Corte di Giustizia EU, sentenza 10.9.2015, causa C‑473/14. La modifica o l’adozione di un nuovo di un piano urbanistico generale richiede la valutazione di impatto ambientale.

Gli articoli 2, lettera a), e 3, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2001, concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente, devono essere interpretati nel senso che l’adozione di un atto contenente un piano o un programma relativo alla pianificazione territoriale e alla destinazione dei suoli di cui alla direttiva 2001/42, VIAche modifica un piano o programma preesistente, non può essere dispensata dall’obbligo di procedere ad una valutazione ambientale ai sensi di detta direttiva sulla base del rilievo che tale atto mira a precisare e attuare un piano regolatore introdotto da un atto gerarchicamente superiore che parimenti non è stato oggetto di una siffatta valutazione ambientale.

testo integrale

Corte di Giustizia EU, sentenza 10.9.2015, causa C‑473/14. K. presidente: Jürimäe; relatore: A. Prechal

«Rinvio pregiudiziale – Direttiva 2001/42/CE – Valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente – Regime di protezione del massiccio montuoso dell’Imitto – Procedura di modifica – Applicabilità di tale direttiva – Piano regolatore e programma di protezione dell’ambiente della grande regione di Atene»

Nella causa C‑473/14,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Symvoulio tis Epikrateias (Grecia), con decisione del 19 settembre 2014, pervenuta in cancelleria il 20 ottobre 2014, nel procedimento

Dimos Kropias Attikis

contro

Ypourgos Perivallontos, Energeias kai Klimatikis Allagis,

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 3 della direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2001, concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente (GU L 197, pag. 30).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di un ricorso proposto dal Dimos Kropias Attikis (comune di Cropia in Attica) contro l’Ypourgos Perivallontos, Energeias kai Klimatikis Allagis (Ministro dell’Ambiente, dell’Energia e del Cambiamento climatico) per l’annullamento del decreto del Presidente della Repubblica n. 187/2011, del 14 giugno 2011, di determinazione di misure di protezione del massiccio montuoso dell’Imitto e dei parchi metropolitani di Goudi e Ilisia (FEK D’ 187/16.06.2011; in prosieguo: il «decreto impugnato»).

 Contesto normativo

 Il diritto dell’Unione

 La direttiva 2001/42

3        I considerando 10 e 19 della direttiva 2001/42 enunciano quanto segue:

«(10) Tutti i piani e i programmi preparati per vari settori e che definiscono il quadro di riferimento per l’autorizzazione di progetti elencati negli allegati I e II della direttiva 85/337/CEE del Consiglio, del 27 giugno 1985, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati [(GU L 175, pag. 40), come modificata dalla direttiva 97/11/CE del Consiglio, del 3 marzo 1997 (GU L 73, pag. 5)], (…) potrebbero avere effetti significativi sull’ambiente e dovrebbero di norma essere oggetto di una valutazione ambientale sistematica. Quando determinano l’uso di piccole aree a livello locale (…) essi dovrebbero essere valutati soltanto se gli Stati membri stabiliscono che potrebbero avere effetti significativi sull’ambiente.

(…)

(19)      Qualora l’obbligo di effettuare una valutazione dell’impatto ambientale risulti contemporaneamente dalla presente direttiva e da altre normative comunitarie quali la direttiva 79/409/CEE del Consiglio, del 2 aprile 1979, concernente la conservazione degli uccelli selvatici [GU L 103, pag. 1, come codificata dalla direttiva 2009/147/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 novembre 2009 (GU 2010, L 20, pag. 7)], [o] la direttiva 92/43/CEE [del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (GU L 206, pag. 7)] (…), gli Stati membri, al fine di evitare duplicazioni della valutazione, possono prevedere procedure coordinate o comuni per soddisfare le prescrizioni della pertinente normativa comunitaria».

4        La direttiva 2001/42, in base al suo articolo 1, ha l’obiettivo di garantire un elevato livello di protezione dell’ambiente e di contribuire all’integrazione di considerazioni ambientali all’atto dell’elaborazione e dell’adozione di piani e programmi al fine di promuovere lo sviluppo sostenibile, assicurando che, ai sensi della stessa, venga effettuata la valutazione ambientale di determinati piani e programmi che possono avere effetti significativi sull’ambiente.

5        L’articolo 2 della direttiva 2001/42 così dispone:

«Ai fini della presente direttiva:

a)      per “piani e programmi” s’intendono i piani e i programmi, (…), nonché le loro modifiche

–        che sono elaborati e/o adottati da un’autorità a livello nazionale, regionale o locale oppure predisposti da un’autorità per essere approvati, mediante una procedura legislativa, dal parlamento o dal governo e

–      che sono previsti da disposizioni legislative, regolamentari o amministrative;

b)      per “valutazione ambientale” s’intende l’elaborazione di un rapporto di impatto ambientale, lo svolgimento di consultazioni, la valutazione del rapporto ambientale e dei risultati delle consultazioni nell’iter decisionale e la messa a disposizione delle informazioni sulla decisione a norma degli articoli da 4 a 9;

(…)».

6        Ai sensi dell’articolo 3 della citata direttiva, intitolato «Ambito d’applicazione»:

«1.      I piani e i programmi di cui ai paragrafi 2, 3 e 4, che possono avere effetti significativi sull’ambiente, sono soggetti ad una valutazione ambientale ai sensi degli articoli da 4 a 9.

2.      Fatto salvo il paragrafo 3, viene effettuata una valutazione ambientale per tutti i piani e i programmi,

a)      che sono elaborati per i settori agricolo, forestale, della pesca, energetico, industriale, dei trasporti, della gestione dei rifiuti e delle acque, delle telecomunicazioni, turistico, della pianificazione territoriale o della destinazione dei suoli, e che definiscono il quadro di riferimento per l’autorizzazione dei progetti elencati negli allegati I e II della direttiva 85/337/CEE, o

b)      per i quali, in considerazione dei possibili effetti sui siti, si ritiene necessaria una valutazione ai sensi degli articoli 6 e 7 della direttiva 92/43/CEE (…).

(…)».

7        L’articolo 11 della direttiva 2001/42, intitolato «Relazione con le altre disposizioni della normativa comunitaria» così dispone ai suoi paragrafi 1 e 2:

«1.      La valutazione ambientale effettuata ai sensi della presente direttiva lascia impregiudicate le disposizioni della direttiva 85/337/CEE e qualsiasi altra disposizione della normativa comunitaria.

2.      Per i piani e i programmi in merito ai quali l’obbligo di effettuare una valutazione dell’impatto ambientale risulta contemporaneamente dalla presente direttiva e da altre normative comunitarie, gli Stati membri possono prevedere procedure coordinate o comuni per soddisfare le prescrizioni della pertinente normativa comunitaria, tra l’altro al fine di evitare duplicazioni della valutazione».

 La direttiva 92/43

8        L’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 92/43 così dispone:

«Qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito ma che possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, forma oggetto di una opportuna valutazione dell’incidenza che ha sul sito, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo. Alla luce delle conclusioni della valutazione dell’incidenza sul sito e fatto salvo il paragrafo 4, le autorità nazionali competenti danno il loro accordo su tale piano o progetto soltanto dopo aver avuto la certezza che esso non pregiudicherà l’integrità del sito in causa e, se del caso, previo parere dell’opinione pubblica».

9        L’articolo 7 della direttiva in parola recita:

«Gli obblighi derivanti dall’articolo 6, paragrafi 2, 3 e 4 della presente direttiva sostituiscono gli obblighi derivanti dall’articolo 4, paragrafo 4, prima frase, della direttiva 79/409/CEE, per quanto riguarda le zone classificate a norma dell’articolo 4, paragrafo 1, o analogamente riconosciute a norma dell’articolo 4, paragrafo 2 di detta direttiva a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente direttiva o dalla data di classificazione o di riconoscimento da parte di uno Stato membro a norma della direttiva 79/409/CEE, qualora essa sia posteriore».

 Il diritto greco

 Il decreto interministeriale 107017/2006

10      L’articolo 1 del decreto interministeriale 107017/2006 del 28 agosto 2006 (FEK B’ 1225/5.9.2006) così dispone:

«Il presente decreto intende attuare le disposizioni della direttiva [2001/42], in modo da integrare, nel quadro di uno sviluppo equilibrato, considerazioni ambientali all’atto dell’adozione di piani e programmi, prevedendo tutte le misure, condizioni e procedure necessarie per valutare le loro possibili conseguenze sull’ambiente, e da promuovere così lo sviluppo sostenibile e un elevato livello di protezione dell’ambiente».

11      L’articolo 3, paragrafo 1, lettera b), del citato decreto interministeriale recita:

«1.      Fatto salvo quanto previsto al paragrafo 2, la valutazione ambientale strategica è effettuata prima di approvare un piano o un programma o di avviare il relativo iter legislativo per piani o programmi di livello nazionale, regionale, provinciale o locale che possono avere effetti significativi sull’ambiente, e in particolare:

(…)

b)      per tutti i piani e programmi che trovano interamente o parzialmente applicazione in aree del ramo nazionale della Rete ecologica europea Natura 2000 [Siti di interesse comunitario (in prosieguo: «SIC») e Zone di protezione speciale (in prosieguo: «ZPS»)] e che possono influire significativamente su di esse. Fanno eccezione i piani di gestione e i programmi di azione direttamente collegati o indispensabili alla gestione e alla tutela di dette aree.

Per stabilire se i piani e programmi di cui al precedente paragrafo (…) possano influire significativamente su aree del ramo nazionale della Rete ecologica europea Natura 2000 [SIC e ZPS], e – di conseguenza – per stabilire se occorra sottoporli a procedura di valutazione ambientale strategica, si deve seguire la procedura di controllo ambientale preliminare di cui all’articolo 5, paragrafo 2».

12      L’articolo 5, paragrafo 1, del decreto interministeriale 107017/2006 è del seguente tenore:

«Ogni piano o programma di quelli menzionati all’articolo 3, paragrafi 1, lettera b), e 2, è sottoposto a procedura di controllo ambientale preliminare affinché l’autorità competente di cui al paragrafo 3 possa giudicare, alla stregua dei criteri specifici enunciati nel suddetto articolo, se il piano o programma in esame possa avere effetti significativi sull’ambiente e debba perciò essere sottoposto a valutazione ambientale strategica (…)».

 La disciplina in materia di pianificazione del territorio della grande regione di Atene

13      La legge n. 1515/1985, intitolata «piano regolatore e programma di protezione ambientale della grande regione di Atene», le cui disposizioni sono state codificate dal decreto presidenziale del 14 luglio 1999 intitolato «codice di legislazione generale dell’urbanizzazione», ha stabilito un piano regolatore per la grande regione di Atene (in prosieguo: il «PRA») e un programma di protezione dell’ambiente.

14      In conformità all’articolo 1, paragrafo 1, della legge n. 1515/1985, il PRA è inteso all’insieme degli obiettivi, degli orientamenti, dei programmi e delle misure previsti da detta legge quali elementi necessari all’organizzazione della pianificazione e dell’urbanistica di Atene e della sua grande periferia nell’ambito dei piani quinquennali di sviluppo economico e sociale.

15      In conformità all’articolo 4, paragrafo 3, della citata legge, i decreti presidenziali adottati sulla base di tale articolo hanno l’obiettivo di completare, precisare, chiarificare e modificare parzialmente il PRA e il programma di protezione dell’ambiente, senza tuttavia poterne modificare gli obiettivi e gli orientamenti.

 La disciplina relativa alla protezione del massiccio montuoso dell’Imitto

16      Il massiccio montuoso dell’Imitto è oggetto di diversi regimi di protezione previsti dal diritto nazionale. Un regime integrale di protezione di tale massiccio montuoso è stato introdotto per la prima volta dal decreto presidenziale del 31 agosto 1978, che prevedeva due zone di protezione (A e B) e determinava gli utilizzi consentiti per ciascuna zona.

17      Inoltre, tenuto conto della sua notevole biodiversità, in particolare per quanto riguarda la flora e la fauna ornitologica, il massiccio montuoso dell’Imitto è stato inserito nell’elenco SIC in conformità alla direttiva 92/43, con la denominazione «Ymittos – Aisthitiko Dasos Kaisarianis – Limni Vouliagmenis» (GR 3000006), e in qualità di ZPS in conformità alla direttiva 2009/147, con la denominazione «Oros Ymittos» (codice GR 3000015). Detto massiccio montuoso è stato inoltre designato come zona speciale di conservazione ai sensi della direttiva 92/43.

18      Al fine di migliorare la protezione del massiccio montuoso dell’Imitto e di armonizzare la relativa disciplina già in essere con le disposizioni del PRA, l’organismo del piano regolatore e della protezione ambientale della grande regione di Atene, organismo istituito dall’articolo 5 della legge n. 1515/1985, ha avviato il procedimento di modifica del decreto presidenziale del 31 agosto 1978.

19      Nell’ambito di tale procedimento, è stato realizzato uno studio in base al quale il comitato esecutivo dell’organismo del piano regolatore e della protezione ambientale della grande regione di Atene ha elaborato un progetto. Su questo progetto sono stati consultati i comuni interessati, diversi ministeri e il grande pubblico. Tenuto conto di tali consultazioni, il progetto è stato ultimato e ha portato all’adozione del decreto impugnato.

20      L’articolo 1 di tale decreto così recita:

«Oggetto del presente decreto è la protezione efficace del massiccio montuoso dell’Imitto e delle sue pendici grazie alla gestione e conservazione ecologica degli habitat, della flora e della fauna, alla valorizzazione delle attività ecologiche di rilievo per il bacino dell’Attica, alla protezione del paesaggio e al controllo delle costruzioni».

21      L’articolo 3 del decreto impugnato stabilisce cinque zone di protezione, ossia la zona A, la cui superficie è più estesa rispetto alla zona A previgente, e che è dichiarata «zona di protezione assoluta della natura e dei monumenti», per una protezione integrale degli habitat, della flora e della fauna e una valorizzazione ecologicamente compatibile delle caratteristiche naturali, geologiche e storiche peculiari del massiccio montuoso dell’Imitto, la zona B che è definita «zona periferica di protezione» ed è zona di attività agricole, didattiche e di svago all’aria aperta, culturali e sportive, la zona C che è zona di protezione dei siti archeologici, la zona D, designata come zona dei parchi metropolitani di Goudi e Ilisia, e che congiunge l’ecosistema montano e la città, e infine la zona E, destinata ad utilizzi specifici del suolo, e in cui sono in particolare autorizzati i cimiteri conformi alla pertinente legislazione in vigore.

22      L’articolo 7 del decreto impugnato, intitolato «Disposizioni transitorie», prevede, in particolare, che le cave siano riqualificate entro tre anni e che taluni impianti, tra cui gli impianti industriali e artigianali esistenti, siano rimossi entro cinque anni.

23      L’articolo 8 del citato decreto prevede, in particolare, che le costruzioni in conformità alle norme, nonché le strutture adibite ad alloggio, ad attività d’insegnamento, le strutture adibite ad ospedale, a sanatorio, orfanotrofio, ad ospizio, quelle adibite ad attività di svago, agli sport, alle manifestazioni culturali, quelle adibite a monastero, ad antenne telefoniche, a luoghi di culto e a cimitero il cui utilizzo non è consentito dal decreto in parola possono restare sui terreni su cui insistono ed essere oggetto di lavori di riparazione, senza alcuna possibilità di ampliamento.

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

24      Il Symvoulio tis Epikrateias (Consiglio di Stato) osserva che esso, tenuto conto dell’argomento proposto dal Dimos Kropias, deve stabilire se il decreto impugnato debba essere annullato sulla base del rilievo che si tratta di un piano o un programma di cui alla direttiva 2001/42 che avrebbe dovuto essere sottoposto alla procedura di «controllo ambientale preliminare» e/o alla procedura di «valutazione ambientale strategica» ai sensi del decreto interministeriale 107017/2006, che mira a recepire la citata direttiva.

25      Detto giudice considera che non rientrano in tali procedure i piani e i programmi che precisano o attuano un piano esistente di rango superiore per il quale è stata fatta una pianificazione globale, nel caso di specie il piano regolatore che costituisce il PRA che, dopo l’entrata in vigore del decreto interministeriale 107017/2006, è esso stesso sottoposto alla citata procedura di valutazione ambientale strategica. Non rileverebbe il fatto che il PRA non sia stato oggetto di una tale valutazione ambientale strategica in quanto, al momento della sua adozione, il citato decreto interministeriale non era ancora entrato in vigore.

26      Il giudice del rinvio ritiene che dal punto 42 della sentenza Inter-Environnement Bruxelles e a. (C‑567/10, EU:C:2012:159) emerga che una «valutazione ambientale» ai sensi dell’articolo 3 della direttiva 2001/42 non è richiesta se l’atto si inserisce in una gerarchia di atti di pianificazione territoriale, quando tali atti prevedono norme sufficientemente precise di destinazione dei suoli, sono stati essi stessi oggetto di una valutazione dei loro effetti sull’ambiente ed è ragionevolmente possibile ritenere che gli interessi che la direttiva 2001/42 mira a tutelare siano stati presi in adeguata considerazione in tale sede.

27      Secondo l’opinione di maggioranza del Symvoulio tis Epikrateias, il PRA previsto dalla legge 1515/1985, che è un piano preesistente di livello superiore rispetto al decreto impugnato, prevede regole di destinazione del suolo sufficientemente precise, di modo che una «valutazione ambientale» ai sensi della direttiva 2001/42 non era richiesta prima dell’adozione del citato decreto, che precisa e attua detto piano regolatore.

28      Tale punto di vista potrebbe fondarsi, in particolare, sul fatto che l’articolo 4, paragrafo 3, della legge 1515/1985 prevede che i decreti adottati in base a detto articolo, quale il decreto impugnato, possono solo completare, precisare, chiarire e modificare il PRA e il programma di protezione ambientale, senza poterne modificare gli obiettivi e gli orientamenti e senza poter prevedere nuovi lavori o nuove attività che non rientrino nella pianificazione del PRA o che abbiano il minimo impatto negativo sull’ambiente. Il decreto impugnato mirerebbe a disciplinare in modo ancor più rigoroso l’attuale regime di protezione del massiccio montuoso dell’Imitto in tema di destinazione dei suoli e al loro controllo nel rispetto del PRA.

29      Il Symvoulio tis Epikrateias aggiunge che, secondo l’opinione di minoranza espressa al suo interno, il decreto impugnato non poteva essere adottato senza «valutazione ambientale» ai sensi dell’articolo 3 della citata direttiva 2001/42. Infatti, la legge 1515/1985 non stabilirebbe alcuna disciplina sulla destinazione del suolo e dunque, di certo, alcuna disciplina precisa di tale natura, dal momento che detta legge conterrebbe solo disposizioni di carattere generale che enunciano obiettivi e orientamenti.

30      Secondo tale opinione di minoranza, un piano quale quello previsto dal decreto impugnato, anche se si limita a precisare il PDA, è chiaramente assoggettato ad una valutazione ambientale in virtù del testo stesso dell’articolo 3, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2001/42.

31      Il Symvoulio tis Epikrateias considera che nel caso in cui la Corte dovesse ritenere, al pari dell’opinione della sua maggioranza, che il piano stabilito dal decreto impugnato non doveva essere oggetto di una «valutazione ambientale» ai sensi della direttiva 2001/42 dal momento che esso introduce precisazioni al PRA, che costituisce una norma gerarchicamente superiore, si porrebbe tuttavia in secondo luogo la questione se la citata valutazione fosse comunque richiesta dal momento che il PRA è stato adottato senza che fosse fatta una tale valutazione.

32      Il Symvoulio tis Epikrateias rileva che, secondo l’opinione di maggioranza espressa al suo interno, tale questione richiede una risposta negativa per la ragione essenziale che, tenuto conto della data di adozione, la legge 1515/1985 che ha stabilito il PRA non rientrava nel campo di applicazione ratione temporis né della direttiva 2001/42 né delle norme di trasposizione di questa nell’ordinamento greco.

33      Tuttavia, secondo l’opinione di minoranza del Symvoulio tis Epikrateias, l’opinione di maggioranza sopra illustrata non può trovare accoglimento in quanto essa restringerebbe indebitamente l’effetto utile della direttiva 2001/42 e sarebbe contraria al punto 42 della sentenza Inter-Environnement Bruxelles e a. (C‑567/10, EU:C:2012:159). Inoltre, il tema dell’applicazione retroattiva della direttiva 2001/42 non si porrebbe poiché il caso di specie non solleverebbe la questione se il piano iniziale fosse sottoposto ad una «valutazione ambientale» ai sensi di tale direttiva, ma solo la questione se la regolamentazione che specifica detto piano debba essere sottoposta alla citata valutazione per quanto riguarda le disposizioni di nuova adozione.

34      Il giudice del rinvio ritiene che, se la Corte dovesse rispondere negativamente a tale questione, si porrebbe in terzo luogo la questione se l’adozione del decreto impugnato fosse in ogni caso sottoposto ad una valutazione ambientale ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/42 poiché la zona A come delimitata dal decreto stesso include la quasi totalità del sito del massiccio montuoso dell’Imitto protetta in quanto SIC e ZPS.

35      Più nello specifico si porrebbe la questione se, con riguardo al combinato disposto dell’articolo 3, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/42 e dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 92/43, il decreto impugnato costituisca un piano di gestione direttamente connesso e necessario alla protezione del sito di cui trattasi, nel qual caso una valutazione ambientale non era richiesta.

36      Secondo l’opinione di maggioranza del Symvoulio tis Epikrateias, tale questione richiederebbe una risposta negativa dal momento che, benché il decreto impugnato abbia per oggetto la protezione del massiccio montuoso dell’Imitto e stabilisca regole più favorevoli per l’ambiente, conserva tuttavia in tutte le zone attività e destinazioni del suolo preesistenti il cui impatto ambientale non è mai stato valutato e consente inoltre di mantenere impianti, quali antenne radio-televisive, scuole, case di riposo e cimiteri, che legittimamente preesistevano.

37      Questa posizione sarebbe però contestata da taluni membri del Symvoulio tis Epikrateias che ritengono che il decreto impugnato costituisca un piano di gestione direttamente connesso e necessario alla protezione del sito di cui trattasi nei limiti in cui la classificazione del massiccio montuoso dell’Imitto nella zona A implica una protezione assoluta che non permette alcuna destinazione del suolo ad eccezione degli impianti compatibili o giudicati necessari ai fini della protezione della zona, quali gli impianti antincendio, gli idranti, i lavori di gestione forestale, i percorsi escursionistici, le piste ciclabili nonché gli interventi dolci di mantenimento sui letti dei torrenti.

38      Infine, il giudice del rinvio ritiene che, se la Corte dovesse concludere che, per quanto riguarda la zona A, il decreto impugnato costituisce un piano di gestione direttamente connesso e necessario alla protezione del sito del massiccio montuoso dell’Imitto, si porrebbe la questione se possa essere preso in considerazione un annullamento solo parziale di detto decreto, ossia per quanto talune parti della citata area – protetta in qualità di SIC o ZPS – sono incluse nelle zone B, D e E ai sensi del citato decreto, per le quali una valutazione ambientale s’imponeva, ma non è stata fatta.

39      Il Symvoulio tis Epikrateias ritiene, a maggioranza, che tale questione richieda una risposta affermativa.

40      L’opinione di minoranza del Symvoulio tis Epikrateias non condivide tale posizione, ritenendo che allorché si cerchi di disciplinare le destinazioni del suolo o le attività consentite su un vasto territorio considerato come un unico complesso, quale il massiccio montuoso dell’Imitto, i dati devono essere valutati in modo unitario e la valutazione ambientale non può essere frammentaria.

41      Alla luce di quanto sopra, il Symvoulio tis Epikrateias ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se il piano regolatore di un agglomerato urbano metropolitano, che fissa gli obiettivi generali, indirizzi e programmi generali per la pianificazione territoriale e urbanistica di un’area più vasta dell’agglomerato, delineando, specificamente, tra i suoi obiettivi generali, la protezione dei massicci montuosi ivi circostanti nonché il blocco dell’espansione urbanistica, costituisca oppure no un atto idoneo a consentire alla competente autorità amministrativa di non sottoporre alla procedura di valutazione ambientale (…) prevista dall’articolo 3 [della direttiva 2001/42], come interpretato [al punto 42 della] sentenza (…) Inter Environnement Bruxelles [C‑567/10, EU:C:2012:159] un piano successivamente adottato con decreto sulla base di un’autorizzazione prevista dalla legge, che ha integrato il suddetto piano regolatore e che ha istituito zone di protezione per uno dei massicci montuosi summenzionati e disciplinato gli usi e le attività ivi consentite con lo scopo di specificare ed attuare gli obiettivi della protezione dei massicci montuosi e il blocco dell’espansione urbana.

2)      In caso di risposta affermativa alla questione precedente, ci si domanda se, nel caso in cui [a causa della sua data di] adozione (…) [per detto piano regolatore] (…) non era stata effettuata la valutazione ambientale [ai sensi della] direttiva 2001/42 (…), si renda necessario (…) effettuare tale valutazione in occasione dell’adozione, [avvenuta dopo l’entrata in vigore] della direttiva, di un atto di specificazione di detto piano.

3)      In caso di risposta negativa alla seconda questione, ci si domanda se un decreto – nel caso in cui contiene disposizioni relative a misure di protezione, attività e usi consentiti in una zona compresa nella componente nazionale della rete [Natura 2000] come SIC (Sito di Importanza Comunitaria), ZSC (Zona Speciale di Conservazione) e ZPS (Zona di Protezione Speciale), e in cui anche se mediante tali disposizioni viene introdotto un regime di protezione assoluta della natura che consente solamente l’installazione di impianti antincendio, la gestione forestale e i percorsi escursionistici, non risulta tuttavia dagli atti preparatori all’adozione di tali disposizioni che siano stati presi in considerazione gli obiettivi della conservazione di tali zone, ossia le particolari caratteristiche ambientali in base alle quali sono state scelte a far parte della rete [Natura 2000] mentre, peraltro, sulla base delle stesse disposizioni, continuano a sussistere, nella zona di cui trattasi, usi ormai non più consentiti per il solo fatto che erano compatibili con il regime di protezione precedente – possa essere considerato oppure no un piano di gestione ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 92/43 (…) la cui adozione non doveva essere obbligatoriamente preceduta da una valutazione (…) ambientale, secondo il combinato disposto di tale articolo con l’articolo 3, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/42(…).

4)      In caso di risposta positiva alla terza questione, ci si domanda se, qualora sia stato adottato un atto di pianificazione territoriale riguardante una più vasta area geografica unica che richiede, in linea di principio, in virtù dell’articolo 3, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/42(…) in combinato disposto con l’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 92/43(…), l’effettuazione di una valutazione (…) ambientale la quale non ha avuto luogo e si constati che una (…) valutazione ambientale era richiesta solamente per alcune zone di quest’area – a causa delle regolamentazioni da ultimo intervenute relative agli usi e alle attività consentite, e che non costituiscono semplicemente piani di gestione – ma non per la maggior parte di esse, in quanto il provvedimento adottato nella parte in cui riguarda queste ultime zone costituisce un piano di gestione per il quale, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/42(…) in combinato disposto con l’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 92/43(…) non è richiesta la valutazione ambientale, sia concepibile, ai sensi della direttiva 2001/42(…), la dichiarazione di invalidità parziale di tutte le disposizioni in questione e la conseguente abrogazione del provvedimento solo relativamente a quelle parti che riguardano zone per le quali viene richiesta la (…) valutazione ambientale – secondo le nuove norme in materia – con l’ulteriore conseguenza, in seguito alla loro abrogazione parziale, che la valutazione (…) ambientale debba applicarsi soltanto su tali zone e non su tutta l’area».

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla prima e seconda questione

42      Con le prime due questioni, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede in sostanza se gli articoli 2, lettera a), e 3, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2001/42 debbano essere interpretati nel senso che l’adozione di un atto contenente un piano o un programma relativo alla pianificazione territoriale e alla destinazione dei suoli di cui alla direttiva 2001/42, che modifica un piano o programma preesistente, possa essere dispensata dall’obbligo di procedere ad una valutazione ambientale ai sensi dell’articolo 3 di detta direttiva sulla base del rilievo che tale atto mira a precisare e attuare un piano regolatore introdotto da un atto gerarchicamente superiore che parimenti non è stato oggetto di una siffatta valutazione ambientale.

43      A tal proposito, emerge dal punto 42 della sentenza Inter‑Environnement Bruxelles e a. (C‑567/10, EU:C:2012:159) che, in linea di principio, gli obiettivi della direttiva 2001/42 e la necessità di preservare il suo effetto utile non ostano a che si consideri che un atto che abroga totalmente o parzialmente un piano o un programma di cui alla citata direttiva sia escluso dal campo di applicazione della stessa se l’atto abrogato si inserisce in una gerarchia di atti di pianificazione territoriale, quando tali atti prevedono norme sufficientemente precise di destinazione dei suoli, sono stati essi stessi oggetto di una valutazione ambientale ed è ragionevolmente possibile ritenere che gli interessi che la direttiva 2001/42 mira a tutelare siano stati presi in adeguata considerazione in tale sede.

44      Tuttavia, contrariamente agli atti di abrogazione, la direttiva 2001/42, e in particolare il suo articolo 2, lettera a), include espressamente nel proprio campo di applicazione gli atti modificativi di piani e programmi, quale, appunto, il decreto impugnato, come d’altronde ricordato dalla Corte al punto 36 della sentenza Inter-Environnement Bruxelles e a. (C‑567/10, EU:C:2012:159).

45      Poiché il procedimento principale riguarda un atto modificativo di piani e programmi che è espressamente incluso nel campo di applicazione della direttiva 2001/42, non si può sostenere che, tenuto conto degli obiettivi della direttiva 2001/42 e della necessità di preservarne l’effetto utile, tale atto possa nondimeno essere escluso dal campo di applicazione di detta direttiva.

46      È inoltre pacifico che i piani e i programmi introdotti dal decreto impugnato rientrano, in linea di principio, nell’articolo 3, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2001/42 dal momento che riguardano essenzialmente la pianificazione territoriale e la destinazione dei suoli.

47      Peraltro, emerge da una lettura congiunta di tale disposizione con l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/42 che questa dev’essere interpretata nel senso che subordina l’obbligo di sottoporre un piano o progetto particolare a una valutazione ambientale a condizione che il piano o progetto possa avere effetti significativi sull’ambiente o, in altri termini, che possa avere sul sito interessato un’incidenza significativa. L’esame che deve essere svolto per verificare se un piano o un progetto possa avere incidenze significative su un sito è necessariamente limitato alla questione di stabilire se possa essere escluso, sulla base di elementi oggettivi, che detto piano o progetto pregiudichi significativamente il sito interessato (v., per analogia, sentenza Syllogos Ellinon Poleodomon kai chorotakton, C‑177/11, EU:C:2012:378).

48      In ogni caso, la limitazione del campo di applicazione della direttiva 2001/42 a cui ha fatto riferimento la Corte al punto 42 della sentenza Inter-Environnement Bruxelles e a. (C‑567/10, EU:C:2012:159) riguarda una situazione che è necessariamente diversa da quella di cui al procedimento principale.

49      Infatti, tale limitazione riguardava atti di abrogazione e non può essere estesa al fine di includere gli atti modificativi di piani e programmi quali quelli di cui al procedimento principale.

50      Orbene, in considerazione della finalità della direttiva 2001/42, consistente nel garantire un livello elevato di protezione dell’ambiente, le disposizioni che delimitano l’ambito di applicazione di tale direttiva, ed in special modo quelle che enunciano le definizioni degli atti ivi previsti, devono essere interpretate in senso ampio (sentenza Inter-Environnement Bruxelles e a., C‑567/10, EU:C:2012:159, punto 37). Qualunque eccezione o limitazione a tali disposizioni, conseguentemente, deve essere di stretta accezione.

51      Peraltro, gli atti modificativi di piani e programmi comportano necessariamente una modifica del contesto normativo di riferimento e possono quindi produrre effetti sull’ambiente, anche significativi, che non sono ancora stati oggetto di una «valutazione ambientale» ai sensi della direttiva 2001/42 (v., in tal senso, sentenza Inter-Environnement Bruxelles e a., C‑567/10, EU:C:2012:159, punto 39).

52      Il semplice fatto che le modifiche operate dal decreto impugnato mirerebbero a precisare e attuare un piano regolatore contenuto in un atto che dal punto di vista normativo è gerarchicamente superiore non può giustificare il fatto che l’adozione di tali atti non sia sottoposta ad una siffatta valutazione.

53      Infatti, un’interpretazione in tal senso sarebbe incompatibile con gli obiettivi della direttiva 2001/42 e pregiudicherebbe il suo effetto utile dal momento che implicherebbe che una categoria potenzialmente vasta di atti modificativi di piani e programmi atti a produrre effetti significativi sull’ambiente siano in linea di principio esclusi dal campo di applicazione di detta direttiva, quando invece gli stessi sono espressamente previsti dai termini degli articoli 2, lettera a), e 3, paragrafo 2, lettera a), della citata direttiva.

54      Ciò è ancor più vero con riguardo ad un atto come il decreto impugnato, dal momento che è pacifico che le modifiche introdotte da quest’ultimo sono sostanziali e che il piano regolatore di cui al procedimento principale, ossia il PRA relativo alla grande regione di Atene, anche a voler ritenere che esso preveda regole di destinazione del suolo sufficientemente dettagliate, non è comunque stato oggetto di una valutazione ambientale ai sensi della direttiva 2001/42.

55      Orbene, la ragion d’essere della limitazione del campo di applicazione della direttiva 2001/42 a cui ha fatto riferimento la Corte al punto 42 della sentenza Inter-Environnement Bruxelles e a. (C‑567/10, EU:C:2012:159) è evitare che uno stesso piano sia assoggettato a diverse valutazioni ambientali che coprano tutti i requisiti di detta direttiva.

56      La circostanza che la citata direttiva non fosse ancora entrata in vigore nel momento in cui il piano regolatore è stato adottato non ha rilievo a tale riguardo, tenuto conto del fatto che essa si applica senza eccezione a qualunque atto modificativo adottato nel momento in cui la direttiva era in vigore.

57      Peraltro, appare ancor più importante, nel procedimento principale, il fatto che il piano che il decreto impugnato mira specificamente a modificare, e cioè quello introdotto dal decreto presidenziale del 31 agosto 1978, in tutta evidenza non sia stato oggetto di una valutazione ambientale analoga a quella richiesta dalla direttiva 2001/42.

58      Infine, anche a supporre che i piani e i programmi modificati dal decreto impugnato fossero già stati oggetto di una valutazione degli effetti sull’ambiente ai sensi della direttiva 85/337 o di un’«altra disposizione della normativa comunitaria» ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 1, della direttiva 2001/42, cosa che il fascicolo all’attenzione della Corte non permette di stabilire, spetta in ogni caso al giudice del rinvio verificare se una tale valutazione possa essere considerata come espressione di una procedura coordinata o comune ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 2, della citata direttiva, e se questa soddisfi già tutte le prescrizioni della direttiva 2001/42. In tal caso, non sussisterebbe più alcun obbligo di effettuare una nuova valutazione in forza di tale direttiva (sentenza Valčiukienė e a., C‑295/10, EU:C:2011:608, punto 62).

59      Alla luce delle considerazioni che precedono, si deve rispondere alle prime due questioni dichiarando che gli articoli 2, lettera a), e 3, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2001/42 devono essere interpretati nel senso che l’adozione di un atto contenente un piano o un programma relativo alla pianificazione territoriale e alla destinazione dei suoli di cui alla direttiva 2001/42, che modifica un piano o programma preesistente, non può essere dispensata dall’obbligo di procedere ad una valutazione ambientale ai sensi di detta direttiva sulla base del rilievo che tale atto mira a precisare e attuare un piano regolatore introdotto da un atto gerarchicamente superiore che parimenti non è stato oggetto di una siffatta valutazione ambientale.

 Sulla terza e quarta questione

60      Tenuto conto della risposta fornita alle prime due questioni, si deve rilevare, per quanto concerne la questione se l’articolo 3, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/42 imponga parimenti una valutazione ambientale di piani e programmi previsti nel decreto impugnato, che la terza e quarta questione sono state poste nella mera ipotesi in cui la Corte avesse risposto che detti piani e programmi non dovevano essere oggetto di una tale valutazione in virtù dell’articolo 3, paragrafo 2, lettera a), di detta direttiva.

61      Alla luce di ciò, non occorre rispondere alla terza e alla quarta questione.

 Sulle spese

62      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Nona Sezione) dichiara:

Gli articoli 2, lettera a), e 3, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2001, concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente, devono essere interpretati nel senso che l’adozione di un atto contenente un piano o un programma relativo alla pianificazione territoriale e alla destinazione dei suoli di cui alla direttiva 2001/42, che modifica un piano o programma preesistente, non può essere dispensata dall’obbligo di procedere ad una valutazione ambientale ai sensi di detta direttiva sulla base del rilievo che tale atto mira a precisare e attuare un piano regolatore introdotto da un atto gerarchicamente superiore che parimenti non è stato oggetto di una siffatta valutazione ambientale.

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