Tribunale Amministrativo Regionale Piemonte, Sezione Prima, sentenza 9 giugno 2017 n.717

E’ giustificata da un pericolo concreto per l’incolumità pubblica l’ordinanza contingibile ed urgente del Sindaco che obbliga il responsabile dell’inquinamento di un’area di sua proprietà per omessa vigilanza ediscarica custodia colpevole, di predisporre un piano di monitoraggio del metano e gas interstiziali nocivi prodotti da rifiuti idonei a contaminare aria e falda acquifera in quantità non necessariamente preventivabili, ma tali da determinare in modo repentino danni gravissimi se non la morte delle persone, e di procedere alla bonifica ambientale ai sensi dell’art. 244 D. L.vo 152/2006. La responsabilità per l’inquinamento da metalli pesanti nel suolo e nelle acque non dipende dalla mera titolarità dell’area adibita a discarica abusiva negli anni in cui essa è stata oggetto di conferimento di rifiuti, sibbene dal fatto che, nella migliore delle ipotesi, colpevolmente è stata omessa una attività di vigilanza e custodia del sito, e con ciò facendo ha concretamente agevolato la condotta di coloro che, per circa 15 anni, hanno depositato nella ex-cava un ingentissimo volume di rifiuti. Gli obblighi di bonifica ambientale non richiedono che sia ravvisabile in capo al responsabile dell’inquinamento un coefficiente soggettivo di colpevolezza, che è invece richiesto dall’art. 192 del D.L.vo 152/2006 al fine di ordinare al proprietario del sito interessato dall’abbandono incontrollato di rifiuti la rimozione degli stessi. La differenza sussistente tra tale situazione e quella divisata dagli articoli 242 e 244 del D. L.vo 152/2006 è che in questo secondo caso si è in presenza di una contaminazione ambientale (con o senza presenza di rifiuti da asportare), la quale giustifica l’inasprimento della responsabilità, che scatta in presenza del mero riscontro di una condotta attiva od omissiva causativa del danno ambientale, a prescindere dal riscontro di un coefficiente di colpevolezza. Venendo in considerazione la tutela dell’ambiente nonché la tutela della salute umana, in applicazione del principio di precauzione non si può pensare di bloccare l’inizio di una bonifica solo perché non è ancora chiaro quali opere sia necessario eseguire per dare corso ad una bonifica. E’ sufficiente che si proceda nei confronti dei responsabili già identificati, e che questi siano obbligati a fare tutto quanto in concreto ritenuto necessario dagli organi tecnici per bonificare un sito.

massima della redazione ©

testo integrale

Tribunale Amministrativo Regionale Piemonte, Sezione Prima, sentenza 9 giugno 2017 n.717. Presidente: Giordano; relatore: Ravasio.

omissis

FATTO

1. Con ricorso passato a notifica il 9 ottobre 2014 Fiat S.p.A., ora Fiat Chrisler Automobiles N.V. (in prosieguo indicata solo con l’acronimo “FCA”) ha impugnato l’ordinanza del Sindaco di Moncalieri n. 50 del 24 giugno 2014, in epigrafe indicata, con la quale è stato ad essa ordinato di procedere, entro i successivi trenta giorni, ad un monitoraggio sul Viale Europa per verificare la presenza di gas e altre sostanze volatili nocive provenienti dal fondo di proprietà Fiat censito al Foglio 37, mapp. 773 e 779, nonché per la implementazione di misure di sicurezza d’emergenza finalizzate a ripristinare le concentrazione dei gas e sostanze nocive rilevati.

2. Ha premesso FCA, nella narrativa di ricorso, che il fondo indicato nella ordinanza – meglio conosciuto come “ex area Carpice” – era un tempo adibito a cava ed è stato di proprietà di FIAT S.p.A. dal 1967 al 1991. Nel 2003, in occasione dell’avvio di lavori di realizzazione di una infrastruttura produttiva ad opera dei nuovi proprietari, Carpice s.r.l. e la signor Alessandra Curti, furono rinvenuti rifiuti interrati che rischiavano di compromettere la falda sotterranea e per tale ragione il Dirigente del Settore Servizi Tecnici e Ambientali del Comune aveva ordinato la bonifica del sito.

3. Nel 2004 veniva approvato il piano di caratterizzazione dell’area Carpice (ex Fiat); nel 2006 interveniva la approvazione dei progetti definitivi di bonifica, fase I, e nel 2007 la approvazione dei progetti definitivi di bonifica, fase II. Nel 2010, tuttavia, in occasione del collaudo delle nuove opere realizzate sul sito, veniva effettuato un campionamento dal quale emergeva la presenza di gas che superavano i limiti di esplosività.

4. La Provincia chiedeva allora di valutare l’opportunità di apportare una variante al progetto di bonifica. Nel 2012 veniva rilevata da ARPA la presenza di gas interstiziali nei locali interrati dei fabbricati realizzati sull’area di interramento dei rifiuti, e nel 2013 veniva apprezzata la presenza di gas metano anche nei locali interrati dei fabbricati posti nella zona a sud ed a est dell’area stessa. Per tale ragione con ordinanza n. 50/2013 il Sindaco di Moncalieri ordinava a Carpice s.r.l. ed alla signora Curti di implementare misure di sicurezza allo scopo di riportare la concentrazioni di gas indooor e outdoor entro i limiti di sicurezza.

5. Carpice s.r.l. e la signora Curti provvedevano ad installare, sulle aree di rispettiva proprietà, un impianto di estrazione del biogas, in relazione al quale il Sindaco ,con la successiva ordinanza n. 24/2014, ordinava l’adozione di migliorie. Parallelamente il Sindaco, con ordinanza n. 145/2013 ordinava ai residenti ed ai proprietari di stabili nella vicina Via della Cava n. 14, di posizionare sistemi di monitoraggio continuo del gas all’interno dei locali interrati o, in alternativa, di ivi dismettere l’impianto elettrico.

6. In questo contesto con ordinanza n. 50/2014, impugnata con il ricorso n. 1217/2014 R.G., il Sindaco ha esteso anche a FIAT S.p.A. l’ordine di predisporre un piano di monitoraggio di metano e gas interstiziali nocivi, di eseguire degli interventi di messa in sicurezza e di adottare ogni altra misura utile a garantire il corretto monitoraggio di gas e vapori sulle aree contigue, in particolare nella zona tra Viale Europa e Via Vinovo.

7. Avverso tale ordinanza Fiat S.p.A. ha proposto impugnazione deducendone la illegittimità per i seguenti motivi:

I) travisamento e/o mancanza di un presupposto: la ricorrente non ha la disponibilità dell’area, non ne è più proprietaria dal 1991 e non ha alcuna responsabilità: la formazione dei gas interstiziali è infatti da addebitarsi al fatto che la nuova proprietà effettuò, quale misura di messa in sicurezza, la tombatura dei rifiuti, i quali degradandosi producono naturalmente gas che è così rimasto intrappolato, anche perché contestualmente non è stato realizzato un impianto di estrazione del biogas;

II) La ricorrente non ha la disponibilità giuridica e di fatto dell’area, non ne è proprietaria e non è responsabile dell’accaduto, che deve ascriversi al fatto che Carpice ha effettuato la c.d. tombatura dei rifiuti, senza prevedere un correlato sistema di aspirazione del gas metano che si produce naturalmente per effetto del degrado naturale dei rifiuti;

III) mancanza di un pericolo di un danno grave per la incolumità pubblica e la sicurezza urbana, pericolo che deve rivestire i caratteri della concretezza e deve essere assolutamente eccezionale ed imprevedibile: nella specie non è stata dimostrata l’esistenza di un pericolo imminente ed irreparabile, né l’evento che si deve fronteggiare sarebbe eccezionale ed imprevedibile;

IV) mancata comunicazione dell’avvio del procedimento finalizzato alla adozione della ordinanza impugnata

V) illogicità e contraddittorietà, perché si chiede di intervenire senza pregiudizio ed interferenze con gli interventi già adottati a seguito delle precedenti ordinanze, e ciò in una sede procedimentale che non è quella che ha ad oggetto la procedura di bonifica; in ogni caso FIAT ha già pagato i progetti di bonifica presentati da Carpice e da questa eseguiti, in forza di una pronuncia, non ancora passata in giudicato, per cui FIAT finirebbe per pagare due volte;

VI) falso presupposto: l’ordinanza impugnata si fonda su quanto accertato dalla sentenza della Corte d’Appello di Torino n. 1588/2013 per affermare la responsabilità di FIAT, che ivi non ha mai allocato rifiuti idonei a produrre biogas, ma solo vetture inutilizzabili; risulta, di contro, che la precedente proprietà venne autorizzata dal Comune di Moncalieri a scaricarvi rifiuti degradabili, ivi compresi le carcasse di animali morti a causa di malattie infettive.

8. FIAT S.p.A. ha quindi insistito per l’annullamento della ordinanza impugnata o, in subordine, per la condanna del Comune di Moncalieri al risarcimento del danno conseguente alla necessità di dare esecuzione alla ordinanza, danno questo da quantificare in non meno di E. 833.052,38 Euro, cioè all’ammontare delle somme di danaro già pagate da FIAT a Carpice s.r.l. a rimborso delle spese da questa sostenute per la bonifica del sito.

9. Si sono costituiti in giudizio sia il Ministero dell’Interno che il Comune di Moncalieri, che hanno insistito per la reiezione del ricorso.

10. Il Comune di Moncalieri, in particolare, ha richiamato le risultanze di una consulenza tecnica d’ufficio esperita nella causa civile intercorsa tra Carpice s.r.l. e FIAT S.p.A., nella quale si è dato atto che il sottosuolo dell’area e la falda acquifera sono state contaminate da agenti di vario tipo, riconducibili sia a Rifiuti Solidi Urbani sia allo stoccaggio di vetture ed alle sostanze nocive che esse possono aver rilasciato. Sul presupposto che la responsabilità per l’inquinamento sia riconducibile esclusivamente a FIAT, come acclarato dalla Corte d’Appello di Torino, il Comune di Moncalieri ha chiesto alla ricorrente di mettere in sicurezza una ulteriore area, diversa da quella trasferita in proprietà a Carpice s.r.l. ed alla Curti, un’area che ora è di proprietà comunale e corrisponde al sedime del Viale Europa. Secondo il Comune, a seguito dei trasferimenti di proprietà vi sarebbero state variazioni catastali, e solo per errore i mappali n. 773 e 779 non sono stati registrati in capo a FIAT. In ogni caso essa è destinataria della ordinanza in qualità di soggetto responsabile dell’inquinamento, ascrivibile sia all’interramento di vetture provenienti dalla alluvione di Firenze, riesumate solo nel 1975 per recuperare da esse quanto poteva essere riutilizzato, sia al successivo intombamento di rifiuti di provenienza industriale, che secondo la consulenza tecnica esperita in sede civile , è verosimile abbiano rilasciato le numerose sostanze nocive volatili che sono state rilevate in sito (cloruro di vinile, benzene, toluene, xileni, esani).

10.1. Il Comune di Moncalieri ha, ancora, argomentato la necessità di effettuare il c.d. capping quale unico mezzo per evitare l’ulteriore infiltrazione d’acqua tra i rifiuti, stante che l’acqua, unitamente alla carenza di ossigeno ed alla presenza di materie organiche, costituisce una delle ragioni di formazione di gas dai rifiuti. Il monitoraggio richiesto a FIAT costituisce uno strumento necessario per ben orientare la evacuazione del gas prodotto dai rifiuti. La situazione pericolosa deriva dal fatto che nell’area indicata dal dispositivo sono state rilevate concentrazioni di metano che indicano la prossimità della esplosione, nonché alte concentrazioni di altre sostanze nocive per la salute: tali gas si muovono nel sottosuolo in maniera imprevedibile ed evacuano dove trovano uno sfogo, il che dipende da fattori che dall’esterno non possono essere controllati. L’urgenza di provvedere giustificava la mancata comunicazione alla ricorrente di avvio del procedimento, e del resto una simile comunicazione è stata omessa anche rispetto alle precedenti ordinanze contingibili ed urgenti che sono state notificate agli altri soggetti interessati (Carpice s.r.l., Condominio di Via della Cava 14, Curti Alessandra). Non sussiste, infine, la prospettata contraddittorietà del provvedimento laddove esso impone di coordinarsi ai piani di monitoraggio ed alle misure di sicurezza già adottati, dal momento che nel caso di specie viene in considerazione un’area fisicamente distinta. Per la ragione da ultimo indicata è destituita di fondamento anche la domanda risarcitoria, dal momento che le somme corrisposte a Carpice s.r.l. riguardano un’area, appunto, diversa.

11. Si è costituita in giudizio, per resistere al ricorso, anche Carpice s.r.l. deducendo il passaggio in giudicato della sentenza della Corte d’Appello di Torino che ha accertato la ascrivibilità a FIAT dell’inquinamento rilevato nell’area acquistata da Carpice s.r.l. e nei dintorni di essa: in particolare detto inquinamento è dovuto – secondo la sentenza – al fatto che, dopo la riesumazione delle vetture interrate da FIAT nel 1966, la ricorrente avrebbe utilizzato la ex cava riempiendola con rifiuti prevalentemente provenienti dalla industria metalmeccanica, che si sono accumulati a quelli già depositati dalla precedente proprietà. Priva di pregio sarebbe la tesi secondo cui la situazione attuale sarebbe da addebitare al c.d. capping, dal momento che comunque all’origine di tutto sta il deposito incontrollato di rifiuti effettuato da FIAT fino alla metà degli anni ottanta, che ha portato allo stoccaggio di circa 560.000 mc di rifiuti della specie che si è detto in una discarica non confinata.

12. All’esito della camera di consiglio del 21 novembre 2014 l’istanza cautelare proposta dalla ricorrente è stata respinta.

13. La signora Curti si è pure costituita in giudizio insistendo nella reiezione del ricorso, con comparsa depositata il 4 dicembre 2014.

14. Con ricorso per motivi aggiunti depositato il 6 maggio 2015 FIAT Chrisler Automobiles N.V., succeduta a FIAT S.p.A, premettendo di aver ottemperato alla ordinanza n. 50/2016 implementando un sistema di monitoraggio dei gas, ha riferito che il 2 febbraio 2015 venivano avviati i primi campionamenti dai quali risultava che in uno dei quattro pieziometri i valori di metano erano compresi nel limite di esplosività. Di seguito a ciò ARPA Piemonte chiedeva agli Enti competenti la adozione dei provvedimenti del caso, ed il 18 febbraio 2015 il Sindaco di Moncalieri adottava l’ordinanza n. 9, a mezzo della quale, ad integrazione della ordinanza n. 50 del 2014, ha ordinato alla ricorrente di intensificare il piano di monitoraggio nelle more della adozione degli interventi di messa in sicurezza appropriati.

15. La ricorrente è insorta anche contro la suddetta ordinanza deducendone la illegittimità per:

– I) assenza di responsabilità, dovendosi l’inquinamento ascrivere alla presenza di rifiuti organici, stoccati nella ex cava dalla precedente proprietà previo rilascio di formale autorizzazione da parte del Comune;

– II) ambiguità del dispositivo, in quanto non si comprende se la nuova ordinanza tenda solo ad intensificare il monitoraggio od anche alla adozione immediata di misure di sicurezza, già contemplate nella ordinanza n. 50.

16. Nelle conclusioni del ricorso per motivi aggiunti depositato il 6 maggio 2015 FCA ha quindi insistito per l’annullamento di entrambe le ordinanze, peraltro ridimensionando la domanda risarcitoria all’importo di Euro 17.000,00, cioè la spesa relativa alla implementazione del sistema di monitoraggio di cui alla ordinanza 50/2014.

17. Nel frattempo la Provincia di Torino avviava il procedimento finalizzato alla adozione dell’ordine di bonifica, che sfociava nell’ordine di bonifica m. 44-11235 del 9 aprile 2015.

17.1. FCA ha impugnato tale provvedimento con ricorso rubricato al n. 657/2015 R.G. deducendone la illegittimità perché:

I) la Provincia, pur avendo individuato una pluralità di responsabili, ha qualificato come tali solo la FIAT nonché i signori Ricca e Bordone, che avevano gestito la cava prima che FIAT la acquistasse: in particolare non coinvolge i Comuni nella responsabilità per l’inquinamento, incorrendo così in disparità di trattamento e difetto di motivazione;

II) l’ordinanza applica un criterio solidaristico di attribuzione della responsabilità, che non esiste nella disciplina europea del danno ambientale e tampoco nella legislazione nazionale;

III) Fiat/FCA non è responsabile per l’inquinamento connesso al conferimento di rifiuti solidi urbani, ai quali solo è legata la produzione di biogas: in particolare l’accertamento sugellato dalla sentenza del Tribunale e, poi, della Corte d’Appello di Torino non si è fondato su indagini dirette svolte dal consulente nominato dal giudice, e nell’ambito di quel giudizio l’esistenza della precedente discarica di rifiuti solidi urbani non era ancora stata dimostrata; tale accertamento non vincola il Comune di Moncalieri, né gli altri Comuni, che a quel giudizio non hanno preso parte

IV) contraddittorietà della ordinanza di bonifica impugnata, che chiede di intervenire coordinandosi con i soggetti che hanno già avviato parte degli interventi senza specificarne le modalità ed i limiti;

V) Illegittimità della previsione del termine di 60 giorni, nella misura in cui detto termine si riferisca alla ultimazione della bonifica anziché al mero avvio di essa;

VI) Mancata identificazione degli eredi di alcuni dei responsabili.

18. FCA ha quindi concluso insistendo per l’annullamento della ordinanza impugnata nonché, in via cautelare, per l’immediato coinvolgimento nel procedimento di tutti coloro che nel tempo hanno contribuito al determinarsi della situazione attuale

19. Il ricorso è stato notificato a tutte le parti in epigrafe indicate, che si sono costituite in giudizio, insistendo per la reiezione di esso. In particolare: Carpice s.r.l. e la signora Curti hanno insistito nell’affermare la propria estraneità alle condotte causatrici dell’inquinamento; il Comune di Moncalieri ha affermato di non essere responsabile per il conferimento di rifiuti solidi urbani nella ex cava gestita dai signori Ricca e Bordone, in quanto la ditta appaltatrice del servizio si avvaleva di altre due discariche; il Comune di Nichelino ha sottolineato che la natura dei rifiuti ancora rinvenibili in sito nonché delle sostanze che hanno – pacificamente – contaminato il terreno e la falda sotterranea, indicano l’origine industriale degli agenti contaminanti, ed è fatto incontestato che nel periodo in cui FIAT fu proprietaria dell’area essa fu utilizzata per ammassarvi auto alluvionate non depurate dagli agenti contaminanti e, dopo la rimozione delle stesse, per allocarvi rifiuti industriali; il Comune di Torino, in ordine alla eventuale responsabilità dell’Ente per il conferimento di rifiuti solidi urbani nulla ammette, ma comunque evidenzia che si sarebbe trattato di conferimento autorizzato da parte di una ditta appaltatrice in una discarica che era stata legalmente autorizzata: di conseguenza, secondo la difesa del Comune di Torino, se qualcuno deve rispondere del conferimento di rifiuti solidi urbani questi dovrebbero essere i gestori della discarica, Ricca e Bordone; G.T.T., in qualità di ente succeduto a S.A.T.T.I., che sino al 1968 svolse per il Comune di Torino il servizio di raccolta dei rifiuti solidi urbani, ha eccepito non esservi prova del fatto che essa si avvalse effettivamente, per lo smaltimento, della discarica autorizzata nella ex cava in località Carpice, e che peraltro ove pure un conferimento di rifiuti ivi sia stato effettuato, S.A.T.T.I., e per essa oggi G.T.T., non potrebbe risponderne in quanto si trattava di discarica legalmente autorizzata.

20. Con motivi aggiunti depositati il 21 dicembre 2015 nell’ambito del ricorso n. 657/2015 R.G., FIAT, premettendo di aver avviato, a mero titolo collaborativo e senza ammettere la propria responsabilità, gli interventi di bonifica ambientale e di aver quindi proposto, una volta eseguito i monitoraggi, un piano per l’estrazione ed il trattamento del biogas, ha impugnato l’ordinanza del Comune di Moncalieri n. 338 del 9 novembre 2015, nella parte in cui afferma che tale intervento non sarebbe esaustivo di quanto richiesto dalla Città Metropolitana con l’ordinanza n. 44-11235 del 9 aprile 2015; ha inoltre impugnato, in quanto atti presupposti, la comunicazione di avvio del procedimento del 21 ottobre 2015; il verbale del Tavolo Tecnico del 22 settembre 2015 nonché la comunicazione della Città Metropolitana del 13 agosto 2015, nella parte in cui tali atti evidenziano che le misure contemplate nel progetto presentato da FIAT sono da inquadrarsi esclusivamente tra gli interventi di messa in sicurezza , presso un settore limitato dell’area.

20.1. A sostegno del ricorso FIAT ha riproposto censure già articolate a sostegno del ricorso introduttivo del giudizio, ed in particolare ha sostenuto la illegittimità della ordinanza di bonifica per mancata individuazione di alcuni dei responsabili, la illegittima applicazione di un criterio di responsabilità solidaristico, la assenza di responsabilità in capo a FIAT, la quale ritiene che l’inquinamento dell’area deve essere ascritto, in sostanza, unicamente alla fase della gestione della ex cava antecedente l’acquisizione della proprietà di essa in capo a FIAT. Essa ha poi sostenuto la illogicità dell’intervento richiesto a FIAT, che in realtà non risulta ben definito, e quindi risulta di difficile esecuzione; la contraddittorietà dell’ordinanza n. 338/2015 del Comune di Moncalieri e l’incompetenza della Città Metropolitana ad approvare gli interventi di messa in sicurezza.

21. Entrambi i ricorsi sono stati chiamati alla pubblica udienza del 3 febbraio 2016, in vista della quale hanno scambiato memorie, nelle quali hanno sostanzialmente tenuto le posizioni sopra evidenziate.

22. In occasione di tale udienza il Collegio ha disposto la riunione dei due procedimenti ed ha ordinato a FIAT l’integrazione del contraddittorio con gli eredi dei signori Bordone e Ricca, esplicitamente individuati nella ordinanza di bonifica del 9 aprile 2015 quali corresponsabili dell’evento, sulla cui esistenza in vita o esistenza di eredi, tuttavia, la Città Metropolitana non ha effettuato alcuna istruttoria.

23. I ricorsi sono stati chiamati nuovamente alla pubblica udienza del 25 maggio 2016, quando il Collegio ha concesso una proroga del termine fissato per l’integrazione del contraddittorio.

24. Con atto depositato il 18 maggio 2016 si è costituito nel giudizio n. 657/2015 R.G., per resistere al ricorso, Mario Carlo Bordone, erede di Tommaso Bordone.

25. Con atto depositato il 25 giugno 2016, a valere anche come ricorso incidentale, si sono costituiti nel giudizio n. 657/2015 R.G., sempre in qualità di eredi di Tommaso Bordone, Carla Angela Menso, Mario Carlo Bordone e Tommaso Giuseppe Bordone, eccependo la di loro carenza di legittimazione passiva alla azione di bonifica, non essendo mai stati proprietari né possessori dell’area interessata, né avendone mai avuto ad altro titolo la disponibilità: alla apertura della successione, pertanto, nell’asse ereditario più non esisteva il cespite da cui origina la responsabilità per inquinamento ambientale di cui si discute. Una simile responsabilità non potrebbe comunque configurarsi in capo agli eredi Bordone per assenza degli elementi costitutivi della responsabilità, che va inquadrata nell’ambito dell’art. 2043 c.c. e richiede pertanto la ricorrenza di un coefficiente soggettivo di colpevolezza oltreché una condotta materiale attiva od omissiva, che non è in alcun modo rintracciabile in capo agli eredi. In via incidentale essi hanno anche impugnato l’ordinanza della Città metropolitana del 9 aprile 2015 nella parte in cui ha individuato tra i responsabili il sig. Bordone, e ciò sia perché l’attività di stoccaggio di rifiuti solidi urbani risulta autorizzata dal Comune di Moncalieri, sia per la ragione che comunque l’inquinamento è dovuto alla presenza di altri rifiuti; infine non è provato che i gas interstiziali rilevati nella zona siano prodotti dalla attività di smaltimento rifiuti effettuata dal sig. Bordone: in parte qua l’ordinanza è dunque illegittima per violazione dell’art. 244 D. L.vo 152/2006 nonché per difetto di istruttoria.

26. Con memoria depositata il 28 giugno 2016 si sono costituiti in giudizio, in qualità di eredi del sig. Tommaso Bordone, Giuseppina Bordone, Domenica Teresina Bordone e Corrado Bordone, che hanno insistito per la reiezione del ricorso.

27. Con atto depositato il 29 luglio 2016 si sono costituiti nel giudizio n. 657/2015 R.G. anche i signori Marco Ricca e Valerio Ricca.

28. Con atto depositato il 7 ottobre 2016 FCA ha proposto motivi aggiunti nel giudizio n. 1214/2014 R.G. per impugnare: a) la nota del Comune di Moncalieri n. 37318 del 29 giugno 2016 nella parte in cui ha imposto: il collegamento del punto di monitoraggio LFG01 alla zona est del parcheggio; la effettuazione di nuove prove di aspirazione costante presso il punto LGF01, al fine di tenere monitorato, in via continuativa, l’andamento delle concentrazioni di gas metano; la acquisizione di informativa aggiornata in ordine alle campagne di monitoraggio condotti da Carpice s.r.l. e Curti; b) la nota del Comune di Moncalieri n. 46186 del 18 agosto 2016, trasmessa da FCA per conoscenza.

28.1. La nota del 29 giugno 2016 è stata censurata perché:

I I) si fonda sulla responsabilità di FIAT, che non sussiste;

II II) non distingue la posizione dei diversi soggetti coinvolti, prevedendo a carico di tutti indistintamente obblighi di intervento;

28.2. La nota del 18 agosto 2016 è stata censurata perché conferma la illogicità della nota precedente, parendo imporre ora solo a carico di Carpice s.r.l. gli accertamenti in precedenza richiesti a tutti i soggetti.

29. Con atto depositato il 23 dicembre 2016 si è costituita in giudizio la signora Maria Teresa Burdisso, evocata in giudizio in qualità di erede di Tommaso Bordone, per contestare la suddetta qualità e, quindi, anche la legittimazione passiva al giudizio. La stessa ha ribadito l’estraneità degli eredi Bordone alla responsabilità oggetto della ordinanza di bonifica, dichiarando altresì di aderire al ricorso incidentale proposto dai signori Carla Angela Menso, Nario Carlo Bordone e Tommaso Giuseppe Bordone. La stessa ha quindi concluso chiedendo il rigetto di entrambi i ricorsi.

30. Dopo scambio di ulteriori memorie i ricorsi in epigrafe indicati sono stati trattenuti a decisione alla pubblica udienza del 25 gennaio 2017.

DIRITTO

31. Prima di procedere con la disamina del merito dei ricorsi è bene riassumere brevemente i fatti che caratterizzano la vicenda e gli accertamenti che si sono succeduti nel tempo relativamente all’area oggetto dei provvedimenti impugnati.

31.1. Questa, situata in località Carpice del Comune di Moncalieri, era un tempo una vasta area agricola sulla quale nel 1956 venne autorizzata una attività estrattiva – presumibilmente di sabbia -, per effetto della quale si è formato uno scavo della superficie di circa 80.000 mq ed avente una profondità che in taluni punti sembra abbia raggiunto circa 14 metri sotto il piano-piano campagna: tale scavo si riempi d’acqua – presumibilmente per effetto di copiose precipitazioni, e si formò quello che in alcuni documenti viene definito un “lago di cava”, il quale è ben visibile in alcune aerofotogrammetrie risalenti all’anno 1964, prodotte da FIAT, nel ricorso n. 657/2015, come doc. 13.

31.2. In tale “lago” il geom. Domenico Ricca ed il sig. Tommaso Bordone, gestori della cava, furono autorizzati dal Comune di Moncalieri a conferire rifiuti di provenienza urbana “a scopo allevamento suini”: tale circostanza risulta dimostrata dai documenti prodotti da FIAT nel ricorso n. 657/2015 R.G., sub nn. 13, 14, 15, e 18-23, dai quali si evince che i signori Ricca e Bordone ad un certo momento insediarono in sito un allevamento di suini, che venivano lasciati liberi di circolare sull’area di cava circostante il lago, ove “pascolavano” tra rifiuti di origine urbana che ivi venivano depositati di continuo.

31.3. A seguito dei problemi igienici che tale situazione aveva suscitato il Comune di Moncalieri emise una prima ordinanza di rimozione dei rifiuti nel luglio 1964 ed una seconda nel marzo 1965: i particolare in questa seconda si legge che “l’Ufficiale Sanitario segnala che tale situazione non è tollerabile perché dai mucchi di immondizie, frammiste agli sterchi dei suoni, si sprigionano esalazioni assai moleste e perché tali mucchi alimentano mosche e larve e ne favoriscono la moltiplicazione con pregiudizio dell’igiene e salute pubblica.”. Il Sindaco, pertanto, rilevato altresì che il deposito di immondizie non risultava autorizzato ai sensi dell’art. 4 del decreto 20 maggio 1928 del Capo del Governo, intimava la cessazione del conferimento dei rifiuti. I signori Ricca e Bordone proponevano reclamo alla Giunta Provinciale Amministrativa, ed il 12 maggio 1965 addivenivano ad un accordo bonario in base al quale il Comune di Moncalieri acconsentiva lo scarico di immondizia in una zona prossima al lago di cava, con la prescrizione che entro un’ora essa dovesse essere gettata nel lago di cava e coperta con uno strato di terra e che entro i trenta mesi successivi cessasse ogni ulteriore conferimento di rifiuti. Anche il Comune di Nichelino approvava tale operazione con nota del 2 febbraio 1966. In seguito l’attività di raccolta di rifiuti urbani e lo stoccaggio dei medesimi nel lago di cava dovette intensificarsi, come si evince dal fatto che la S.A.T.T.I., società alla quale il Comune di Torino aveva affidato il servizio di raccolta dei rifiuti urbani, nell’aprile 1966 chiese al Comune di Moncalieri conferma circa eventuali limitazioni all’accesso a tale discarica, ricevendo dal Comune assicurazioni circa la possibilità di conferire rifiuti nel lago di cava, in qualsiasi quantitativo e sino al riempimento totale del lago.

31.4. Non si sa poi con certezza se la S.A.T.T.I. si avvalse di questa discarica nell’espletamento dell’appalto ad essa conferito dal Comune di Torino. Certo è che l’attività di raccolta e lo smaltimento di rifiuti urbani nella ex cava Carpice fu autorizzata e continuò almeno sino al febbraio 1968, quando il Sindaco di Moncalieri, ordinò al sig. Ricca l’immediata cessazione dello scarico di immondizie, accelerando il più possibile la copertura dell’area con terra, procedendo dipoi alla disinfestazione entro il marzo 1969 (doc. 75 prodotto da FIAT nel ricorso n. 657/2015).

31.5. Nel 1967 l’area venne acquistata dalla FIAT: costituisce elemento pacifico ed incontestato il fatto che essa la utilizzò per stoccarvi auto rese inservibili a seguito della alluvione che colpì Firenze nel 1966 (probabilmente auto nuove giacenti in un deposito Fiat presente in quei luoghi), le quali furono rimosse solo nei primi anni Settanta, presumibilmente tra il 1972 ed il 1975.

31.6. In seguito l’area è stata di fatto utilizzata per il conferimento di rifiuti inerti, provenienti da demolizioni, nonché da lavorazioni industriali: in relazione al deposito di tali rifiuti FIAT nega la propria responsabilità, asserendo in sostanza essere opera di ignoti. A dimostrazione dell’assunto FIAT ha prodotto una nota del Comune di Moncalieri del 21 dicembre 1972 (doc. 23 prodotto da FIAT nel ricorso n. 657/2015), che ha ad oggetto la segnalazione di una attività di lavorazioni abusive per il lavaggio di griglie per verniciatura sull’area “già utilizzata da FIAT per l’ammasso delle vetture alluvionate della città di Firenze”: tale nota risulta essere stata inviata dal Comune anche a FIAT, la quale l’ha riscontrata con missiva dell’8 gennaio 1973 (doc. n. 9 prodotto dal Comune di Moncalieri nel ricorso n. 657/2015 R.G.), ove si legge che “Alcuni nostri Stabilimenti hanno affidato all’impresa Ricca geom. Domenico, con regolare ordinazione, il lavaggio di pulizia di parti di impianti (grigliati e manufatti vari). La suddetta Impresa, senza dare alcuna informazione preventiva alla FIAT, ha proceduto a tali operazioni di pulizia in parte anche su terreni di proprietà Fiat. In base a quanto da Voi comunicatoci abbiamo diffidato detta Impresa a proseguire nei lavori di cui sopra”. FIAT ha altresì prodotto (docc. 24 e 25 prodotti nel ricorso nl. 657/2015 R.G.) una nota della Provincia di Torino del 25 marzo 1985, in cui si riferisce del continuo scarico di rifiuti sull’area della ex-cava, per la maggior parte di origine industriale, con la precisazione che, essendo stati apposti dei cartelli che avvisavano del divieto di scarico immondizia, “gli eventuali mezzi si portano sul lato opposto entrando nell’area da via P. Giov. XXIII, per cui sarebbe opportuno provvedere anche da questo lato installare tali cartelli (è diventata un’area nella quale chi si porta allo scarico si sente in diritto di farlo perché esiste ogni sorta di rifiuti”. Risulta ancora, dai docc. 76-77-78 (del medesimo fascicolo documenti di FIAT), che negli anni 1979-1980 tale Scalfoni Maurizio era stato ritenuto responsabile del deposito abusivo di materiale proveniente da demolizioni, allestito in via Carpice 26 bis, ed inoltre che in Borgata Carpice, sui terreni adiacenti il canale della Mongina, erano stati depositati materiali di vario genere “tra cui notevoli quantità di detriti da discarica che provocano fetori, inquinamenti, diventando pertanto ricettacolo di topi e rettili”, ragione per cui il Comune decideva di appaltare i lavori di rimozione dei materiali e di ripianamento dell’area. Tali documenti dimostrerebbero che sia negli anni Settanta ed Ottanta la zona della ex-cava in località Carpice era diventata, in modo generalizzato, un luogo di smaltimento rifiuti, più o meno “clandestino”.

31.7. L’esistenza di tali rifiuti è emersa quando ARPA ha effettuato degli accertamenti il 15 ed il 16 aprile 2002 sull’area di che trattasi, ove all’epoca erano ancora in corso i lavori di attuazione del PEC approvato dal Comune di Moncalieri il 17 giugno 1999: ivi i tecnici dell’ARPA hanno potuto constatare che il materiale di risulta degli scavi era costituito quasi integralmente da materiale di rifiuto di vario tipo (plastica, carta e cartone, parti metalliche ossidate, piccoli rottami metallici,) con colorazione del terreno anomala in vari punti. Nella occasione si constatava anche un intenso odore di idrocarburi in alcuni punti del cantiere, laddove venivano effettuate delle campionature dalle quali risultava la presenza, in quantità superiori ai limiti di legge, di arsenico, mercurio, nichel, ferro e manganese nella matrice terreno, oltre al superamento di ferro e manganese nell’acqua di falda.

Una problematica simile emergeva anche relativamente al terreno di proprietà della signora Alessandra Curti, che saputo delle sostanze inquinanti presenti sul sito di proprietà della FIAT ha avviato dei controlli spontanei rinvenendo rifiuti seppelliti, della cui esistenza ha prontamente notiziato il Sindaco del Comune di Moncalieri.

31.8. Venivano dunque avviati, sia dalla proprietà Carpice s.r.l. che dalla signora Curti, i piani di caratterizzazione, cui seguiva la predisposizione di progetti di bonifica, che venivano approvati dal Comune di Moncalieri.

31.9. Da una nota della Provincia di Torino del 20 luglio 2010, n. prot. 591496 (doc. 22 prodotto da FIAT nel ricorso n. 1217/2014, si evince, inoltre, che erano già state riscontrate elevate concentrazioni di metano, tanto che la Provincia richiedeva la immediata adozione di misure di sicurezza, comprensive di monitoraggio indoor e outdoor dei locali interrati delle abitazioni circostanti l’area; nella medesima nota, inoltre, con riferimento ai “massicci contenuti di oli e grassi” la Provincia chiedeva che nell’ambito del progetto di bonifica definitivo fosse considerata la rimozione degli stessi;

31.10. Ancora nel corso dell’anno 2012 venivano effettuate delle campagne di monitoraggio, sia dalla Carpice s.r.l. che da ARPA, dalle quali risultava la presenza di gas interstiziali in alcuni punti di indagine, e precisamente: metano, in concentrazioni comprese nell’intervallo di esplosività; esano, epano, idorcarburi alifatici espressi come n-eptano, etilbenzene, cicloesano, e idrocarburi policiclici aromatici. Nella parte centrale della discarica venivano rilevate, nella falda acquifera, elevate concentrazioni di idrocarburi totali, redox, azoto ammoniacale, manganese e ferro, oltre ad arsenico e boro, sostanze – queste due ultime – mai rilevate prima nei due pieziometri nei quali sono state riscontrate (si veda la relazione ARPA del 12 novembre 2012, doc. 57 del fascicolo FIAT nel ricorso n. 657/2015 R.G.);

31.11. Nel febbraio 2013 ulteriori accertamenti eseguiti da ARPA rivelavano la presenza di biogas, presumibilmente dovuto alla decomposizione dei rifiuti presenti nel sottosuolo, in concentrazioni tali da creare rischio di incendio, esplosione o asfissia: in particolare ne veniva dimostrata la presenza in via della Cava, in corrispondenza del civico n. 14, risultando così astrattamente possibile la penetrazione nei locali interrati dell’edificio ivi esistente. Da qui le ordinanze contingibili ed urgenti del Sindaco del Comune di Moncalieri n. 16 e n. 20 del 5 febbraio 2013, a mezzo delle quali è stato ordinato: ai residenti dell’edificio sito in via della Cava al civico 14, di mantenere la corretta areazione dei locali sotterranei con l’eliminazione di ogni elemento costituente potenziale veicolo per l’introduzione del gas; alla Carpice s.r.l. ed alla signora Curti, a titolo di misure di sicurezza, di riportare le concentrazioni di gas indoor e outdoor nei limiti di sicurezza.

31.12. In una relazione del dicembre 2013 ARPA evidenziava ancora la permanenza di elevate concentrazioni di gas metano provenienti – presumibilmente – dalla degradazione dei rifiuti sotterrati, in concentrazione compresa nell’intervallo di esplosività; ha altresì evidenziato la presenza di altri agenti chimici pericolosi altamente tossici, in particolare composti organo clorurati e cloruro di vinile, benzene, toluene e xileni, alcani e cicloalcani, in grado di penetrare e diffondersi attraverso le linee dei sottoservizi. Di seguito a ciò il Sindaco, con ordinanze urgenti nn. 145 e 147, ha ordinato a Carpice s.r.l., alla signora Curti ed ai residenti dello stabile di via della Cava 14, di adottare un sistema di monitoraggio continuo dei gas interstiziali, e con la successiva ordinanza n. 24 del 19 marzo 2014 ha disposto a carico di Carpice s.r.l. e della signora Curti l’adozione di ulteriori migliorie , tra cui anche la installazione di misuratori di flusso e di valvole di misurazione, nonché il monitoraggio continuo di alcuni gas.

31.13. Va ancora ricordato che nel 2005 Carpice s.r.l., avente causa da FIAT, ha promosso contro la stessa una domanda risarcitoria fondata sull’art. 1439 c.c.. Nel corso di tale giudizio è stata disposta una consulenza tecnica d’ufficio ed il consulente nominato dal giudice, esaminati gli atti di indagine effettuati nel corso degli anni da ARPA e da Carpice, ha affermato, in base all’esame dei carotaggi eseguiti da questa ultima nell’anno 1999 ai fini della predisposizione del Piano di Caratterizzazione, che all’interno dell’area della ex-cava esiste, nella profondità compresa tra -5,5 metri e – 14 metri, uno strato di “terreno di riporto costituito da materiale vario, geotecnicamente scadente, di colore scuro o nerastro, contenente scorie sabbiose di fonderia, frammenti di laterizi ed in un caso, a livello poco profondo, blocchi di scorie di fonderia”. I carotaggi eseguiti da Carpice nel 2004 hanno confermato la non conformità della matrice ambientale suolo di numerosi campioni. Il Consulente nominato dal Tribunale ha concluso che nell’area in questione sono stati stoccati circa 560.000 mc di rifiuti di origine industriale (scorie di fusione, terre di fonderie, manufatti di scarto), oltre a rifiuti provenienti da demolizioni e rifiuti solidi urbani, per un totale complessivo di circa 700.000 mc di rifiuti in totale. Tutta l’area di cava risulta interessata dal deposito di rifiuti per una profondità di almeno 6 metri, che giunge sino a 17 metri nella zona centrale e risulta contaminato sia il sottosuolo che le acque sotterranee. Il Consulente, in particolare, ha confermato la compatibilità tra gli inquinanti rilevati e la natura dei rifiuti di cui è stata rinvenuta traccia, osservando che gli olii minerali ed i lubrificanti, che rappresentano i contaminanti presenti in maggior misura, sono in correlazione con attività produttive di tipo metalmeccanico, e cioè con gli scarti tipici di una industria; tuttavia, essendo presenti anche nelle automobili non è da escludere che siano stati rilasciati anche dalle carcasse lasciate a giacere in loco per molti anni.

31.14. L’ordinanza del Sindaco del Comune di Moncalieri n. 50 del 24 giugno 2014, che ha esteso nei confronti di FIAT l’ordine di implementare il sistema di monitoraggio dei gas interstiziali e la successiva ordinanza di bonifica ex art. 244 del D. L.vo 152/2006, si inseriscono dunque nel dianzi sommariamente riassunto quadro fattuale, in base al quale il Collegio ritiene si possa affermare quanto segue:

– – l’area della cava, situata in località Carpice, è stata utilizzata, quantomeno tra il 1964 ed il 1968, quale discarica di rifiuti solidi urbani, gestita, quantomeno fino al settembre 1967 (cioè fino al momento in cui la relativa proprietà fu acquistata da FIAT) dai signori Domenico Ricca e Tommaso Bordone;

– – tra il 1967 (anno dell’acquisto da parte di FIAT) e gli anni 1972/1975 l’area fu utilizzata da FIAT quale deposito di stoccaggio di auto inservibili provenienti dalla alluvione di Firenze del 1966 (si deve anzi credere che l’acquisto fu preordinato proprio a tale utilizzo): non risulta che tale deposito sia stato autorizzato formalmente dal Comune di Moncalieri e non si sa se le auto siano state a loro volta, “intombate”, dal momento che il “lago di cava” doveva essere ormai prossimo al riempimento: potrebbe anche essersi verificato che le auto siano state semplicemente stoccate a cielo aperto, creando così l’impressione della esistenza di una discarica, il che spiegherebbe come possa essere accaduto che la zona sia diventata luogo di abbandono di rifiuti;

– – non si sa a partire da quando, ma è certo che, verosimilmente dopo che FIAT asportò le carcasse delle auto, l’area è stata utilizzata quale discarica di rifiuti essenzialmente di due tipologie: materiale di risulta da demolizione di stabili e scarti di fonderie o di industria metalmeccanica, rifiuti che da soli rappresentano un volume di circa 560.000 mc, ossìa di due terzi dei rifiuti ivi stoccati.

– – l’enorme mole di rifiuti trovata in sito rende assai poco credibile che FIAT non fosse a conoscenza dell’utilizzo dell’area quale discarica;

– – desta perplessità anche il fatto che per due terzi la cava risulta essere stata riempita con due sole particolari tipologie di rifiuti, quasi che il fatto di poter utilizzare quel sito per depositarvi inerti da demolizione e scarti di fonderia costituisse un fatto noto: tale circostanza indica, ad avviso del Collegio, che il deposito di quei particolari rifiuti potrebbe essere stato espressamente consentito da FIAT, forse per la ragione che si trattava di smaltire scarti prodotti da reparti o da terzisti di FIAT (potrebbe essere ad esempio il caso degli scarti di fonderia, provenienti dalle aziende incaricate di produrre gli stampi dei motori, o i vari pezzi della carrozzeria delle auto; o potrebbe trattarsi di materiale di demolizione prodotto nel corso di costruzioni/ristrutturazioni commissionate da FIAT); i composti aromatici rilevati dal monitoraggio dei gas interstiziali provengono inoltre, come infra sarà precisato, dall’uso di sostanze che si usano tipicamente nei processi di verniciatura; sicché tutto indica che i rifiuti depositati sul terreno in parola ruotassero intorno al mondo dell’automobile; del resto non si comprende chi, se non FIAT, proprietaria dell’area, possa aver effettuato quella sistemazione dell’area, con riporto di terreno, che ha consentito di farla apparire, già dai primi anni Novanta, adatta ad un intervento edilizio, tanto da essere tipizzata nel Piano Regolatore Generale quale area adatta ad un insediamento produttivo e da essere successivamente acquistata da Carpice s.r.l.;

– – le ricordate circostanze indicano che FIAT era a conoscenza del fatto che la ex-cava veniva utilizzata quale discarica, non essendo credibile che una tale attività di scarico rifiuti, che dovette essere prolungata nel tempo e particolarmente intensa, non sia stata segnalata dalle Autorità o da privati alla proprietà del sito; in ogni caso, considerando tali circostanze nell’insieme, unitamente al fatto che nel 1985 l’incaricato della Provincia di Torino ha constatato che sull’area venivano depositati rifiuti di ogni genere e che a tale scopo veniva utilizzato un ingresso secondario da via Giovanni XXIII, pare evidente che FIAT nulla di concreto ha fatto per vigilare sull’area e per impedire a terzi di depositarvi rifiuti;

– – in base a quanto affermato dal Consulente nominato dal Tribunale di Torino le sostanze inquinanti rinvenute nelle matrici ambientali (arsenico, mercurio, nichel, ferro e manganese nella matrice terreno, oltre al superamento di ferro e manganese nell’acqua di falda nel tratto sottostante l’area della ex-cava) possono essere state rilasciate o causate dalle carcasse delle auto e dai rifiuti provenienti dalle fonderie: il Collegio ritiene, in particolare, che le risultanze di tale consulenza tecnica possano trovare ingresso nel presente giudizio non solo perché si tratta di valutazioni che si fondano su carotaggi, eseguiti nell’ambito del procedimento di caratterizzazione del sito e di adozione delle prime misure di sicurezza, ma anche per la ragione che tale Consulenza è stata svolta in contraddittorio con FIAT, da un esperto che ha prestato la propria opera professionale quale soggetto super partes, a seguito di un mandato giudiziale, e quindi assumendosi le relative responsabilità;

– -oltre all’inquinamento delle matrici ambientali di cui sopra si è detto, caratterizzato dalla presenza di metalli pesanti, esiste anche, almeno alla attualità, un inquinamento dell’aria dovuto alla presenza di gas interstiziali, che creano in determinate percentuali pericolo di incendio ed esplosione e che comunque sono altamente nocivi per la salute umana, trattasi in particolare dei composti organoclorurati (in particolare cloruro di vinile) e composti organici aromatici, quali benzene, toluene e xileni, oltre ad alcani e cicloalcani, in particolare esano;

– – agli atti dei due giudizi, non esistono documenti che consentano di porre tali sostanze in collegamento causale diretto con il deposito delle carcasse e degli altri rifiuti solidi rinvenuti nella ex-cava: nelle relazioni dell’ARPA nulla al proposito viene precisato, se non che sono stati presumibilmente originati dalla degradazione dei rifiuti, mentre nella relazione del consulente della signora Curti, prof. De Luca, si legge (a pag. 44), che i gas interstiziali hanno origine completamente diversa dal metano, che deriva dalla decomposizione anaerobica di sostanze organiche. “Quasi tutti i VOC sono composti nocivi (per ingestione, contatto e inalazione) e si formano nei gas del sottosuolo per evaporazione dai rifiuti e dai terreni contaminati che li contengono. Essi si possono liberare anche dalle acque della falda freatica, che in effetti risulta anch’essa contaminata. Se raggiungono la superficie del suolo essi si liberano nell’aria, per cui possono risultare pericolosi per la salute dell’uomo. ….Nella relazione tecnica dello studio Bortolami-Di Molfetta del 23 /09/2014, invece, la distinzione tra le due categorie (Metano e VOC) non è sufficientemente evidenziata, per cui chi la legge potrebbe essere indotto a credere che un capping , nel caso di presenza di VOC, sia sconsigliabile, cosa assolutamente non corretta”;

– – nell’articolo di Bellini-Forte-Musmeci “Sintesi degli studi significativi inerenti la neoformazione di cloruro di vinile monomero in impianti di discarica di rifiuti urbani”, pubblicato su Annali dell’Istituto Superiore di Sanità, 2001, vol. 37, n. 2, pagg. 301-307, si spiega come studi recenti abbiano permesso di comprendere che tra i fattori di rischio inerenti la presenza di discariche di rifiuti solidi urbani v’è appunto la formazione di cloruro di vinile monomero, che può sprigionarsi in atmosfera come nelle acque; notizie sulla origine dei Composti Organici Volatili si trovano anche sul sito del Ministero della Salute, ove alla pagina https://www.salute.gov.it/imgs/C_17_opuscoliPoster_283_ulterioriallegati_ulterioreallegato_3_alleg.pdf si legge che quelli più comuni si trovano, e quindi evaporano, dagli arredi e dai mobili delle abitazioni private, che normalmente contengono colle e resine, oltre che vernici; mentre nell’articolo “Rifiuti e salute pubblica”, pubblicato sul sito www.arpa.it, alla pagina http://www.arpa.umbria.it/resources/docs/micron%209/Micron_N9_19.pdf si trattadella tossicità delle discariche di rifiuti solidi urbani, dalle quali possono originare anche i c.d. VOC; d’altro canto le emissioni di benzene, toluene e xilene si producono tipicamente nei processi di fonderia, per l’effetto che produce l’alta temperatura sulle resine utilizzate negli stampi, per legare le sabbie di cui essi sono composti, nonché sulle vernici talvolta utilizzate per facilitare lo scollamento del prodotto di fusione dallo stampo;

– – la rilevata presenza di gas interstiziali non pare quindi potersi addebitare unicamente alle carcasse ed ai rifiuti depositati nella ex-cava nel periodo in cui FIAT ne è stata proprietaria: in particolare mentre la formazione di metano pare doversi attribuire – secondo la letteratura scientifica ed in base al criterio del “più probabile che non” – essenzialmente alla decomposizione dei rifiuti organici, la presenza dei composti organici aromatici, detti anche VOC, deve ascriversi sia alla presenza di rifiuti provenienti dalla industria metalmeccanica, sia a rifiuti solidi urbani, considerando che negli anni Sessanta la raccolta di Rifiuti Solidi Urbani non era differenziata ed è quindi ben possibile che nel periodo di gestione Ricca-Bordone nel “lago di cava” siano stati seppelliti rifiuti di vario genere, che possono aver determinato il rilascio cloruro di vinile ed altri gas interstiziali, come anche – verosimilmente in misura ridotta – il rilascio di metalli pesanti;

– – il c.d. “capping”, cioè la copertura che Carpice s.r.l. e la signora Curti hanno collocato a copertura dei rifiuti in esecuzione dei progetti di bonifica da essi predisposti ed approvati, non pare abbia avuto un ruolo causale di per sé determinante e, quindi, idoneo a recidere il nesso di causalità con la condotta causativa di danno in ipotesi ascrivibile a FIAT: il “capping” è infatti stato infatti concepito per contenere l’evaporazione nell’aria di VOC già formatisi o in formazione, ad evitare che le persone potessero inspirarli, e non si può affermare con certezza che in mancanza di esso i VOC e/o il metano non si sarebbero prodotti; d’altro canto, il mancato approntamento, sin dall’origine, di un impianto di monitoraggio e di evacuazione controllata di tali gas può semmai ritenersi causa del solo fatto che ad un certo momento essi hanno cercato e trovato “sfogo” in aree densamente popolate, ma tale constatazione – ove pure corretta – non potrebbe considerarsi di per sé causativa del danno ambientale, rispetto al quale l’emersione dei gas interstiziali costituisce solo una conseguenza.

32. Ciò premesso in punto di fatto è ora possibile esaminare gli atti impugnati alla luce dei motivi di ricorso e delle condotte in concreto ascrivibili alla ricorrente.

RICORSO N. 1217/2014 R.G.

33. Nell’ambito di tale giudizio la ricorrente ha impugnato tre ordinanze contigibili ed urgenti emesse dal Sindaco di Moncalieri ai sensi dell’art. 50 T.U.E.L., al fine di ottenere da FIAT la implementazione di un sistema di monitoraggio dei gas interstiziali sulla viabilità di Viale Europa, l’intensificazione di tale monitoraggio ed il mantenimento di esso al fine di garantire che sul parcheggio prospiciente Viale Europa la concentrazione di metano ed altri gas tossici entro limiti di sicurezza.

34. Sinteticamente le tre impugnazioni si fondano sull’assunto che FIAT non è responsabile per la creazione di metano ed altri gas tossici, che non sarebbe ravvisabile un imminente e concreto pregiudizio per la incolumità pubblica, che la ricorrente non ha la disponibilità del sito, che sussisterebbe anche una corresponsabilità del Comune di Moncalieri e di altri soggetti nella situazione venutasi a creare. FIAT ha altresì eccepito la mancata comunicazione di avvio del procedimento e la illogicità dei provvedimenti nella parte in cui ordinano di coordinarsi con le misure di sicurezza già implementate.

34.1.Tutte le censure sono infondate.

34.1.1. La responsabilità di FIAT non può essere negata in relazione al formarsi di quei gas tossici quali il cloruro di vinile e gli altri composti aromatici, la cui formazione potrebbe ascriversi, non solo a rifiuti solidi urbani, ma anche a parti delle carcasse delle auto (ad esempio: alla vernice della carrozzeria), o a rifiuti depositati in epoca posteriore, in particolare a resine o solventi utilizzati dalle fonderie, o nei procedimenti di stampaggio e verniciatura.

34.1.2. Relativamente ai rifiuti depositati nella ex-cava dopo la asportazione delle carcasse delle auto alluvionate si è detto, in particolare, che non appare credibile che FIAT non ne fosse a conoscenza e non vi avesse prestato consenso; all’esatto opposto, considerato il fatto che nell’insieme la mole di rifiuti rinvenuti e la qualità delle sostanze inquinanti presenti nell’aria indica la provenienza dalla industria metalmeccanica dell’automobile dei rifiuti medesimi, tutto indica che FIAT diede disposizioni perché tali rifiuti fossero depositati su quell’area. Ma anche a voler accreditare la tesi per cui tutti quei rifiuti, che si sono sovrapposti ai rifiuti solidi urbani depositati negli anni Sessanta, siano stati depositati da ignoti non si potrebbe non ravvisare in capo a FIAT una responsabilità per omissione di vigilanza e di custodia, essendo inaccettabile che una così imponente mole di rifiuti possa essere stata allocata su suolo di proprietà della ricorrente, anche per il tramite di automezzi che entravano comodamente da un ingresso posteriore, senza che FIAT abbia mai pensato di recintare l’intera proprietà, di munire gli accessi di cancelli chiusi ed inamovibili ed al limite di implementare un servizio di sorveglianza e/o video sorveglianza, in modo da scoraggiare eventuali “smaltitori clandestini.

34.1.3. L’omissione di una simile attività di vigilanza costituisce indubbiamente un fattore che ha permesso e favorito l’attività dei terzi che (in ipotesi) si sarebbero introdotti clandestinamente sul terreno di proprietà FIAT per depositarvi i rifiuti che ivi sono ancora oggi giacenti nel sottosuolo: dal punto di vista causale, dunque, un tale comportamento omissivo, tenuto da FIAT, costituisce a tutti gli effetti una concausa dell’inquinamento delle varie matrici ambientali e costituisce pertanto, in base ai principi generali vigenti in materia di causalità, segnatamente in applicazione del principio di equivalenza delle cause, titolo di responsabilità equivalente.

34.1.4. Trattasi, inoltre, di comportamento omissivo colpevole in quanto contrario al divieto di abbandono di rifiuti vigente nell’ordinamento quantomeno a far tempo dalla entrata in vigore dell’art. 9 del D.P.R. 915/82, di comportamento contrario, almeno in parte, a disposizioni di igiene vigenti nel Comune di Moncalieri, ed in particolare dell’art. 4 del decreto 20 maggio 1928 del Capo del Governo, che il Comune di Moncalieri aveva richiamato per intimare, inizialmente, ai signori Ricca e Bordone la cessazione della attività di raccolta di rifiuti solidi urbani, che appunto non risulava essere stata autorizzata ai sensi di tale norma; inoltre va detto che FIAT aveva ragione di credere che il terreno fosse utilizzato per il deposito abusivo di rifiuti.

34.1.5. Si rammenta a tale ultimo proposito che già nel 1972 era stato segnalato a FIAT l’episodio del lavaggio di griglie per verniciatura effettuato sul terreno oramai di sua proprietà, in ordine al quale FIAT si era difesa dichiarando che si era trattato in effetti di un terzista che aveva preso una autonoma iniziativa e che era stato nel frattempo diffidato affinché la condotta non fosse reiterata (sic!); si rammenta ancora che anche l’area circostante era utilizzata da terzi per il deposito di rifiuti e che, comunque, funzionari della Provincia di Torino nel 1985 avevano segnalato la presenza sul terreno di proprietà di FIAT di cartelli che affermavano il divieto di rifiuti, circostanza questa che dimostra che FIAT era a conoscenza quantomeno del pericolo che sull’area potessero introdursi dei terzi allo scopo di depositarvi abusivamente dei rifiuti. Tale consapevolezza avrebbe dovuto indurre FIAT ad adottare ben più efficaci misure idonee ad evitare l’introduzione di terzi sul terreno di sua proprietà e/o a scoraggiare tale pratica (ad esempio la sorveglianza intermittente a mezzo di guardie giurate), almeno per un periodo di tempo, tanto più che, trattandosi di soggetto “economicamente forte” l’adozione di misure costose era comunque soggettivamente “esigibile”.

34.1.6. Premesso e ricordato, poi, che la colpa costituisce quel coefficiente soggettivo che caratterizza il comportamento contrario a norme imperative o anche solo a regole di comportamento da osservarsi in un determinato settore o contesto o, infine, contrario a canoni di buon senso, colpa deve essere contestata a FIAT in quanto la condotta omissiva da essa tenuto nella fattispecie risulta contraria: a) ad una norma di legge imperativa, quantomeno a far tempo dal 1982, allorché il deposito incontrollato di rifiuti è divenuto condotta espressamente vietata; b) all’art. 4 del decreto 20 maggio 1928 del Capo del Governo, evocato dal Comune di Moncalieri nei rapporti con i signori Ricca e Bordone, che evidentemente affermava la necessità di chiedere una autorizzazione per realizzare una discarica; c) quantomeno al comune buon senso, se non a regolamenti di igiene già vigenti all’epoca, considerato il fatto che già a fine del 1972 il Comune di Moncalieri , nel momento in cui avvisava FIAT del fatto che sull’area ignoti avevano effettuato il lavaggio abusivo di griglie per verniciatura “con sostanze che si presumono inquinanti”, faceva presente che le acque di falda alimentanti i pozzi privati della zona circostante erano già stati trovati inquinati “per cui ci si permette di fare cortese urgenza per l’individuazione delle cause sia prossima che remote dei responsabili dei danni ai privati per il loro deferimento alla Autorità Giudiziaria “(missiva del Comune di Moncalieri n. prot. 27585/2641/III del 21 dicembre 1972): tale missiva doveva quantomeno indurre in FIAT a dubitare che il deposito degli scarti dei processi di verniciatura potesse determinare fenomeni di inquinamento delle acque, che potesse integrare comportamenti di interesse per la Autorità Giudiziaria e/o contrari a norme vigenti nel Comune di Moncalieri, e più in generale che il deposito di rifiuti di qualsiasi tipo potesse ritenersi una attività oggetta a determinate cautele.

34.1.7. FIAT deve dunque ritenersi, quantomeno a titolo di concorso, per omessa vigilanza e custodia colpevole dell’area, responsabile per il deposito dei rifiuti rinvenuti sull’area per cui è causa e per l’inquinamento che tali rifiuti hanno indotto, sia contaminando di metalli pesanti il sottosuolo e la falda acquifera, sia contaminando la falda e l’aria di gas interstiziale la cui provenienza e formazione (ad eccezione del solo metano) non può ascriversi unicamente al deposito di rifiuti solidi urbani effettuato negli anni Sessanta.

35. Va parimenti esclusa la censura con la quale si pretende che le ordinanze contigibili ed urgenti oggetto di gravame non sono giustificate da un pericolo concreto per l’incolumità pubblica: la tossicità dei composti organici volatili è attestata dalle relazioni di ARPA ed è ampiamente documentata in letteratura scientifica. La pericolosità della situazione deriva, nella fattispecie, dalla constatazione che i gas interstiziali si muovono all’interno del cumulo di rifiuti e possono fuoriuscire improvvisamente in concomitanza di punti non monitorati o comunque in percentuali non necessariamente preventivabili e quindi tali da determinare in modo repentino danni gravissimi se non la morte delle persone. Prova ne è proprio il fatto che nella zona circostante la viabilità di Viale Europa i gas interstiziali non erano stati apprezzati in precedenza e si sono manifestati solo in un secondo momento, ragione per cui il Comune di Moncalieri, con l’ordinanza n. 50/2014 e le successive ha chiesto a FIAT di implementare il sistema di monitoraggio, e poi di potenziarlo e mantenerlo attivo. Nella specie i gas interstiziali si sono manifestati in concomitanza con punti di passaggio delle persone, da cui la sussistenza di un pericolo concreto, e la urgenza di provvedere, che legittima l’omessa comunicazione di avvio del procedimento.

36. Non è chiaro se FIAT sia, o meno, ancora proprietaria del sedime di terreno sul quale il Comune ha chiesto, con le ordinanze in esame, di implementare il sistema di monitoraggio: sembrerebbe che a causa di un errore nei frazionamenti tale porzione di terreno sia stata erroneamente intestata al Comune; la questione comunque non ha rilevanza in quanto le ordinanze ex art. 50 TUEL, per la aticipità loro intrinseca, non richiedono necessariamente la proprietà del bene oggetto dell’ordine in capo al destinatario di esso; è parimenti evidente che con le ordinanze in esame il Comune ha implicitamente autorizzato FIAT ad accedere al sito e ad effettuarvi gli scavi necessari a posizionare l’impianto di monitoraggio.

37. Nessuna illogicità è ravvisabile nelle ordinanze impugnate, laddove esse impongono di coordinarsi con le misure di sicurezza già implementate sulle aree inquinate di proprietà Carpice s.r.l. e Curti, dal momento che i gas interstiziali oggetto di misurazione provengono, presumibilmente, dal medesimo bacino di rifiuti esistente nella ex-cava, ed essendo di intuitiva comprensione che particolari oscillazioni dei gas interstiziali rilevate in un punto specifico possono considerarsi indice di una situazione allarmante che giustifica un aumento della vigilanza nei pressi di tutti i pieziometri ed il confronto immediato tra i vari dati riscontrati.

38. Infine, il fatto che parte dei gas interstiziali (ed in particolare il metano ed il cloruro di vinile) possa provenire dai rifiuti solidi urbani depositati nel periodo di gestione Ricca-Bordone, non toglie che FIAT possa essere chiamata a rispondere anche implementando il sistema di monitoraggio dei gas, alcuni dei quali – come sopra più volte specificato – possono derivare anche dai rifiuti depositati dopo il 1967. Invero, seppure – per quanto infra si dirà – sia astrattamente configurabile anche una corresponsabilità degli eredi Ricca e Bordone o dei Comuni di Nichelino e Moncalieri , ciò non toglie che le ordinanze contigibili ed urgenti impugnate nell’ambito del ricorso n. 1217/2015 R.G. sono comunque legittime, fondandosi su presupposti diversi dai provvedimenti di bonifica ambientale, peraltro neppure precludendo all’occorrenza eventuali azioni di rivalsa da parte di FIAT.

39. Per tutte le dianzi esposte ragioni il ricorso n. 1217/2014 R.G. va respinto.

IL RICORSO N. 657/2015 R.G.

40. Nell’ambito di tale ricorso FCA ha impugnato, prima di tutto, l’ordinanza della Città Metropolitana di Torino n. 44-11235 del 9 aprile 2015, che ha ordinato solo a FIAT di procedere alla bonifica ambientale ai sensi dell’art. 244 D. L.vo 152/2006. Con motivi aggiunti depositati il 21 dicembre 2015 FCA ha altresì impugnato gli ulteriori atti in epigrafe indicati, sostanzialmente nella misura in cui essi sembrano dichiarare che l’implementazione del sistema di monitoraggio dei gas non esaurisce le opere di bonifica ambientale necessarie.

41. Quanto alla ordinanza di bonifica le censure di FCA si incentrano essenzialmente sulla mancanza di una responsabilità di FCA in relazione all’inquinamento rilevato in sito, sulla mancanza di coinvolgimento dei Comuni e degli eredi dei signori Ricca e Bordone, sulla conseguente applicazione di un principio solidaristico della responsabilità per danno ambientale. Oltre a ciò l’ordinanza della Città Metropolitana sarebbe illegittima per aver disposto che FCA si coordini con gli Enti di controllo e con i soggetti che già hanno avviato una parte degli interventi, nonché per aver assegnato solo 60 giorni di tempo per portare a termine la bonifica.

42. Sulla responsabilità di FIAT/FCA si è già detto al precedente paragrafo 34, e relativi sottoparagrafi: il fatto che essa debba rispondere per l’inquinamento da metallo pesanti constatato nelle matrici suolo e acque e per la presenza di gas interstiziali non dipende dal mero fatto che essa era proprietaria dell’area adibita a discarica abusiva negli anni in cui essa è stata oggetto di conferimento di rifiuti, sibbene dal fatto che, nella migliore delle ipotesi, essa colpevolmente ha omesso una attività di vigilanza e custodia del sito, e con ciò facendo ha concretamente agevolato la condotta di coloro che per circa 15 anni hanno depositato nella ex-cava un ingentissimo volume di rifiuti. La responsabilità di FCA si basa quindi su una specifica condotta omissiva e su uno specifico coefficiente di colpevolezza, e non già su una oggettiva responsabilità per custodia ai sensi dell’art. 2050 c.c.

42.1. Che la responsabilità per danno ambientale possa essere integrata da una condotta omissiva è già stato infatti chiarito dalla giurisprudenza: si veda al proposito la pronuncia del Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 4099/2016, secondo la quale” “Ai sensi degli artt. 242, comma 1, e 244, comma 2, del Testo Unico dell’ambiente, una volta riscontrato un fenomeno di potenziale contaminazione di un sito, gli interventi di caratterizzazione, messa in sicurezza d’emergenza o definitiva, di bonifica e di ripristino ambientale possono essere imposti dalla Pubblica Amministrazione solamente ai soggetti responsabili dell’inquinamento, quindi ai soggetti che abbiano in tutto o in parte generato la contaminazione tramite un proprio comportamento commissivo od omissivo, legato all’inquinamento da un preciso nesso di causalità; risulta, pertanto, necessario un rigoroso accertamento al fine di individuare il responsabile dell’inquinamento, nonché del nesso di causalità che lega il comportamento del responsabile all’effetto consistente nella contaminazione, accertamento che presuppone un’adeguata istruttoria non essendo configurabile una sorta di responsabilità oggettiva facente capo al proprietario o al possessore dell’immobile in ragione di tale sola qualità (nella specie, difetta il necessario e preventivo accertamento della qualità di soggetto responsabile dell’inquinamento in capo alla società appellata, con la conseguenza che gli obblighi imposti risultano derivare dalla mera qualifica di proprietario o possessore dell’area e, dunque, dal mero collegamento materiale con essa, a prescindere dalla preliminare e necessaria verifica della qualità del soggetto responsabile dell’inquinamento)”. Nel senso della rilevanza di una condotta anche solo negligente, v. Consiglio di Stato, sez. V, 17/07/2014, n. 3786; nello stesso senso anche Consiglio di Stato, sez. VI, 05/10/2016, n. 4119, e più recentemente T.A.R. Bologna, (Emilia-Romagna), sez. II, 15/02/2017, n. 125, che ha affermato che “L ‘obbligo di messa in sicurezza e di successiva bonifica è la semplice conseguenza oggettiva dell’aver cagionato l’inquinamento e il complesso delle norme in tema di bonifica non sono altro che l’applicazione alla materia in esame (si potrebbe dire, la procedimentalizzazione nella materia in esame) della norma generale dell’art. 2043 c.c., secondo cui ogni soggetto è tenuto a reintegrare il danno che abbia cagionato con il proprio comportamento, che, d’altronde, è a sua volta espressione del principio, ancor più generale, di responsabilità, in base al quale ciascuno risponde delle proprie azioni ed omissioni, risultando dunque il c.d. principio comunitario del chi inquina paga un’ulteriore specificazione in materia ambientale, con la conseguenza che laddove il danno sia scoperto a distanza di anni o decenni ciò non impedisce di attivare la norma dell’art. 2043 c.c. né evita l’applicazione del principio di responsabilità.”

42.2. A stretto rigore, dunque, gli obblighi di bonifica ambientale non richiedono che sia ravvisabile in capo al responsabile dell’inquinamento un coefficiente soggettivo di colpevolezza, che è invece richiesto dall’art. 192 del D.L.vo 152/2006 al fine di ordinare al proprietario del sito interessato dall’abbandono incontrollato di rifiuti la rimozione degli stessi. La differenza sussistente tra tale situazione e quella divisata dagli articoli 242 e 244 del D. L.vo 152/2006 è che in questo secondo caso é si è in presenza di una contaminazione ambientale (con o senza presenza di rifiuti da asportare), la quale giustifica l’inasprimento della responsabilità, che scatta in presenza del mero riscontro di una condotta attiva od omissiva causativa del danno ambientale, e prescindere dal riscontro di un coefficiente di colpevolezza.

42.3. Nel caso che occupa, tuttavia, si è già chiarito che a FIAT può essere rimproverato non solo di non aver adottato alcuna misura idonea ad evitare che l’area fosse letteralmente trasformata in una discarica abusiva, ma anche di aver tenuto tale comportamento omissivo in modo colpevole, trattandosi di comportamento contrario a buon senso, a quanto le Autorità si attendevano e poi, a partire dal 1982, ad una norma imperativa. La responsabilità di FIAT/FCA può quindi essere predicata in base alle norme generali vigenti in materia di responsabilità aquiliana, che prevedono anche l’obbligo di ripristino quale forma di risarcimento in forma specifica.

43. Fatta questa precisazione si deve però dire che effettivamente l’ordinanza di bonifica qui impugnata, pur dando atto del fatto che negli anni Sessanta il lago di cava è stato utilizzato per conferirvi rifiuti solidi urbani, dalla cui degradazione notoriamente si produce biogas, ha inesplicabilmente omesso di considerare la possibile responsabilità di altri soggetti, e precisamente: degli eredi dei signori Ricca e Bordone, che la discarica di rifiuti inerti gestirono; dei Comuni di Nichelino e Moncalieri, che autorizzarono formalmente i signori Ricca e Bordone a raccogliere rifiuti solidi urbani da utilizzare per un allevamento di suini, e dipoi a smaltire tali rifiuti nel lago di Cava; del Comune di Torino, che parte dei propri rifiuti solidi urbani avrebbe conferito in tale discarica; della S.A.T.T.I., ora G.T.T., appaltatrice dal Comune di Torino, che di quella discarica si sarebbe effettivamente avvalsa.

43.1. La responsabilità conseguente alla constatazione di una contaminazione ambientale viene dalla giurisprudenza considerata una forma specifica della generale responsabilità aquiliana, dalla quale quella disciplinata dagli artt. 242 e 244 D. L.vo 152/2006 si differenzia perché – come già precisato – prescinde da un coefficiente soggettivo di colpevolezza. Trattandosi di responsabilità da fatto illecito, essa sorge allora nel momento in cui il danno-evento (cioè, nella specie, il conferimento dei rifiuti) viene posto in essere, a prescindere dal fatto che il danno-conseguenza (cioè l’inquinamento) possa non essersi ancora manifestato e possa manifestarsi solo molto tempo dopo. Inoltre, è già stato precisato in giurisprudenza (Cass., 10 ottobre 2008, n. 25010, Cass., 7 marzo 2013, n. 5705, Cass., 3 febbraio 1998, n. 1087) che “l’ambiente in senso giuridico, quale bene unitario ma anche immateriale, è espressione di un autonomo valore collettivo, specifico oggetto, come tale, di tutela da parte dell’ordinamento, che non si è realizzata soltanto a partire dalla L. n. 349 del 1986, il cui art. 18, sebbene quale norma non retroattiva, ha avuto soltanto una funzione ricognitiva di un assetto che già trovava radice nella Carta costituzionale (artt. 2, 3, 9, 32, 41 e 42 Cost.) e, ai fini di una tutela piena ed organica, nell’art. 2043 cod. civ.” (Cassazione civile, sez. III, 19/02/2016 n. 3259), per cui non si può sostenere che prima della entrata in vigore della L. 349/86 non esistesse alcuna forma di responsabilità per danno ambientale.

43.2. Se ed in quanto una obbligazione per danno ambientale sia sorta ed esistesse ancora nel patrimonio dei signori Ricca e Bordone al momento in cui si aprivano le rispettive successioni per causa di morte, essa obbligazione potrebbe essere entrata a far parte del patrimonio degli eredi che abbiano accettato la eredità dei signori Ricca e Bordone senza beneficio di inventario, di guisa che il fatto che una responsabilità di costoro non sia neppure stata presa in considerazione nella ordinanza di bonifica impugnata appare illegittimo nella misura in cui va effettivamente a far gravare solo su FCA l’intera responsabilità per l’inquinamento che ancor oggi attinge la zona.

43.3. Mutatis mutandis considerazioni analoghe possono farsi relativamente al comportamento dei Comuni di Moncalieri e Nichelino, che autorizzarono il conferimento dei rifiuti solidi urbani nel lago di cava, nonché nei confronti del Comune di Torino e, per esso, da S.A.T.T.I., che in qualità di appaltatore avrebbe raccolto e conferito parte dei rifiuti solidi urbani della città di Torino nella discarica per cui è causa. In tutti questi casi si tratta di comportamenti che dal punto di vista strettamente causale hanno consentito o anche solo agevolato il comportamento dei signori Ricca e Bordone.

43.4. Con ciò dicendo il Collegio non intende affermare che sussiste certamente l’obbligo per tutti i soggetti sopra nominati di procedere con la bonifica ambientale, ma intende solo censurare il fatto che tali soggetti sono stati esclusi senza che sia stata indicata una motivazione specifica, benché essi in via meramente astratta possano considerarsi “responsabili” da un punto di vista rigorosamente “causale”. Tuttavia, proprio per il fatto che sulla responsabilità di tali soggetti la Città Metropolitana nulla ha scritto nel provvedimento impugnato, il Collegio si deve astenere da ogni valutazione, essendo precluso al giudice amministrativo di pronunciarsi su poteri che l’Amministrazione non ha ancora esercitato.

43.4. La rilevata illegittimità della ordinanza della Città Metropolitana del 9 aprile 2015, nella parte in cui non considera la possibile responsabilità di alcuni soggetti in relazione al conferimento di rifiuti solidi urbani, non implica però che l’ordinanza di bonifica non potesse essere emessa nei confronti di FIAT/FCA, stante che l’art. 244 del D. L.vo 152/2006 non impone di indirizzare l’ordinanza di bonifica contestualmente nei confronti di tutti i responsabili, ed essendo peraltro evidente, anche in applicazione del principio di precauzione, che é preferibile procedere nei confronti dei responsabili di cui già sia certa l’identità, piuttosto che mantenere ferma una bonifica.

44. In ordine alla censura relativa alla natura parziaria e non solidale della obbligazione che nella specie sarebbe nata a carico dei responsabili dell’inquinamento, osserva anzitutto il Collegio che allo stato appare alquanto prematuro configurare un effettivo concorso di responsabili, tenuto conto del fatto che la sussistenza dell’obbligo di effettuare la bonifica ambientale a carico dei Comuni di Nichelino, Moncalieri e Torino nonché degli eredi dei signori Ricca e Bordone allo stato deve essere ancora istruita e non è ancora stata accertata. Come già precisato al paragrafo che precede, tuttavia, la bonifica ambientale, in qualsiasi modo essa debba avvenire, non tollera che essa sia procrastinata sine die in attesa che siano individuati in via definitiva i responsabili dell’inquinamento.

44.1. Si deve poi considerare che la ritenuta parziarietà degli obblighi di bonifica potrebbe comportare l’onere, per i vari responsabili, di implementare distinte azioni solo nel caso in cui si riscontrasse che le varie condotte causative di danno hanno in concreto determinato danni-conseguenza ontologicamente distinti e distinguibili e tali da poter essere rimossi con distinte azioni di bonifica: solo in tal caso si potrebbe affermare il principio secondo il quale ciascuno dei responsabili “paga per quanto ha inquinato”, essendo tenuto a porre in essere solo le azioni di bonifica necessarie e sufficienti a rimuovere i singoli danni conseguenti alle rispettive azioni causative di danno. Quando, viceversa, per qualsiasi ragione non sia possibile stabilire o riconoscere gli effetti conseguenti alle singole condotte causative di danno ambientale, allora risulta di fatto impossibile identificare singole azioni di bonifica da porre a carico di distinti responsabili. L’azione di bonifica in tal caso non potrà che tradursi in una unica azione di bonifica, che dal punto di vista esecutivo non potrà che gravare in modo solidale tra tutti i responsabili, fermo restando il principio per cui dal punto di vista economico la relativa spesa dovrà essere suddivisa, nei rapporti interni, secondo le rispettive percentuali di responsabilità.

44.2. Per tale ragione, ove pure nella fattispecie per cui è causa fosse ritenuta la responsabilità concorrente di più soggetti, non necessariamente la ritenuta “parziarietà” degli obblighi relativi alla bonifica ambientale potrebbe in concreto tradursi nell’onere, per ciascuno dei responsabili, di effettuare prestazioni distinte. Ad esempio, i gas interstiziali si sono formati in conseguenza sia della condotta posta in essere dai signori Ricca e Bordone, sia per effetto del successivo deposito di rifiuti ascrivibile a responsabilità di FIAT, che ha costituito una autonoma causa indipendente. Come si dovrebbe suddividere, allora, l’obbligo di implementare il sistema di monitoraggio dei gas interstiziali? Forse che tale impianto può essere frazionato in “lotti” corrispondenti, per il costo, a quelle che potrebbero essere le rispettive responsabilità? Anche per quanto riguarda eventuali ed ulteriori azioni di bonifica non pare possibile, nel caso che occupa, stabilire quali, tra i danni-conseguenza (ossia l’inquinamento delle varie matrici ambientali) siano ascrivibili alla condotta concretizzatasi nel deposito dei rifiuti solidi urbani e quali siano invece ascrivibili al successivo deposito di rifiuti di originale industriale; né v’è certezza che le varie stratificazioni di rifiuti possano oggi essere compiutamente identificate – in vista di una improbabile rimozione di essi -, essendo trascorsi decenni di fenomeni di fermentazione, di movimenti naturali indotti dalla formazione dei gas ed essendo stati nel frattempo effettuati gli scavi necessitati dalla realizzazione del PEC approvato nel 1999. Così, se si dovesse effettuare una qualche stratigrafia della zona non sarebbe stupefacente constatare che la decomposizione dei rifiuti organici potrebbe oggi aver fatto sprofondare quelli depositati in origine nello strato superiore, in guisa da impedire di identificare la loro stratificazione.

44.3. Allo stato appare dunque assai difficile e prematuro esprimersi in ordine alla possibilità che le prestazioni necessarie al ripristino ambientale possano essere poste a carico, distintamente, di vari soggetti, e d’altro canto solo ove fosse ritenuta possibile una tale frazionabilità si potrebbe pervenire ad affermare che FCA è responsabile solo per la realizzazione di talune opere, ossia di quelle strettamente necessarie per rimuovere l’inquinamento provocato dal deposito incontrollato di rifiuti industriali.

44.4. Ora, venendo in considerazione la tutela dell’ambiente nonché la tutela della salute umana, in applicazione del principio di precauzione non si può pensare di bloccare l’inizio di una bonifica solo perché non è ancora chiaro quali opere sia necessario implementare per dare corso ad una bonifica e, quindi, cosa debbano fare esattamente i vari soggetti responsabili; deve quindi considerarsi legittimo, come già precisato, che si proceda nei confronti dei responsabili già identificati, e che questi siano obbligati a fare tutto quanto in concreto ritenuto necessario dagli organi tecnici per bonificare un sito, fermi restando gli obblighi di subentro e di concorso nelle operazioni di bonifica a carico degli altri soggetti identificati come corresponsabili dell’inquinamento, nonché l’azione interna di rivalsa sui terzi di cui dovesse emergere la responsabilità ad opere di bonifica iniziate od ultimate, ovvero, in ultima analisi, l’azione di rivalsa nei confronti dell’attuale proprietario non responsabile, nei limiti del valore del bene.

45. Come già detto anche con riferimento alle ordinanze contigibili ed urgenti del Comune di Moncalieri, non è illogica la prescrizione apposta alla ordinanza di bonifica, secondo la quale FCA si deve coordinare con gli Enti e con i soggetti che già hanno intrapreso delle opere di bonifica: la prescrizione va letta, secondo l’opinione del Collegio, nel senso che FCA si deve orientare, nel progetto di bonifica, tenendo conto e possibilmente giovandosi delle opere di bonifica e di sicurezza già implementate da Carpice e da Curti, fermo restando che ove i tecnici di FCA rilevino l’opportunità di apportare cambiamenti ai progetti di bonifica già approvati, essi potranno e dovranno farlo presente agli Enti competenti ai fini di pervenire alla approvazione di un progetto di bonifica nuovo o modificato.

46. Sostanzialmente priva di interesse è la censura relativa al termine di 60 giorni indicato nel dispositivo della ordinanza di bonifica, stante che entro il menzionato termine FCA è tenuta “a dare integralmente corso alle procedure di cui al Titolo V della Parte Quarta del D. l.vo 152/2006”, e cioè ad avviare, e non a portare a termine, le procedure medesime.

47. Passando all’esame dei motivi aggiunti depositati nel ricorso n. 657/2015 R.G. , il Collegio rileva che a mezzo di tale gravame sono stati impugnati atti che sembrano affermare che le misure di sicurezza implementate sino ad oggi da FIAT non esauriscono le opere di bonifica.

47.1. Il Collegio, richiamato tutto quanto sin qui esposto in ordine alla responsabilità di FCA ed alla necessità che si intraprenda la bonifica del sito, nonostante sia astrattamente possibile la identificazione di ulteriori soggetti responsabili, ritiene che:

– le misure implementate da FCA in ottemperanza alle ordinanze contigibili ed urgenti debbono essere effettivamente valutate dal Comune in quanto tali, e pertanto non si ravvisa alcuna erronea o illogica affermazione in quanto si legge sul punto nella ordinanza del Comune di 9 novembre 2015;

– l’ordinanza di bonifica oggetto di impugnazione ha l’evidente finalità di verificare l’effettiva estensione dell’area della ex-cava, divenuta discarica abusiva, al fine di assicurare che tutta la zona interessata da contaminazione sia assoggettata a bonifica ambientale; relativamente alle aree di proprietà Carpice e Curti il progetto di bonifica è già stato approvato e la bonifica è in corso, ma potrebbe non essere così per tutta l’estensione della zona contaminata, ragione per cui FCA è stata richiesta di predisporre un progetto di bonifica relativo a tutte le aree contaminate non comprese nei due menzionati progetti, tra le quali anche la viabilità di Viale Europa; spetterà eventualmente ad FCA dimostrare, nel corso del procedimento, che non vi sono altre aree contaminate oltre a quelle già “studiate”, che il sistema di monitoraggio implementato sul Viale Europa costituisce anche una misura di bonifica e che essa é sufficiente, ed è evidente che le osservazioni effettuate al riguardo dal Tavolo Tecnico debbono essere tenute da FCA in debita considerazione al fine di produrre un progetto di bonifica suscettibile di approvazione; ovviamente il Collegio non può esprimersi in ordine alla esistenza o meno di altre aree contaminate, ma non appare ictu oculi illogico l’ordine impartito dalla Città Metropolitana riguardo alla necessità di verificare l’effettiva estensione dell’area di cava e della zona effettivamente contaminata, né pare che il Tavolo Tecnico abbia inteso esprimere altre valutazioni se non quelle funzionali al buon esito della procedura di bonifica;

– in atre parole il sistema di monitoraggio implementato su Viale Europa può costituire effettivamente misura sufficiente per un periodo iniziale, ma non si può negare che nell’ambito di un più vasto progetto di bonifica la Città Metropolitana, sulla scorta del parere dei propri organi tecnici, possa pretendere di potenziare detto monitoraggio o di richiedere altre misure, pertanto il Collegio non ravvisa nel verbale del tavolo Tecnico oggetto di gravame alcuna illegittimità o illogicità.

48. Conclusivamente il ricorso n. 657/2015 va accolto nella sola parte in cui non prende in alcuna considerazione l’ipotesi che altri soggetti, meglio indicati in motivazione, possono essere responsabili per l’inquinamento derivante dal deposito di rifiuti solidi urbani. Tale illegittimità non giustifica, allo stato, l’annullamento, in tutto o in parte, della ordinanza di bonifica 9 aprile 2015 della Città Metropolitana, fermo restando che questa ultima dovrà riaprire il procedimento per valutare la posizione degli eredi dei signori Ricca e Bordone, quella dei Comuni di Moncalieri, Nichelino e Torino nonché quella di S.A.T.T.I. e decidere se ed in che misura tali soggetti debbano ritenersi correspnsabili insieme ad FCA, limitatamente alla condotta di conferimento di rifiuti solidi urbani nel periodo 1964-1967/68.

CONCLUSIONI

49. Il ricorso n. 1217/2014 R.G. va respinto, mentre va accolto nei limitati sensi di cui in motivazione il ricorso n. 657/2015. Il ricorso incidentale spiegato dei signori Carla Angela Menso, Carlo Bordone, Tommaso Giuseppe Bordone va allo stato dichiarato inammissibile per difetto di interesse, non essendosi la Città Metropolitana ancora pronunciata sull’obbligo degli eredi dei signori Domenico Ricca e Tommaso Bordone di concorrere nelle azioni di bonifica oggetto della ordinanza in epigrafe indicata.

50. La complessità delle questioni trattate giustifica l’integrale compensazione delle spese tra tutte le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sui ricorsi, come in epigrafe proposti, ogni diversa istanza rigettata, così provvede:

– respinge il ricorso n. 1217/2014 R.G. ed i relativi motivi aggiunti;

– accoglie il ricorso n. 657/2015 R.G. nei limiti e nei sensi di cui in motivazione;

– -respinge i motivi aggiunti depositati nell’ambito del ricorso n. 657/2015 R.G.

– dichiara inammissibile il ricorso incidentale spiegato, nell’ambito del giudizio n. 657/2015 R.G., dai signori Carla Angela Menso, Carlo Bordone, Tommaso Giuseppe Bordone;

– visto l’art. 34 comma 1 lett. e) dispone che la Città Metropolitana di Torino entro trenta giorni dalla comunicazione della presente decisione avvii il procedimento finalizzato a riesaminare l’ordinanza di bonifica n. 44-11235 del 9 aprile 2015, al solo fine di verificare , ovviamente in contraddittorio con gli interessati, se in relazione al conferimento di rifiuti solidi urbani, ascrivibile alla gestione della ex-cava Carpice da parte dei signori Ricca Domenico e Bordone Tommaso, possano e debbano essere chiamati a rispondere gli eredi di costoro, e/o i Comuni di Moncalieri, Nichelino e Torino e/o la S.A.T.T.I.

Spese compensate tra tutte le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Torino nelle camere di consiglio dei giorni 25 gennaio 2017, 22 febbraio 2017, con l’intervento dei magistrati:

Domenico Giordano, Presidente

Roberta Ravasio, Consigliere, Estensore

Giovanni Pescatore, Primo Referendario

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