Tar Calabria Catanzaro, sezione 1^, ordinanza 20.3.2015 n.519. Rimette gli atti alla Corte Costituzionale per sospetta incostituzionalità della soppressione del diritto del candidato presidente, giunto secondo, ad essere nominato consigliere regionale.

Va investita la Corte Costituzionale per sospetta incostituzionalità delle modifiche apportate al sistema elettorale della Regione Calabria in prossimità delle elezioni,  in elezioniquanto la potestà legislativa in materia elettorale non può essere esercitata dal Consiglio Regionale in prorogatio, né le novelle legislative nella predetta materia possono essere adottate a ridosso delle consultazioni.

testo integrale

Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria, Sezione Prima, ordinanza 20.3.2015 n.519. Presidente.Salemi; relatore:Raganella.

 

Con ricorso notificato in data 16.01.2015, l’odierna ricorrente, candidata non eletta alla carica di Presidente della Giunta Regionale calabrese per la lista regionale n.1 collegata alle liste circoscrizionali aventi i contrassegni “Casa delle Libertà-Forza Italia-Fratelli d’Italia”, chiede l’annullamento, in via principale, del verbale dell’Ufficio Centrale Circoscrizionale Centro c/o il Tribunale di Catanzaro del 09.12.2014, nella parte in cui è stato proclamato eletto alla carica di Consigliere regionale il Dott. Giuseppe Mangialavori all’esito delle recenti consultazioni elettorali per il rinnovo del Consiglio Regionale della Regione Calabria; contestualmente impugna i verbali di proclamazione alla carica di consigliere regionale di Giuseppe Morrone, Nazzareno Salerno e Giuseppe Graziano. Ciò al fine di ottenere una sentenza che dichiari il proprio diritto ad essere proclamata alla carica di consigliere regionale, in qualità di candidato Presidente della Giunta regionale che ha conseguito un numero di voti validi immediatamente inferiore a quello del candidato eletto presidente.

Espone la ricorrente che, a seguito delle elezioni svoltesi in data 23 novembre 2014 per il rinnovo della carica di Presidente della Giunta Regionale e del Consiglio Regionale della Regione Calabria, l’Ufficio Centrale Regionale c/o la Corte d’Appello di Catanzaro, con verbale del 9 dicembre 2014, ha proclamato eletto alla carica di Presidente della Giunta Regionale della Regione Calabria il sig. Mario Oliviero.

Nella fase immediatamente successiva alla proclamazione del Presidente della Giunta Regionale, l’Ufficio Centrale Regionale non ha proclamato eletta alla carica di consigliere regionale la ricorrente, sebbene rivesta la qualità di candidato alla carica di Presidente della Giunta regionale che ha conseguito un numero di voti validi immediatamente inferiore a quello del candidato proclamato eletto Presidente , mediante l’attribuzione, alla stessa, dell’ultimo dei seggi spettante alla sua coalizione, come previsto dal sistema vigente.

La ricorrente ipotizza che l’Ufficio Centrale Elettorale Regionale abbia ritenuto che la modifica introdotta con la legge regionale 12. 9.2014 n.19, mediante la quale è stato soppresso il secondo periodo del comma 2 dell’art.1 della L.R. n.1/2005 – che richiamava espressamente l’art. 5 della L.Cost. n.1/1999 – comporti l’inapplicabilità del secondo periodo dell’art. 5 della L. n.1/1999 e, conseguentemente, impedisca la sua proclamazione a consigliere regionale.

La ricorrente deduce che la previsione di cui all’art. 5, comma 1, secondo periodo della L Costituzionale n.1/1999 (nomina a consigliere regionale del candidato che ha riportato un numero immediatamente di voti inferiori a quello del Presidente eletto), seppure contenuta in una disposizione rubricata come “transitoria”, non avrebbe “carattere transitorio”, nel senso che non cessa di esistere con l’entrata in vigore delle leggi regionali, ma è norma di principio a garanzia delle c.d. minoranze.

Secondo la prospettazione della ricorrente, la norma della legge costituzionale che prevede la proclamazione a consigliere regionale del candidato (miglior) perdente alla carica di Presidente della Giunta regionale, costituirebbe norma di principio fondamentale del sistema elettorale regionale e, come tale, sarebbe direttamente applicabile alle elezioni regionali, a prescindere dal fatto che le Regioni l’abbiano espressamente recepita.

Chiede, quindi, all’annullamento degli atti impugnati nella parte in cui non hanno provveduto a proclamarla eletta alla carica di consigliere regionale con correzione dei risultati elettorali e surroga al posto del candidato erroneamente proclamato ultimo degli eletti quale consigliere regionale nella coalizione formata dalle liste “Casa delle Libertà, Forza Italia, Fratelli d’Italia”.

Si costituiscono in giudizio i sig.ri Giuseppe Morrone, Giuseppe Mangialavori, l’Ufficio Centrale c/o la Corte d’Appello di Catanzaro e la Regione Calabria chiedendo il rigetto del ricorso.

All’udienza pubblica del 20 marzo 2015, previa discussione della parti, la causa è stata trattenuta in decisione.

Il Collegio con separata sentenza ha rigettato l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dai resistenti e ha affermato la sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo.

Va ricostruito il quadro normativo di riferimento applicabile alla fattispecie.

L’art. 5 legge costituzionale 22 novembre 1999 n.1 ha dettato la disciplina transitoria in attesa dell’adozione dei nuovi Statuti regionali e delle leggi regionali elettorali, prevedendo, in termini espressi, l’elezione alla carica di consigliere del candidato Presidente della Giunta regionale con un numero di voti validi immediatamente inferiore a quello del candidato proclamato eletto Presidente.

La Legge Regionale 7 febbraio 2005 n.1 (norme per l’elezione del Presidente della Giunta regionale e del Consiglio regionale) all’art.1 comma 2 secondo periodo così recitava << Resta salva l’applicazione dell’art. 15, commi 13 e 14 della legge 17 febbraio 1968 , n.108, così come modificata dalla legge 23 febbraio 1995, n.43 e dall’art, 5, comma 1, della legge costituzionale 22 novembre 1999 n.1>>.

La Legge Regionale della Calabria 19 settembre 2014 n. 19, modificando l’art.1, lett.a) della legge regionale n.1/2005, ha soppresso “ il secondo periodo della comma 2”.

L’ultrattività della disposizione transitoria, dunque, è impedita dal suddetto recente intervento del legislatore regionale che ha conseguentemente vanificato l’aspettativa ad essere nominato consigliere regionale del candidato Presidente che segue il vincitore della competizione elettorale.

La tesi sostenuta dalla ricorrente è che l’art. 5 legge costituzionale 22 novembre 1999 n.1 avrebbe natura transitoria solo nel primo periodo (laddove disciplina l’elezione del Presidente della Giunta regionale) ma non nel secondo periodo laddove prevede l’elezione alla carica di consigliere del candidato alla carica di Presidente della Giunta regionale che ha conseguito un numero di voti validi immediatamente inferiore a quello del candidato proclamato eletto Presidente.

Tale approccio esegetico, tuttavia, non è confortato da alcuna apprezzabile argomentazione e, soprattutto, per quel che rileva in questa sede, si pone aperto contrasto con l’indirizzo della Corte Costituzionale (n.4/2010; n.45/2011) che ha ritenuto che la disposizione testé richiamata abbia natura transitoria, senza distinguere tra primo e secondo periodo del primo comma.

Né la transitorietà è smentita dalla decisione n. 728/2010 di questo Tribunale, richiamata dalla ricorrente a sostegno della natura non transitoria della legge costituzionale, in quanto tale pronuncia è stata emessa sotto l’ombrello del rinvio espresso all’art. 5, comma 1 legge costituzionale n.1/1999, da parte dell’allora vigente art. 1, comma 2, L.R. 1/2005.

Riepilogato il quadro normativo di riferimento, il Tribunale ritiene rilevante e non manifestatamente infondata la questione della conformità dell’art. 1, comma 1, lett.a) della L.R. 12 settembre 2014 n.19 nella parte in cui sopprime il comma 2 dell’art. 1 L.R. 1/2005 in riferimento alla violazione dell’art. 123 della Costituzione e in relazione all’art. 3 del Protocollo Addizionale n. 1 alla “Convenzione Europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali”, quale norma interposta integrativa dell’art. 117 co. 1 Cost.

E’ necessario ricostruire gli eventi che hanno preceduto l’adozione della legge regionale 12 settembre 2014 n. 19 mediante la quale si è provveduto a sopprimere il secondo periodo del co.2 dell’art. 1 della legge regionale 7 febbraio 2005 n.1.

Il Presidente della Giunta della Regione Calabria, dott.Giuseppe Scopelliti, a seguito di condanna penale, in data 29 aprile 2014, ha rassegnato le proprie dimissioni.

Il medesimo Presidente, in data 3 giugno 2014, (tardivamente in quanto oltre i 10 giorni stabiliti dall’art. 60 del regolamento del Consiglio) ha comunicato le proprie dimissioni al Consiglio regionale.

L’art. 126 co. 3 Cost. prevede che le dimissioni del Presidente della Giunta comportano le dimissioni della Giunta e lo scioglimento del Consiglio.

Alla stregua di tale disposizione costituzionale, con la comunicazione al Consiglio regionale delle dimissioni, avvenuta in data 3 giugno 2014, il predetto Consiglio si è sciolto de plano ed ha avuto inizio il regime di prorogatio con la conseguente limitazione delle sue funzioni agli atti necessari e urgenti.

L’articolo 18 dello Statuto della Regione Calabria, approvato con la legge regionale 19 ottobre 2004, n. 25, prevede al secondo comma che “Fino a quando non siano completate le operazioni di proclamazione degli eletti sono prorogati i poteri del precedente Consiglio”.

La Regione Calabria, con la legge n. 19 dell’11 settembre 2014, art.1 comma 1 lett.a), ha proceduto alla soppressione del secondo periodo del comma 2 della legge regionale 7 febbraio 20015 che faceva salva l’applicazione dell’art. 5, comma 1 della legge costituzionale 22/11/1999 n.1.

La soppressione della norma regionale che richiamava la legge costituzionale n.1/1999, dunque, è avvenuta con una legge adottata in pieno regime di prorogatio e senza che, peraltro, tale soppressione fosse imposta dalla necessità di adeguarsi ai rilievi formulati dal Governo con l’ impugnativa dinanzi alla Corte Costituzionale (deliberazione del Consiglio dei Ministri del 10 luglio 2014) proposta avverso le modifiche apportate dalla legge regionale 6 giugno 2014, n. 8 al sistema elettorale calabrese.

Tanto premesso, ritiene il Collegio che sussistano i presupposti di rilevanza e non manifesta infondatezza della questione di costituzionalità della norma di cui all’art. 1 comma 1 lett. a della legge regionale 12 settembre 2014 n.19 in relazione sia all’art. 18 dello Statuto della Regione Calabria adottato con Legge Regionale 19 ottobre 2004 n. 25, quale norma interposta rispetto all’art. 123 co. 1 Cost., sia in relazione all’art. 3 Protocollo Addizionale Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, quale norma interposta, rispetto all’art. 117 co. 1 Cost.

Nel dettaglio, quanto al profilo della rilevanza, se l’art.1 co. 1 lett. a della Legge Regionale 12 settembre 2014 n.19 non avesse disposto la soppressione del secondo periodo del comma 2 dell’art. 1 della L.R. 17/2005, sarebbe ancora in vigore il richiamo all’art. 5, comma 1, della legge costituzionale 22 novembre 1999, n.1, che prevede la nomina a consigliere regionale del candidato che ha riportato un numero immediatamente di voti inferiori a quello del Presidente eletto.

Deve pertanto dedursi che la pronuncia di annullamento del verbale di proclamazione degli eletti, oggetto del giudizio principale, è “condizionata” dalla decisione della sollevata questione di legittimità costituzionale in quanto, dalla eventuale sentenza di accoglimento della Corte Costituzionale, discenderebbe l’annullamento delle legge regionale nelle parte in cui, mediante la soppressione di cui sopra, impedisce alla ricorrente di essere proclamata alla carica di consigliere regionale.

Non si riscontrano d’altro canto alternative ermeneutiche del sistema elettorale idonee a renderla conforme ai parametri costituzionali indicati, posto che non appare in dubbio la transitorietà delle disposizione e, quindi, la sua inapplicabilità al caso di specie.

Né, in tale prospettiva, viene in ausilio l’art. 59 comma 5 bis dello Statuto, aggiunto dall’art. 1 della L.R. 20 aprile 2005 n.11, che si è fatto carico di consentire al Legislatore Regionale di prevedere l’aumento del numero dei consiglieri nel caso di attribuzione di un seggio aggiuntivo al Presidente candidato miglior perdente.

Tale facoltà è stata esercitata dal Legislatore fino alla recente modifica avvenuta con la citata l. n.19/2014 quando espressamente ha soppresso ogni richiamo alla legge costituzionale.

Venendo al profilo della non manifesta infondatezza, ritiene il Collegio che anch’esso meriti positivo apprezzamento, in relazione ad entrambi i parametri costituzionali sopra indicati.

In particolare, il “dubbio” sulla costituzionalità dell’art1. comma 1 lett. a) della legge regionale12 settembre 2014 n.19, sorge, in primo luogo, in relazione al “parametro interposto” costituito dall’art. 18 dello Statuto della Regione Calabria, con riguardo all’art. 123 Cost, interpretato nel senso che, nel periodo di prorogatio di un organo legislativo – quale il Consiglio regionale sciolto per effetto delle dimissioni del Presidente della Regione – tale organo sia titolare unicamente “delle attribuzioni relative ad atti necessari ed urgenti, dovuti o costituzionalmente indifferibili” (sentenza Corte Cost. n. 68 del 2010), essendo connaturale a tale istituto proprio la limitazione dei poteri degli organi regionali, anche laddove non espressamente previsti dallo Statuto regionale; attribuzioni limitate in forza della deminutio della rappresentatività politica dell’organo legislativo “in scadenza” e tra le quali non può intendersi ricompresa l’adozione di una legge elettorale.

La Corte costituzionale è tornata nuovamente ad occuparsi della prorogatio dei Consigli regionali con la sent. 68/2010 ribadendo che l’esistenza di limiti “immanenti” all’istituto della prorogatio è principio consolidato sia a livello nazionale (essendo l’istituto della prorogatio previsto dall’art. 61 co. 2 Cost, al fine di assicurare la continuità funzionale del Parlamento, ed interpretato nel senso che le Camere in scadenza debbano attenersi allo svolgimento della cosidetta “ordinaria amministrazione”); sia con riguardo alle assemblee regionali (oggetto di specifico esame nella sentenza Corte Cost. 68 del 2010), poiché proprio dalla considerazione che tale istituto costituisce il punto di equilibrio tra il principio di rappresentatività e l’esigenza di continuità funzionale dell’attività cui sono preposti gli organi rappresentativi deriva che, seppure non è esigibile una “paralisi” assoluta delle attribuzioni riconosciute all’organo legislativo (Corte Cost. sentenza 515 del 1995), è però connaturale alla prorogatio il “depotenziamento” delle ordinarie attribuzioni, dovendosi riconoscere alle assemblee regionali in fase pre-elettorale solo la “eccezionale possibilità di esercitare alcuni dei loro poteri per rispondere a speciali contingenze, quale ragionevole soluzione di bilanciamento tra il principio di rappresentatività ed il principio di continuità funzionale (..)”.

D’altra parte, è evidente che nell’immediata vicinanza al momento elettorale, pur restando ancora titolare della rappresentanza del corpo elettorale regionale, il Consiglio regionale non solo deve limitarsi ad assumere determinazioni del tutto urgenti o indispensabili, ma deve comunque astenersi, al fine di assicurare una competizione libera e trasparente, da ogni intervento legislativo che possa essere interpretato come una forma di captatio benevolentiae nei confronti degli elettori (sentenza 68 del 2010).

Quanto alla fonte disciplinante la concreta delimitazione dei poteri esercitabili dal Consiglio Regionale in regime di prorogatio, come precisato dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 68/2010 sopra citata, in forza della legge costituzionale n. 1 del 1999 – che ha attribuito allo statuto ordinario la definizione della forma di governo e l’enunciazione dei principi fondamentali di organizzazione e funzionamento della Regione, in armonia con la Costituzione (art. 123, primo comma, Cost.) e ha demandato al legislatore regionale la disciplina del sistema elettorale e dei casi di ineleggibilità e di incompatibilità «che stabilisce anche la durata degli organi elettivi» (art. 122, primo comma, Cost.) -<<la disciplina della eventuale prorogatio degli organi elettivi regionali dopo la loro scadenza o scioglimento o dimissioni, e degli eventuali limiti dell’attività degli organi prorogati, è di competenza dello statuto della Regione, ai sensi del nuovo articolo 123, come parte della disciplina della forma di governo regionale>> (Corte Cost. sentenza 196 del 2003); con la precisazione che, in ogni caso, nel disciplinare tale profilo gli Statuti “dovranno essere in armonia con i precetti e con i principi tutti ricavabili dalla Costituzione, ai sensi dell’art. 123, primo comma, della Costituzione” (Corte Cost. sentenza n. 304 del 2002).

Sul punto, secondo principi consolidati emergenti dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale anche nell’ipotesi in cui lo Statuto regionale non preveda espressamente limitazione ai poteri esercitabili dal Consiglio e dalla Giunta regionale in fase di prorogatio, la disposizione deve comunque essere interpretata, in armonia con la Costituzione ex art. 123 co. 1 Cost, come “facoltizzante il solo esercizio delle attribuzioni relative ad atti necessari ed urgenti, dovuti o costituzionalmente indifferibili, e non già certo come espressiva di una generica proroga di tutti i poteri degli organi regionali” (Corte Cost. sentenza n. 68 del 2010).

Nel caso di specie, l’art. 18 co. 2 dello Statuto della Regione Calabria, prevede al comma 2 che “fino a quando non siano completate le operazioni di proclamazione degli eletti sono prorogati i poteri del precedente Consiglio”, senza ulteriore specificazione.

Dovendo però interpretarsi tale norma, quale parametro interposto in relazione all’art. 123 co.1 Cost, alla luce dei principi sopra riportati inerenti l’istituto della prorogatio, deve da un lato essere esclusa la pienezza di poteri attribuiti all’organo legislativo sciolto e, nello specifico, non suscettibile di essere ricompreso in quelli eccezionalmente riconosciuti, per garantire la continuità funzionale dell’organo legislativo, quello di adottare le norme della “legge elettorale” sopra indicate, modificative della legge elettorale previgente; ciò sulla considerazione che la “legge elettorale” definendo le regole di composizione degli organi elettivi essenziali per il funzionamento di un sistema democratico-rappresentativo costituisce una delle massime espressioni del principio di rappresentatività politica, la quale è “attenuata” per gli organi in fase pre-elettorale e può esplicarsi, proprio alla luce delle esigenze di continuità funzionale sottese alla prorogatio, solo nell’adozione di atti necessari a garantire, nelle circostanze concrete, tale continuità.

In conclusione, deve, pertanto, ritenersi non manifestamente infondata la questione di costituzionalità dell’art. 1 comma 1 lett. a della Legge regionale 12 settembre 2014 n.19 adottata in regime di prorogatio dal Consiglio Regionale,in relazione all’art. 18 co. 2 dello Statuto della Regione Calabria, quale norma interposta integrativa dell’art. 123 Cost.

Ritiene il Tribunale, peraltro, che deve affermarsi la non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale anche in relazione all’art. 3 del Protocollo Addizionale n. 1 alla “Convenzione Europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali”, quale norma interposta integrativa dell’art. 117 co. 1 Cost., nella parte in cui sancisce il diritto a libere elezioni, la quale va interpretata conformemente alla giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (in particolare, in forza della decisione 6.11.2012 in Causa 30386/05 Ekoglasnost c. Bulgaria).

Secondo quanto statuito dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo con la decisione sopra indicata, “la stabilità della legislazione elettorale assume una particolare importanza per il rispetto dei diritti garantiti dall’articolo 3 del Protocollo n. 1. In effetti, se uno Stato modifica troppo spesso le regole elettorali fondamentali o se le modifica alla vigilia di uno scrutinio, rischia di scalfire il rispetto del pubblico per le garanzie che si presume assicurino libere elezioni o la sua fiducia nella loro esistenza (Partito laburista georgiano c. Georgia n. 9103/04, § 88, CEDU 2008)”.

Quanto alla valutazione del profilo temporale, nell’interpretare la predetta norma convenzionale, la Corte di Strasburgo richiama il “Codice di buona condotta in materia elettorale” adottato dalla Commissione per la Democrazia attraverso il Diritto, (cd.”Commissione di Venezia”), approvato nel 2003 dall’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, il cui art. 63 – rubricato “Livelli normativi e stabilità del diritto elettorale”- evidenzia che “gli elementi fondamentali del diritto elettorale, e in particolare il sistema elettorale propriamente detto, la composizione delle commissioni elettorali e la suddivisione in seggi elettorali delle circoscrizioni non dovrebbero poter essere modificate entro l’anno che precede le elezioni, o dovrebbero essere trattate a livello costituzionale o a livello superiore a quello della legge ordinaria” .

Il principio interpretativo affermato dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, in relazione all’art. 3 del Protocollo Addizionale n. 1 CEDU, sia pure richiamando norme di soft law non vincolanti, quale è l’art. 68 del “Codice di buona condotta in materia elettorale”, sopra riportato, consente di concludere che, seppure la norma di cui all’art. 3 Protocollo Addizionale n 1 della CEDU non impone “un divieto totale e tassativo di introduzione di modifiche normative in ambito elettorale nell’anno che precede la competizione” (Cons. giust. amm. Sicilia sez. giurisd. 28 gennaio 2015 n. 76), sono però da ritenersi non compatibili con tali norme convenzionali europee le novelle legislative in materia elettorale adottate a ridosso delle consultazioni (ovvero in un arco temporale anche non brevissimo, quale l’anno antecedente le elezioni), non supportate da ragionevoli e adeguate ragioni o da esigenze di rispetto di interessi generali, eventualmente comparabili con quello della “stabilità” della legislazione elettorale.

Nella fattispecie oggetto della presente delibazione, la norma sospettata di incostituzionalità è stata adottate circa due mesi prima della consultazione elettorale da un organo elettivo in prorogatio (la Legge Regionale è stata approvata in data 12 settembre 2014; le consultazioni elettorali si sono svolte in data 23 novembre 2014); né dall’esame delle stesse è evincibile un’ipotesi che possa giustificare, alla luce dei principi espressi dalla Corte di Strasburgo e vincolanti l’interpretazione delle norme della CEDU per il giudice nazionale, l’adozione di modifiche del sistema elettorale deve pertanto concludersi nel senso della non manifesta infondatezza della questione di costituzionalità delle norme appena citate anche in relazione all’art. 3 del Protocollo addizionale n. 1 CEDU, quale norma interposta integrativa del parametro costituzionale espresso dall’art. 117, primo comma, Cost. nella parte in cui impone la conformazione della legislazione interna “ai vincoli derivanti dagli obblighi internazionali” ( cfr. Corte cost. n. 113 del 2011).

In conclusione, alla luce di quanto esposto, il Tribunale sospetta di incostituzionalità la norma di cui agli artt. 1 co. 1 lett. a della Legge Regionale 12 settembre 2014 n.19- che ha soppresso il secondo periodo del comma 2 dell’art. 1 della legge regionale 7 febbraio 2005 n.1 per violazione dell’art. 3 Protocollo Addizionale n. 1 CEDU, in relazione agli artt. 117 co. 1 Cost. nella parte in cui impone la conformazione della legislazione interna all’art. 3 del Protocollo Addizionale n. 1 alla CEDU e all’art. 123 Cost. e per violazione dell’art. 18 dello Statuto della Regione Calabria adottato con Legge Regionale 19 ottobre 2044 n. 25, quale parametro interposto in relazione all’art. 123 Cost.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Prima) dichiara rilevanti e non manifestamente infondate, in relazione all’art. 123 della Costituzione e all’art.117, comma 1, della Costituzione, anche alla luce dell’art. 3 Prot. n. 1 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, la questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1 co. 1 lett. a nel testo risultante dalla legge regionale n.19/2014.

Manda alla Cancelleria di notificare la presente ordinanza al Presidente della Giunta Regionale, nonché di darne comunicazione al Presidente del consiglio Regionale ed alle parti del presente giudizio.

Dispone l’immediata trasmissione degli atti, comprensivi della documentazione attestante il perfezionamento delle prescritte comunicazioni e notificazioni, alla Corte Costituzionale.

Sospende il giudizio in corso.

Così deciso in Catanzaro nella camera di consiglio del giorno 20 marzo 2015 con l’intervento dei magistrati:

Guido Salemi, Presidente

Emiliano Raganella, Primo Referendario, Estensore

Raffaele Tuccillo, Referendario

 

 

La potestà legislativa in materia elettorale non può essere esercitata dal Consiglio Regionale in prorogatio, né le novelle legislative nella predetta materia possono essere adottate a ridosso delle consultazioni.

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