Corte di Cassazione, sez. VI Civile – sentenza 30 novembre 2015, n. 2440. Il committente convenuto per il pagamento non può opporre vizi e difformità dell’opera appaltata se è decaduto dal denunciarli.

In tema di inadempimento del contratto di appalto, le disposizioni speciali di cui agli artt. 1667, 1668 e 1669 cod. civ. integrano – senza escluderne l’applicazione – i principi generali in materia di inadempimento delle obbligazioni, con la conseguenza che, nel caso in cui l’opera sia stata realizzata in violazione delle prescrizioni pattuite o delle regole tecniche, il committente, convenuto per il pagamento del prezzo, può – al fine di paralizzare la pretesa avversaria – opporre le difformità e i vizi – dell’opera, in virtù del principio “inadimplenti non est adimplendum“, richiamato dal secondo periodo dell’ultimo comma dell’art. 1667 cod. civ. lavori ediliziTuttavia, è opportuno evidenziare che l’art. 1667 cc, ma lo stesso vale per la normativa di cui all’art. 2226 cc, specifica che il committente convenuto per il pagamento può sempre far valere la garanzia purché le difformità o i vizi siano stati denunziati entro (otto giorni e/o) sessanta giorni dalla scoperta e prima che siano decorsi i due anni dalla consegna. Ciò significa che il committente convenuto per il pagamento del corrispettivo non ha possibilità di opporre le difformità e i vizi dell’opera, in virtù del principio “inadimplenti non est adimplendum”, se i vizi o le difformità non siano stati denunciati nei tempi previsti. D’altra parte, se così non fosse, verrebbe vanificata la portata dell’art. 2226 cc. e/o dell’art. 1667 cc, cioè, la necessità di una tempestiva denuncia dei vizi e delle difformità da parte del committente, perché sarebbe facilmente superabile.

testo integrale

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, sentenza 15 settembre – 30 novembre 2015, n. 24400 Presidente Petitti – Relatore Scalisi

Svolgimento del processo

La ditta Esse Emme Impianti di M.S. agiva, con distinti ricorsi, in sede monitoria per decreto ingiuntivo alla fine di conseguire da S.C.R. e S.C.G. il pagamento della somma di Euro 1.250,30 e di Euro 2.491,30 oltre accessori di legge in forza di due distinti contratti d’opera inerenti la realizzazione dell’impianto di riscaldamento nelle rispettive abitazioni di Capoterra dei predetti convenuti come meglio specificato nelle fatture commerciali prodotte a corredo del ricorso per decreto ingiuntivo.
Avverso i predetti decreti ingiuntivi proponevano distinte opposizioni, successivamente riunite, S.C.R. e S.C.G. eccependo che nulla era dovuto alla ditta ricorrente perché gli impianti di riscaldamento erano del tutto insufficienti e mal funzionanti per carente afflusso d’aria ed acqua calda negli elementi radianti; che alcune componenti erano diverse dalle marche pattuite, che non era stata mai consegnata la certificazione di conformità e di garanzia degli impianti istallati. Chiedevano, pertanto, la revoca dei decreti ingiuntivi.
La opposta creditrice resisteva eccependo: la decadenza degli opposti dall’invocata garanzia per vizi non essendo stata la prescritta denuncia inviata negli otto giorni successivi dalla consegna ed essendo la relativa azione proposta oltre il prescritto termine annuale; nel merito contestava l’infondatezza del gravame ed essenzialmente perché gli impianti di riscaldamento di cui si dice non presentavano i vizi lamentati, l’opera era stata accettata all’atto della consegna e del collaudo, era stata nelle more fornita la relativa documentazione.
Il Giudice di Pace di Cagliari con sentenza n. 1405 del 2009 accoglieva le opposizioni ritenendo infondata l’eccezione, di decadenza perché gli opponenti invocavano l’eccezione di inadempimento di cui all’art. 1460 cc. e non già la garanzia per vizi e nel merito reputava che i vizi erano stati dimostrati risultando dalla CTU. Previa dichiarazione di incompetenza rimetteva le parti davanti al Tribunale per la domanda riconvenzionale di risarcimento danni proposta dagli opponenti, disponeva la revoca dei decreti e condannava l’opposto al pagamento delle spese di lite.
Avverso questa sentenza, proponeva appello Esse Emme Impianti di M.S. deducendo che la gravata sentenza aveva erroneamente disatteso la proposta eccezione di decadenza, nonostante, fosse emerso in causa come i committenti avessero accettato l’opera alla consegna senza rilevare alcun vizio; nel merito che non era emersa una prova compiuta in ordine all’esistenza degli asseriti danni. Chiedeva, pertanto, la riforma della sentenza impugnata.
Si costituivano gli appellati (S.C.G. e S.C.R. ) ritenendo corretta l’applicazione della normativa di cui all’art. 1460 cc e chiedendo la conferma della sentenza impugnata.
Il Tribunale di Cagliari con sentenza n. 1480 del 2013 accoglieva l’appello e in riforma della sentenza impugnata rigettava l’opposizione proposta da S.C.G. e S.C.R. , dichiarava totalmente compensate le spese del primo e del secondo grado del giudizio. Secondo il Tribunale di Cagliari i vizi e le difformità dell’opera, noti o facilmente conoscibili alla parte committente al momento della stipulazione dell’atto e al momento della consegna, erano da intendersi come da questa accettati con conseguente preclusione di qualsivoglia azione o eccezione fondate sull’esistenza degli stessi (risoluzione del contratto, risarcimento danni, riduzione del prezzo).
Tale condizione applicativa ricorreva pienamente nel caso concreto posto che al momento della consegna degli impianti richiesti il connotato, nonché, le eventuali difformità, delle caldaie installate erano note e/o comunque conoscibili alla parte committente e, dunque, erano da ritenersi tacitamente accettate. Nel caso concreto, per altro, non ricorrevano i presupposti per l’applicabilità della normativa di cui all’art. 1460 cc perché S.C.G. e S.C.R. non hanno mai contestato che gli impianti di riscaldamento commessi al M. fossero stati dal medesimo effettivamente installati nelle abitazioni di loro proprietà. Hanno piuttosto contestato che gli stessi non avessero mai correttamente funzionato palesando un’insufficiente ed irregolare potenza termica specie nei vani bagno e cucina.
La cassazione di questa sentenza è stata chiesta da S.C.G. e S.C.R. con ricorso affidato ad un motivo, illustrato con memoria. La ditta Esse Emme Impianti di M.S. ha resistito con controricorso.

Motivi della decisione

1.- Con l’unico motivo di ricorso S.C.G. e S.C.R. denunciano la violazione di norma di diritto in relazione all’art. 1460 cc. (art. 360 n. 3 c.p.c.). Secondo i ricorrenti, avrebbe errato il Tribunale di Cagliari laddove ha affermato che l’art. 1460 cc non poteva trovare applicazione alla fattispecie oggetto del giudizio perché i committenti di un’opera, convenuti in giudizio per il pagamento del saldo del prezzo pattuito, possono legittimamente sollevare l’eccezione di inadempimento ex art. 1460 cc. nel caso in cui l’opera sia stata realizzata in violazione delle prescrizioni pattuite o delle regole tecniche e risulti non perfettamente funzionante anche qualora non si siano avvalsi della garanzia per difformità e vizi dell’opera di cui all’art. 2226 cc o siano decaduti per non aver denunciato tempestivamente le difformità e i vizi medesimi ovvero l’azione sia prescritta.
1.1.- Il motivo è infondato.
Questa Corte ha ripetutamente precisato che in tema di inadempimento del contratto di appalto, le disposizioni speciali di cui agli artt. 1667, 1668 e 1669 cod. civ. integrano – senza escluderne l’applicazione – i principi generali in materia di inadempimento delle obbligazioni, con la conseguenza che, nel caso in cui l’opera sia stata realizzata in violazione delle prescrizioni pattuite o delle regole tecniche, il committente, convenuto per il pagamento del prezzo, può – al fine di paralizzare la pretesa avversaria – opporre le difformità e i vizi – dell’opera, in virtù del principio “inadimplenti non est adimplendum”, richiamato dal secondo periodo dell’ultimo comma dell’art. 1667 cod. civ., anche quando non abbia proposto, in via riconvenzionale, la domanda di garanzia o la stessa sia prescritta (Cass. n. 4446 del 20/03/2012).
Tuttavia, è opportuno evidenziare che l’art. 1667 cc, ma lo stesso vale per la normativa di cui all’art. 2226 cc, specifica che il committente convenuto per il pagamento può sempre far valere la garanzia purché le difformità o i vizi siano stati denunziati entro (otto giorni e/o) sessanta giorni dalla scoperta e prima che siano decorsi i due anni dalla consegna. Ciò significa che il committente convenuto per il pagamento del corrispettivo non ha possibilità di opporre le difformità e i vizi dell’opera, in virtù del principio “inadimplenti non est adimplendum”, se i vizi o le difformità non siano stati denunciati nei tempi previsti. D’altra parte, se così non fosse, verrebbe vanificata la portata dell’art. 2226 cc. e/o dell’art. 1667 cc, cioè, la necessità di una tempestiva denuncia dei vizi e delle difformità da parte del committente, perché sarebbe facilmente superabile.
Ora, la decisione impugnata si è uniformata, correttamente, a questi principi.
Come è stato affermato: a) gli opponenti non hanno mai contestato che gli impianti di riscaldamento commessi al M. fossero stati effettivamente dallo stesso installati nelle abitazione di loro proprietà; b) gli opponenti non hanno fornito in giudizio compiuta dimostrazione dell’avvenuto inoltro di tempestiva denuncia entro il termine di otto giorni dalla scoperta del vizio, relativo ad un mal funzionamento della caldaia, denunciato, come sembra, con lettera del 20 ottobre 2004 e, cioè, quasi un anno dopo l’avvenuta consegna dell’opera. Sicché, alla luce delle emergenze istruttorie ed, in particolare, considerata l’irrimediabile tardività della denuncia dei vizi da parte dei committenti, odierni ricorrenti, correttamente la Corte distrettuale ha ritenuto che nel caso concreto non potesse trovare applicazione la normativa di cui all’art. 1460 cc.
In definitiva, il ricorso va rigettato e i ricorrenti, in ragione del principio di soccombenza ex art. 91 c.p.p., condannati in solido al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione che vengono liquidate con il dispositivo.
Il Collegio, ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del DPR 115 del 2002 da atto che sussistono i presupposti per il versamento da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del comma i-bis dello stesso art. 13.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione che liquida in Euro 1200,00 di cui Euro 200 per esborsi oltre spese generali ed accessori come per legge. Dichiara la sussistenza delle condizioni per il pagamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13 del DPR 115 del 2002.

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