
Contrasta con le norme codicistiche di ermeneutica negoziale – canoni interpretativi logico-sistematici quale criterio interpretativo diretto e non quale canone esterno di commisurazione dell’esattezza e della congruità della motivazione – nonché con l’esigenza di provvedere ad una lettura integrata del dispositivo e della motivazione del provvedimento amministrativo, nell’ottica di uno sforzo teso alla sua conservazione, escluderne la natura ablatoria a fronte dell’espressa previsione di una indennità di esproprio, della previsione dell’occupazione permanente del bene, dell’avvio delle formalità di notificazione all’interessato, trascrizione, registrazione e volturazione dell’atto, dello specifico rinvio all’art. 51 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, vigente ratione temporis, che prevede e regola proprio ‟il decreto del prefetto che pronuncia la espropriazione”. Un’occupazione connotata dal requisito della definitività, senza alcun richiamo a ragioni contingibili e urgenti atte a giustificare un intervento transeunte, non può essere letta in una chiave formalistica, rivolta a negare la sua natura ablatoria, allorquando ricorrono tutti gli elementi peculiari dell’espropriazione per pubblico interesse delineati dall’art. 834 c.c., ossia la privazione, in tutto o in parte, di uno o più beni immobili di proprietà di un soggetto determinato per una causa di pubblico interesse, legalmente dichiarata, previo pagamento di una giusta indennità.
massima di Luca Sdanganelli
testo integrale
Cass Sez 2 sentenza 10368-2022