Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 15 settembre 2015, n. 37097. Il rumore e il disturbo possono essere accertati dal Giudice penale con mezzi di prova dichiarativa.

Il superamento dei limiti differenziali del rumore (schiamazzi o rumori, pro­venienti dal rumore dei compressori di aria condizionata, nonché dal volume del­la musica assordante), quando ne derivi la concreta idoneità a disturbare un numero indeterminato di persone, rende l’attività che li produce comunque penalmente rilevante, registrandosi una diversità di vedute solo in ordine alla fattispecie applicabile (il primo o il secondo comma del medesimo art. 659, cod. pen.).discoteca La sussistenza del reato in questione può essere dimostrata con qualunque mezzo di prova, anche di fonte dichiarativa, non essendo coerente con il principio di atipicità della prova e del libero convin­cimento del Giudice penale il ricorso esclusivo ad accertamenti di natura tecnica.

testo integrale

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 5 giugno – 15 settembre 2015, n. 37097 Presidente Squassoni – Relatore Aceto

Ritenuto in fatto

1. Il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di appello di Campobasso ricorre per l’annullamento della sentenza dei 01/02/2014 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Larino che, richiesto di emettere decreto penale nei confronti della sig.ra C.Z.V. per il reato di cui all’art. 659, cod. pen., ha assolto l’imputata perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato.
Con unico motivo eccepisce, ai sensi dell’art. 606, lett. b), cod. proc. pen., l’erronea applicazione dell’art. 659, cod. pen., e deduce che il Giudice, avendo rilevato la carenza di riscontri istruttori circa la sussistenza dell’ipotesi di cui al primo comma dello stesso articolo, avrebbe dovuto restituire gli atti al pubblico ministero piuttosto che assolvere l’imputata. Ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 659, comma 1, cod. pen. – inoltre – non rileva la fonte del rumore ma la sua potenziale attitudine a disturbare il riposo notturno e la quiete pubbli­ca dei condomini dei palazzo adiacente la discoteca.

Considerato in diritto

2. Il ricorso è fondato.
3.L’imputata risponde dei reato di cui all’art. 659, cod. pen. «perché, in qualità di titolare del locale night club (…), mediante schiamazzi o rumori, pro­venienti dal rumore dei compressori di aria condizionata, nonché dal volume del­la musica assordante, disturbava il riposo notturno e la quiete pubblica dei citta­dini di un condominio adiacente detto locale».
.3.1. II G.i.p. ha assolto l’imputata sul rilievo che: a) manca qualsivoglia in­dagine, anche di tipo fonometrico, in ordine alla integrazione dell’oggettività giu­ridica del reato, posto che l’editto accusatorio si regge sulle sole dichiarazioni di tre denuncianti e sulle percezioni da essi manifestate; b) in ogni caso il fatto è inquadrabile nell’ambito, penalmente irrilevante, del secondo comma dell’art. 659, cod. pen., trattandosi di rumori frutto dell’attività professionale, di per sé rumorosa, gestita dall’imputata.
3.2.In tema di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone nell’am­bito di una attività legittimamente autorizzata, questa Corte ha già sostenuto che è configurabile: A) l’illecito amministrativo di cui all’art. 10, comma secondo, della legge 26 ottobre 1995, n. 447, ove si verifichi solo il mero superamento dei limiti differenziali di rumore fissati dalle leggi e dai decreti presidenziali in mate­ria; B) il reato di cui al comma primo dell’art. 659, cod. pen., ove il fatto costi­tuivo dell’illecito sia rappresentato da qualcosa di diverso dal mero superamento dei limiti di rumore, per effetto di un esercizio del mestiere che ecceda le sue normali modalità o ne costituisca un uso smodato, indipendentemente perciò dalla fonte sonora dalla quale i rumori provengono; C) il reato di cui al comma secondo dell’art. 659 cod. pen. qualora la violazione riguardi altre prescrizioni
legali o della Autorità, attinenti all’esercizio del mestiere rumoroso, diverse da quelle impositive di limiti di immissioni acustica (Sez. 3, n. 42026 del 18/09/2014, Claudino, Rv. 260658; Sez. 3, n. 5735 del 21/01/2015, Giuffrè, Rv. 261885; cfr. altresì Sez. 1, n. 30773 del 25/05/2006, Galli, Rv. 234881; Sez. 1, n. 46083 del 06/11/2007, Cerrito, Rv. 238168; cfr. altresì Sez. 3, n. 23529 del 13/05/2014, Ioniez, Rv. 259194, secondo cui integra il reato previsto dall’art. 659, comma primo, cod. pen., l’esercizio di una discoteca i cui rumori, in ora notturna, provocano disturbo al riposo delle sole persone abitanti nell’edificio in cui è ubicato il locale, se il fastidio non è limitato agli appartamenti attigui alla sorgente rumorosa, in quanto la propagazione delle emissioni sonore estesa al­l’intero fabbricato è sintomatica di una diffusa attitudine offensiva e della idonei­tà a turbare la pubblica quiete).
3.3.Secondo un diverso indirizzo, il mancato rispetto dei limiti di emissione del rumore stabiliti dal D.P.C.M. 1 marzo 1991, può integrare la fattispecie di reato prevista dall’art. 659, comma secondo, cod. pen., non essendo applicabile il principio di specialità di cui all’art. 9 della legge n. 689 del 1981, in relazione all’illecito amministrativo previsto dall’art. 10, comma secondo, della legge n. 447 del 1995, quando sussista la concreta idoneità della condotta rumorosa a recare disturbo al riposo e alle occupazioni di una pluralità indeterminata di per­sone, che determina la messa in pericolo del bene della pubblica tranquillità tute­lato da entrambi i commi dell’art. 659 cod. pen. (si veda, sul punto, Sez. 1, n. 25103 del 16/04/2004, Amato, Rv. 228244, in tema proprio di superamento dei valori-limite di rumorosità prodotta nell’attività di esercizio di una discoteca).
3.4.Tanto premesso, quel che rileva, nell’economia del presente giudizio, è che per entrambi gli indirizzi interpretativi il superamento dei limiti differenziali dei rumore, quando ne derivi la concreta idoneità a disturbare un numero inde­terminato di persone, rende l’attività che li produce comunque penalmente rile­vante, registrandosi una diversità di vedute solo in ordine alla fattispecie appli­cabile (il primo o il secondo comma del medesimo art. 659, cod. pen.).
3.5.Non è dunque giuridicamente corretta l’affermazione tranciante del Giu­dice di merito secondo cui, trattandosi di rumori provenienti dall’esercizio di atti­vità professionale, la condotta integra il solo illecito amministrativo di cui all’art. 10, legge n. 447/1995.
3.6.Nè lo è nemmeno quella secondo la quale le sole dichiarazioni rese dai tre denuncianti non sono sufficienti a sostenere l’accusa in assenza di ulteriori indagini di riscontro, anche di natura fonometrica. Ciò per due ordini di motivi.
3.7.Per un primo motivo perché la sussistenza del reato in questione può essere dimostrata con qualunque mezzo di prova, anche di fonte dichiarativa, non essendo coerente con il principio di atipicità della prova e del libero convin­cimento dei Giudice penale il ricorso esclusivo ad accertamenti di natura tecnica (cfr., sul punto, Sez. 1, n. 3261 del 23/02/1994, Floris, Rv. 199107; Sez. 1, n. 7042 del 27/05/1996, Fontana, Rv. 205324; Sez. 3, n. 11031 del 05/02/2015, Montoli, Rv. 263433; per un’applicazione dei principio in caso di musica riprodot­ta ad alto volume e di notte in un “disco pub”, nonchè degli schiamazzi degli av­ventori dello stesso, si veda Sez. 1, n. 20954 del 18/01/2011, Toma, Rv. 250417).
3.8.Per un secondo motivo perché se il giudice ritiene incomplete le indagini non può pronunciare sentenza ai sensi dell’art. 129, cod. proc. pen., ma deve restituire gli atti al Pubblico Ministero (Sez. U, n. 18 del 09/06/1995, Cardoni, Rv. 202375), anche se ritiene inattendibile la prova dichiarativa (cfr., sul punto, Sez. 6, n. 10284 del 22/01/2014, Culicchia Rv. 259445).
3.9.Ne consegue che la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio con restituzione degli atti al Tribunale di Larino.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio il provvedimento impugnato disponendo trasmettersi gli atti al Tribunale di Larino.

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