Il cliente, soggetto pubblico, che manifesti la volontà di recedere dal contratto d’opera professionale ha l’obbligo di rimborsare al prestatore d’opera le spese da lui sostenute e di corrispondere un compenso per l’opera svolta, da determinarsi in base ai criteri di cui all’art. 2233 c.c., tenendo conto non soltanto dell’attività preparatoria, ma anche degli esborsi a cui il professionista abbia dovuto far fronte con riguardo alla programmazione dell’intera opera affidatagli.
Per garantire in modo significativo il peculiare rapporto fiduciario che deve necessariamente intercorrere fra le parti nel contratto d’opera professionale, per tutto il corso di svolgimento dello stesso, deve reputarsi consentito, con specifico riferimento alla prestazione intellettuale, un accordo negoziale con cui si preveda che, in caso di recesso ad nutum da parte del cliente, nei confronti del professionista intellettuale, a quest’ultimo spetti anche il mancato guadagno.
La possibilità per le parti di derogare al disposto dell’art. 2237 c.c., con specifico riferimento all’architetto (o all’ingegnere), e quindi al professionista tecnico, non solo quanto ai limiti al potere di recesso ad nutum, ma anche in ordine al riconoscimento, tramite accordo negoziale, del mancato guadagno, può individuarsi anche negli artt. 10 e 18 della legge 2/3/1949, n. 143, tuttora vigenti.
La disciplina speciale dell’art. 2237 c.c., con cui si attribuisce al cliente l’incondizionato diritto potestativo, di recedere dal rapporto, ponendo a carico dello stesso cliente, in mancanza di patti integrativi, il solo vincolo di corrispondere il compenso per l’opera prestata dal professionista, trova il suo fondamento nella natura fiduciaria del rapporto, che determina la prevalenza dell’interesse (privato) del cliente, rispetto a quello del professionista. L’interesse del professionista a portare a compimento l’opera intellettuale, anche per i riflessi di natura morale che ne derivano, non trova nella vigente normativa autonoma tutela, tanto che la dichiarazione negoziale di recesso viene qualificata come negozio astratto, seppure esistano norme in senso contrario, che però, per la loro specifica portata, non sembra possano incidere sul principio generale della disposizione esaminata.
massima di redazione
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Cass sez I ordinanza 27938-2024