Corte di Cassazione, Sezione Seconda Civile, sentenza 5 marzo 2021 n. 6189. Buona fede della P.A., esecuzione anticipata del contratto in attesa di approvazione, responsabilità precontrattuale.

Lavinia Fontana

Se nei contratti conclusi con la P.A., il dispiegamento degli effetti vincolanti per le parti, al di là della formale stipula di un accordo negoziale, è subordinato all’approvazione ministeriale, ai sensi dell’art. 19 del r.d. n. 2440 del 1923, da effettuarsi con un provvedimento espresso adottato dall’organo competente nella forma solenne prescritta dalla legge, è pur vero che qualora la P.A. venditrice abbia preteso l’anticipata esecuzione del contratto in attesa dell’approvazione, poi negata, non può invocare la violazione della buona fede nella parte acquirente, avendo essa stessa un dovere di buona fede, di protezione e di informazione in modo da evitare l’affidamento incolpevole del privato sulla regolarità e legittimità della vendita, dovere di buona fede che permea tutte le fasi contrattuali, dalla formazione della volontà all’esecuzione del contratto. L’eventuale responsabilità dell’amministrazione, in pendenza dell’approvazione ministeriale, deve essere configurata come responsabilità precontrattuale, ai sensi degli artt. 1337 e 1338 cod. civ., inquadrabile nella responsabilità di tipo contrattuale da contatto sociale qualificato, inteso come fatto idoneo a produrre obbligazioni, ai sensi dell’art. 1173 cod. civ. e dal quale derivano, a carico delle parti, non obblighi di prestazione ai sensi dell’art. 1174 cod. civ., bensì reciproci obblighi di buona fede, di protezione e di informazione, ai sensi degli artt. 1175 e 1375 cod. civ., con conseguente applicabilità del termine decennale di prescrizione ex art. 2946 cod. civ. La buona fede che esclude che il proprietario possa obbligare il terzo a togliere dal suo fondo le piantagioni, le costruzioni o le opere dal terzo stesso ivi realizzate (art. 936, comma terzo, c.c.), è sorretta, secondo la disposizione dell’art. 1147 cod. civ., che contiene un principio generale non limitato all’ambito del possesso, da una presunzione, iuris tantum, esposta alla la prova contraria, anche attraverso presunzioni semplici, cui il giudice può ricorrere allorché siano acquisiti al processo fatti gravi, precisi e concordanti, che escludano le conclusioni che da quella derivino.

massima di Gloria Sdanganelli©

testo integrale

Cass Civile sez II sentenza 6189-2021

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