I.C. , rigettando però la domanda di risarcimento dei danni in quanto non provati. Per la riforma di tale sentenza proponeva appello I.C. e appello incidentale gli originari attori; quindi, l’adito Tribunale di Torino, con la decisione n. 1812/2008, depositata il 1 marzo 2008, accoglieva il gravame, rigettando altresì l’appello incidentale proposto dai R. e dalla C. .
3 – Il Tribunale qualificava la domanda come diretta a far cessare le immissioni intollerabili di cui all’art. 844 c.c., per cui riteneva del tutto irrilevanti i riferimenti – tanto della sentenza impugnata, quanto delle parti – alla sussistenza o meno di autorizzazioni o informative condominiali per il posizionamento dei ventilatori ovvero le questioni riguardanti la violazione del decoro architettonico dello stabile condominiale, ribadendo che dette questioni avrebbero potuto concernere “altro genere di vertenze”, ma non la presente in cui si contendeva unicamente nell’alveo di cui all’art. 844 c.c.. Il tribunale tuttavia escludeva la violazione di tale ultima norma, perché non era stata provata l’asserita intollerabilità delle immissioni, con riferimento ad una effettiva e concreta lesione del bene primario della salute, rilevando altresì che tali apparecchiature, erano necessarie per l’attività aziendale della convenuta; che erano in funzione solo per il periodo estivo e per qualche ora al giorno ed avevano sostituito infine il precedente impianto di condizionamento della vecchia gestione della gelateria. Di conseguenza, l’attività posta in essere dall’appellato doveva ritenersi legittima e quindi consentita, non sussistendovi i presupposti di cui all’art. 844 c.c..
4- Per la cassazione di tale sentenza ricorrono R.F. , RO.Fr. e C.C. sulla base di 3 mezzi; resiste con controricorso I.C. .

Motivi della decisione

1- Con il 1 motivo i ricorrenti, denunziando la violazione dell’art. 360 n. 5 c.p.c., deducono l’erronea interpretazione e qualificazione della domanda, che è stata immotivatamente limitata dal giudice all’alveo delle immissioni intollerabili di cui all’art. 844 c.c., mentre egli avrebbe dovuto valutare anche altri elementi rilevanti come: la violazione del decoro architettonico, la limitazione dell’uso della proprietà immobiliare e l’assenza di autorizzazione del condominio, elementi questi che rendevano ugualmente illecita l’installazione e l’uso dell’impianto di climatizzazione.
2 – Con il 3 motivo (che si ritiene di esaminare prima del 2) gli esponenti denunciano la violazione dell1 art. 112 c.p.c. deducendo l’omessa pronuncia sulle altre domande concernenti la violazione del decoro architettonico dell’edificio e l’omessa autorizzazione del condominio per l’installazione dell’impianto di condizionamento.
Le due doglianze congiuntamente esaminate in quanto strettamente connesse, sono entrambe fondate.
In effetti, è certamente ingiustificabile il rifiuto del giudice dell’impugnazione – privo di qualsivoglia motivazione – di conoscere gli altri non meno rilevanti punti della domanda come quelli concernenti la sussistenza o meno di autorizzazioni o informative condominiali per il posizionamento dei ventilatori ovvero le questioni riguardanti la violazione del decoro architettonico dello stabile condominiale. È priva in effetti di giuridico supporto l’affermazione secondo cui dette questioni avrebbero potuto concernere “altri generi di vertenze, ma non la presente ove appunto, si verte unicamente nell’alveo di previsione normativa ex art. 844 citato”.
In altre parole il giudicante riconosce che tali questioni sono state oggetto della domanda, ma ricusa di esaminarle, senza allegare alcun supporto giuridico a tale singolare affermazione, perché in ogni caso egli aveva l’obbligo – essendo competente – di prendere in esame tali capi della domanda, per respingerli o per accoglierli. Da ciò si configura la violazione dell’art. 112 c.p.c. come denunciato nella doglianza in esame.
3 – Tornando ai 2 motivo, con esso i ricorrenti, denunziando la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 844 c.c., lamentano che io stesso è stato interpretato dai giudice di merito in modo non corretto e comunque restrittivo, essendo limitato esclusivamente alla tutela della salute e non anche alla normale qualità della vita, li motivo è corredato da n. 2 quesiti di diritto (v. ricorso p. 37).
La doglianza è fondata per quanto di seguito precisato.
Recita l’art. 844 c.c.: “Il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi”. Tale norma dunque in linea di principio mira alla tutela della proprietà nella sua pienezza, con riferimento alle multiformi esigenze di vita e di piena fruibilità del bene e non dunque solo alla tutela della salute in quanto tale. Tuttavia è innegabile che comunque sussista una stretta connessione tra immissioni e diritto alla salute, in un’interpretazione della norma costituzionalmente orientata e generalmente accolta dalla giurisprudenza (v. Cass. n. 5564 dell’8.2.2010; Cass. n. 939 del 17.01.2011).
Il ricorso dev’essere dunque accolto; la sentenza dev’essere di conseguenza cassata, con rinvio della causa anche per le spese processuali, al Tribunale di Torino in persona di diverso magistrato.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa anche per le spese processuali, al Tribunale di Torino in persona di diverso magistrato.

 

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