Tribunale Amministrativo Regionale Lombardia, Brescia, Sezione Prima, sentenza 25 maggio 2017 n. 696

La contemporanea assenza del presidente del consiglio comunale e le dimissioni dalla carica di vicepresidente da parte del consigliere investito delle funzioni vicarie, non impediscono il regolare svolgimento dell’adunanza del consiglio comunale. In mancanza di una disposizione statutaria nella materia delle funzioni vicarie adottata secondo il rinvio operato dall’art.39, comma 1, d.lgs. n.267/2000, il principio generale di continuità degli organi politici indica la soluzione nel transito automatico delle stesse al consigliere anziano, scongiurando il riconsiglio comunaleschio dell’interruzione dell’attività di tali organi collegiali. L’autonomia statutaria può essere esercitata per individuare ulteriori forme di sostituzione, aggiuntive e prevalenti, del presidente del consiglio comunale nella previsione della figura del vicepresidente, ma non può escludere espressamente le funzioni vicarie residuali del consigliere anziano, in quanto priverebbe il consiglio comunale di uno strumento per bilanciare l’assenza o le dimissioni contemporanee del presidente e del vicepresidente. Talvolta alle dimissioni è associato un rilievo politico, che in quanto tale non è sindacabile, ma, al di fuori dei casi tassativamente previsti dalla legge, deve produrre conseguenze solo nella sfera personale del singolo consigliere, senza ostruire o condizionare il funzionamento dell’intero organo collegiale. Il necessario contrappeso è quindi il subentro automatico di un altro soggetto, che garantisca la prosecuzione dei lavori. Anche sotto questo profilo, l’art. 39 comma 1 del Dlgs. 267/2000 si rivela una norma di chiusura in grado di dare ordine alle diverse esigenze che si manifestano nello svolgimento dell’attività istituzionale in forma collegiale.

massima di Gloria Sdanganelli ©

testo integrale

Tribunale Amministrativo Regionale Lombardia, Brescia, Sezione Prima, sentenza 25 maggio 2017 n. 696. Presidente: Calderoni; relatore: Pedron

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FATTO e DIRITTO

1. All’epoca dei fatti il ricorrente rivestiva la carica di vicepresidente del consiglio comunale del Comune di Crema.

2. In occasione della seduta del consiglio comunale del 23 luglio 2015, avente all’ordine del giorno l’adozione della variante parziale n. 1 al PGT, comprensiva del piano delle attrezzature religiose, il presidente era assente per ferie.

3. Allo scopo di impedire lo svolgimento dei lavori consiliari (e in particolare l’approvazione della variante urbanistica), il ricorrente, in apertura di seduta, ha comunicato di volersi dimettere da vicepresidente con effetto immediato, consegnando la lettera di dimissioni al segretario generale per la contestuale protocollazione. Secondo il ricorrente, poiché lo statuto comunale (v. art. 19 comma 1) attribuisce le funzioni vicarie al solo vicepresidente, senza nulla stabilire circa l’eventuale estensione di tali funzioni ad altri soggetti, il consiglio comunale non avrebbe potuto deliberare per mancanza di una figura istituzionale necessaria ad assicurare la validità della riunione.

4. Il segretario generale ha invece immediatamente fornito al consiglio comunale una consulenza di segno diverso, indicando quale sostituto del vicepresidente dimissionario il consigliere anziano, secondo quanto stabilito nell’art. 39 comma 1 del Dlgs. 18 agosto 2000 n. 267. Il consiglio comunale ha implicitamente condiviso tale indicazione, mantenendo il quorum costitutivo per l’intera seduta.

5. Nel corso della seduta è stata adottata la variante parziale n. 1 al PGT, comprensiva del piano delle attrezzature religiose (v. deliberazione consiliare n. 61 del 23 luglio 2015).

6. Contro la suddetta deliberazione il ricorrente ha proposto impugnazione, sostenendo che nell’art. 39 comma 1 del Dlgs. 267/2000 sarebbe codificata una riserva a favore dello statuto comunale (“[q]uando lo statuto non dispone diversamente”), con la conseguenza che la norma statale si applicherebbe solo quando lo statuto comunale non preveda la figura del vicepresidente.

7. Il Comune si è costituito in giudizio, eccependo il difetto di legittimazione del ricorrente, e chiedendo la reiezione del ricorso nel merito.

8. Con motivi aggiunti sono state impugnate le deliberazioni consiliari n. 92 del 17 dicembre 2015 e n. 93 del 18 dicembre 2015, con le quali sono state approvate le controdeduzioni alle osservazioni ed è stata approvata la variante parziale n. 1 al PGT, comprensiva del piano delle attrezzature religiose. Tali deliberazioni sono censurate (i) per illegittimità derivata; (ii) per mancanza dei pareri dei comitati di cittadini e delle autorità di pubblica sicurezza, necessari ex art. 72 comma 4 della LR 11 marzo 2005 n. 12 quando vengono individuare aree destinate alle attrezzature religiose; (iii) per violazione del termine di 90 giorni relativo alla decisione sulle osservazioni ai sensi dell’art. 13 comma 7 della LR 12/2005.

9. Sulle questioni rilevanti ai fini della decisione si possono svolgere le seguenti considerazioni:

(a) la legittimazione del ricorrente si collega sia alla posizione di consigliere comunale sia alla posizione di vicepresidente dimissionario. L’argomento principale del ricorso riguarda infatti l’interpretazione delle norme che regolano le funzioni vicarie nell’ambito dei lavori del consiglio comunale. Il rispetto di tali norme tutela direttamente il munus dei componenti dell’organo collegiale, i quali hanno il diritto di deliberare secondo le regole e con le garanzie riconosciute dall’ordinamento. In aggiunta, il vicepresidente ha il diritto di tutelare la propria carica contro l’usurpazione da parte di soggetti non investiti delle funzioni vicarie;

(b) passando alla questione della titolarità delle funzioni vicarie, si ritiene condivisibile la tesi che afferma il transito automatico delle stesse al consigliere anziano nell’ipotesi di contemporanea indisponibilità o di dimissioni del presidente e del vicepresidente;

(c) il rinvio allo statuto comunale effettuato dall’art. 39 comma 1 del Dlgs. 267/2000 deve essere coordinato con il principio generale di continuità degli organi politici. Non può essere quindi accettata un’interpretazione che ammetta il rischio, sia pure in ipotesi residuali, di un’interruzione dell’attività di tali organi per impossibilità di procedere nei lavori. L’autonomia statutaria può invece essere esercitata sull’altro versante, ossia per individuare ulteriori forme di sostituzione, aggiuntive e prevalenti, del presidente del consiglio comunale. Normalmente, questo margine di discrezionalità si concretizza nella previsione della figura del vicepresidente. Ne consegue che il consigliere anziano risulta escluso quando vi sia un soggetto investito della funzione di vicepresidente e disponibile a esercitare tale funzione. In caso contrario, la previsione statutaria non può operare, e dunque si riespande il ruolo del consigliere anziano descritto nella norma statale;

(d) nel silenzio dello statuto comunale si deve pertanto ritenere che il meccanismo di sostituzione, dopo l’esaurimento di tutti i gradi previsti dallo statuto stesso, prosegua fino al consigliere anziano. A provocare dubbi di legittimità sarebbe invece una previsione statutaria che escludesse espressamente le funzioni vicarie residuali del consigliere anziano, in quanto priverebbe il consiglio comunale di uno strumento per bilanciare l’assenza o le dimissioni contemporanee del presidente e del vicepresidente;

(e) talvolta alle dimissioni è associato un rilievo politico, che in quanto tale non è sindacabile, ma, al di fuori dei casi tassativamente previsti dalla legge, deve produrre conseguenze solo nella sfera personale del singolo consigliere, senza ostruire o condizionare il funzionamento dell’intero organo collegiale. Il necessario contrappeso è quindi il subentro automatico di un altro soggetto, che garantisca la prosecuzione dei lavori. Anche sotto questo profilo, l’art. 39 comma 1 del Dlgs. 267/2000, come sopra interpretato, si rivela una norma di chiusura in grado di dare ordine alle diverse esigenze che si manifestano nello svolgimento dell’attività istituzionale in forma collegiale;

(f) per quanto riguarda la censura relativa alla procedura di individuazione delle attrezzature religiose, si osserva che l’art. 72 comma 4 della LR 12/2005 è stato cancellato dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 63 del 24 marzo 2016. Relativamente al termine di 90 giorni stabilito dall’art. 13 comma 7 della LR 12/2005 per la decisione sulle osservazioni pervenute, occorre sottolineare che la sanzione prevista per il caso di inosservanza non è l’invalidità degli atti successivi ma l’inefficacia di quelli già assunti. Si tratta evidentemente di inefficacia temporanea, con finalità sollecitatore. La situazione viene quindi superata nel momento in cui il consiglio comunale delibera sulle osservazioni e approva definitivamente lo strumento urbanistico.

10. Il ricorso introduttivo e i motivi aggiunti devono pertanto essere respinti.

11. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in € 2.000, oltre agli oneri di legge.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando:

(a) respinge il ricorso introduttivo e i motivi aggiunti;

(b) condanna il ricorrente a versare al Comune, a titolo di spese di giudizio, l’importo di € 2.000, oltre agli oneri di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 23 febbraio 2017 con l’intervento dei magistrati:

Giorgio Calderoni, Presidente

Mauro Pedron, Consigliere, Estensore

Stefano Tenca, Consigliere

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