Integra la fattispecie di lottizzazione abusiva materiale la considerevole trasformazione del territorio, già agricolo, derivante dall’esistenza di un compendio immobiliare realizzato senza titoli edilizi in area destinata a verde, in origine priva di manufatti, composto da varie unità abitative aventi ciascuna una propria autonoma funzionalità, ciascuna corrispondente ad un subalterno di nuova creazione, prive di agibilità, dotate di accessi indipendenti e numeri civici, separate da reti e muri di recinzione, con ampie aree esterne pavimentate, servite da opere di urbanizzazione quali viabilità esterna e apposizione di fossa settica stante la mancanza di fogne comunali. Ove manchi la specifica autorizzazione a lottizzare, la lottizzazione abusiva sussiste e deve essere sanzionata anche se, per le singole opere facenti parte di tale lottizzazione, sia stata rilasciata una concessione edilizia a cui non può attribuirsi alcun rilievo sanante.
massima della redazione
testo integrale
Tribunale Amministrativo Regionale Puglia, Sezione Terza, Bari, sentenza 20 luglio 2017 n.835. Presidente: Gaudieri; relatore: Lenzi.
FATTO e DIRITTO
1 – Con ricorso notificato il 15/5/15 e depositato il 21/5/15, Robes Virginia ha esposto che con nota del 10/1/12 (recante nell’epigrafe la dicitura di “ordinanza”), il Comune di Bari ha comunicato l’avvio del procedimento finalizzato all’annullamento in autotutela delle C.E. in sanatoria n. 1368 e 1369/98, nonché 2080/99, 809/99 e 808/99, esponendo le circostanze in base alle quali è stata ritenuta la realizzazione di una lottizzazione abusiva, mediante frazionamento dei terreni in un numero consistente di lotti, successivamente trasferiti a diversi acquirenti, realizzando così una trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio in zona destinata a verde pubblico.
Con nota del 7/6/13, il Comune ha poi notiziato la ricorrente dell’avvenuta trascrizione presso la conservatoria dei rr.ii. dell’ “ordinanza” di avvio del procedimento, di cui – con nota del 17/10/13 – la ricorrente ha chiesto la cancellazione.
Decorsi quasi due anni, con missiva notificata al Comune di Bari il 24/2/15, la ricorrente ha diffidato l’Amministrazione alla celere conclusione del procedimento, non senza lamentare la lesione del legittimo affidamento riposto sulla validità delle concessioni in sanatoria alla luce del lungo lasso temporale trascorso dal loro rilascio e l’illegittimità della trascrizione richiesta dal Comune.
1.1 – Perdurando l’inerzia dell’A.C., la ricorrente ha, pertanto, adito l’intestato Tribunale al fine di accertare l’illegittimità del silenzio serbato dal Comune di Bari sulla diffida di cui innanzi, con la fissazione di un termine per provvedere, nonché per l’accertamento dell’illiceità della disposta trascrizione e per la condanna del Comune al risarcimento di tutti i danni derivati dall’illegittima trascrizione dell’atto recante comunicazione di avvio del procedimento di annullamento in autotutela dei titoli edilizi.
2 – Con ricorso per motivi aggiunti notificato il 30/6/15 e depositato in pari data, la Robes ha poi gravato la nota comunale del 4/6/15 di riscontro alla sua diffida, in cui il competente ufficio comunale ha dichiarato che il rallentamento dell’istruttoria procedimentale è dipeso proprio dal comportamento decettivo della ricorrente che ha indotto in errore il Comune circa la reale natura degli interventi edilizi realizzati, invocando l’art. 30 d.P.R. n. 380/01 a fondamento dell’intervenuta trascrizione.
3 – Il Comune di Bari ha resistito ad entrambi i ricorsi, versando in atti documentazione relativa ai fatti di causa.
4 – Con il secondo ricorso per motivi aggiunti notificato il 14/9/15 e depositato il 18/9/15, la ricorrente ha impugnato l’ordinanza del 29/6/15 n. 2015/00740- 2015/130/00263 con la quale il Comune ha in via definitiva annullato in autotutela le concessioni in sanatoria innanzi già indicate, deducendo:
– violazione degli artt. 3, 7, 8 e 10 l. 241/90: il Comune di Bari nel provvedimento gravato afferma non esser stato prodotto alcunché dalla ricorrente in seguito alla comunicazione di avvio, laddove la Robes ha fatto pervenite memoria con allegata documentazione;
– violazione dell’art. 21 nonies l. 241/90 in relazione all’art. 39 d.P.R. n. 380/01: l’annullamento in autotutela è avvenuto a circa quindici anni di distanza rispetto all’epoca di rilascio delle concessioni in sanatoria e, dunque, in epoca in cui è certamente spirato non solo il termine ragionevole di diciotto mesi ex art. 21 nonies (come risultante in seguito alla modifica ex l. 124/15), ma anche quello di dieci anni previsto dall’art. 39 cit.
Tale ampio lasso temporale ha ingenerato nella ricorrente un legittimo affidamento che avrebbe richiesto quantomeno una motivazione rafforzata dell’atto, anche in considerazione della scarsa rilevanza paesaggistico-ambientale dei luoghi interessati all’edificazione, nonché del mancato accertamento dell’abusiva lottizzazione in sede penale.
– violazione dell’art. 21 nonies in relazione all’art. 30 d.P.R. n. 380/01: il Comune ha erroneamente ritento sussistente una lottizzazione cartolare, omettendo di considerare che la Robes è divenuta proprietaria della particella 538 nell’anno 1985 per averla acquistata da tale Zonno Giovanna, che a sua volta l’aveva ricevuta per donazione in conto di legittima dalla madre (con atto di donazione del 1974, con contestuale frazionamento e costituzione di servitù di passaggio su viale esterno). Quanto poi, alla particella n. 618, la ricorrente ne è divenuta proprietaria nel 1988 per effetto di successione testamentaria al coniuge Calamita Emanuele, che – nel 1983 – aveva acquistato dai proprietari Montrone-Festa due particelle (fg. 44 n. 618 e 619) risultanti da pregresso frazionamento approvato dal Comune di Bari nel 1983: tali circostanze dimostrano l’estraneità della ricorrente rispetto alla realizzazione della viabilità esterna e, comunque, l’inesistenza di un suo disegno unitario preordinato ad una lottizzazione abusiva.
Quanto, infine, alla destinazione a verde, anche a volerla ritenere effettivamente vigente, la stessa non è causa ostativa al rilascio della concessione edilizia.
5 – Infine, con il terzo ricorso per motivi aggiunti notificato in data 1/8/16 e depositato il 3/8/16, la ricorrente ha impugnato l’ordinanza n. 2016/00927740 – 2016/130/00265 del 30/6/16 con cui il Comune di Bari ha:
– ordinato alla ricorrente ed agli attuali proprietari di immobili da lei medio tempore alienati di interrompere le opere in corso e vietato di disporre dei suoli con atto inter vivos, disponendo all’uopo la trascrizione dell’atto presso la conservatoria dei RR.II.;
– ingiunto la demolizione degli abusi di cui ai verbali di accertamento nell’atto compiutamente indicati;
– ingiunto il pagamento della sanzione amministrativa pari ad euro 1.032,00.
La ricorrente, oltre a dedurre in ordine alla invalidità derivata di tale ingiunzione da quella degli atti presupposti già gravati, rappresenta che per costante giurisprudenza il procedimento repressivo va interrotto qualora sia pendente il procedimento per il condono edilizio, come nel caso di specie in relazione alle unità immobiliari insistenti sulle part. Fg. 44 n. 538 sub 6 e 7. Sostiene, inoltre, che del tutto illegittimamente il Comune ha ingiunto la demolizione di opere ritenute abusive sulla scorta di verbali risalenti agli anni ’80 ed ormai travolti dalla definizione delle pratiche di condono con le concessioni in sanatoria illo tempore rilasciate.
6 – Con ordinanza depositata in data 8/9/16 veniva accolta l’istanza cautelare limitatamente all’ingiunzione di demolizione e alla decorrenza del termine di cui al comma 8 dell’art. 30 del D.P.R. n. 380/01 per l’acquisizione delle opere al patrimonio comunale, fermi rimanendo i restanti effetti del provvedimento impugnato, ai sensi dei commi 7, 9 e 10 del medesimo art. 30.
7 – All’udienza del 28/6/17 la causa è stata trattenuta in decisione.
8 – Il ricorso principale ed il primo ricorso per motivi aggiunti vanno dichiarati improcedibili; ed invero:
– l’inerzia del Comune rispetto alla conclusione dell’intrapreso procedimento di annullamento in autotutela dei titoli edilizi che aveva dato luogo al primo ricorso è stata superata dalla nota comunale del 4/6/15;
– l’interesse al gravame proposto avverso quest’ultima è venuto meno per effetto della sopravvenuta emanazione del definivo annullamento dei titoli di cui sopra.
9 – E’ infondato il secondo ricorso per motivi aggiunti, incentrato sull’illegittimità dell’atto di annullamento in autotutela dei titoli edilizi in sanatoria rilasciati alla ricorrente, per la dirimente ragione che gli interventi edilizi realizzati configurano una lottizzazione abusiva.
9.1 – Ai sensi dell’art. 30 d.P.R. n. 380/01 “si ha lottizzazione abusiva di terreni a scopo edificatorio quando vengono iniziate opere che comportino trasformazione urbanistica od edilizia dei terreni stessi in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, vigenti o adottati, o comunque stabilite dalle leggi statali o regionali o senza la prescritta autorizzazione; nonché quando tale trasformazione venga predisposta attraverso il frazionamento e la vendita, o atti equivalenti, del terreno in lotti che, per le loro caratteristiche quali la dimensione in relazione alla natura del terreno e alla sua destinazione secondo gli strumenti urbanistici, il numero, l’ubicazione o la eventuale previsione di opere di urbanizzazione ed in rapporto ad elementi riferiti agli acquirenti, denuncino in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio” (art. 30 d.P.R. n. 380/2001).
9.1.1 – La norma distingue, quindi, due diverse ipotesi di lottizzazione abusiva a scopo edificatorio.
La prima, cd. lottizzazione materiale (o reale), ricorre «quando vengono iniziate opere che comportino trasformazione urbanistica od edilizia dei terreni stessi in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, vigenti o adottati, o comunque stabilite dalle leggi statali o regionali o senza la prescritta autorizzazione».
La seconda, lottizzazione cd. formale, negoziale ovvero cartolare, si delinea «quando tale trasformazione venga predisposta attraverso il frazionamento e la vendita, o atti equivalenti, del terreno in lotti che, per le loro caratteristiche quali la dimensione in relazione alla natura del terreno e alla sua destinazione secondo gli strumenti urbanistici, il numero, l’ubicazione o la eventuale previsione di opere di urbanizzazione ed in rapporto ad elementi riferiti agli acquirenti, denuncino in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio».
9.2 – La fattispecie della lottizzazione abusiva, dunque, consegue alla realizzazione di un numero variabile di costruzioni, senza che sia stata stipulata l’apposita convenzione che consente all’amministrazione di apprezzare la sostenibilità dell’edificazione e di ripartire i costi con gli interessati.
“Si ritiene comunemente in dottrina e giurisprudenza che le norme sull’abusiva lottizzazione siano volte ad impedire l’edificazione parcellizzata, senza che preesista un progetto unitario capace di distribuire tutti gli effetti dell’edificazione stessa tra i soggetti pubblici e privati coinvolti. Tale asserzione comporta un’ulteriore conseguenza, che involge l’impossibilità di limitare l’esame della corrispondenza del singolo titolo allo strumento vigente al tempo del rilascio, allorché si riscontra a posteriori che proprio l’assenso a singoli progetti in sé conformi ha comportato lo stravolgimento del disegno voluto a suo tempo dal pianificatore”, (TAR Liguria, sez. I, sent. 8/6/11 n. 909).
Ed ancora, “è proprio la formulazione dell’art. 30 del D.P.R. n. 380/01 che impone di affermare che integra un’ipotesi di lottizzazione abusiva qualsiasi tipo di opere in concreto idonee a stravolgere l’assetto del territorio preesistente, a realizzare un nuovo insediamento abitativo e, quindi, in ultima analisi, a determinare sia un concreto ostacolo alla futura attività di programmazione (che viene posta di fronte al fatto compiuto), sia un carico urbanistico che necessita adeguamento degli standards; né può assumere rilievo, in senso contrario, la preesistenza di titoli edilizi, in quanto «la verifica circa la conformità della trasformazione realizzata e la sua rispondenza o meno alle previsioni delle norme urbanistiche vigenti deve essere effettuata con riferimento non già alle singole opere in cui si è compendiata la lottizzazione, eventualmente anche regolarmente assentite (giacché tale difformità è specificamente sanzionata dagli artt. 31 e ss. D.P.R. n. 380/2001), bensì alla complessiva trasformazione edilizia che di quelle opere costituisce il frutto, sicché essa conformità ben può mancare anche nei casi in cui per le singole opere facenti parte della lottizzazione sia stato rilasciato il permesso di costruire (cfr. C.d.S., sez. IV, 9.6.2015, n. 2816; C.d.S., sez. IV, 19.6.2014, n. 3115; C.d.S., sez. IV, 7.6.2012 n. 3381).
9.3 – Tale ultimo rilievo consente di scrutinare la fattispecie in esame, che si connota proprio per il rilascio di singole concessioni in sanatoria emesse a conclusione di altrettanti procedimenti, relativi a distinti interventi edilizi, realizzati su aree confinanti, che solo a posteriori ed unitariamente considerati hanno rivelato la loro essenza unitaria di lottizzazione abusiva.
9.3.1 – Giova precisare in punto di fatto che gli interventi per i quali è causa consistono in:
A) due unità abitative in ct. fg. 44 p.lle 618 sub 7 e sub 8 (attualmente di proprietà rispettivamente di Losito Anna Angela Leonia e Aprile Daniele, che le hanno acquistate dalla Robes), abusivamente realizzate da Calamita Emanuele (coniuge defunto della Robes) su “terreno agricolo … non suscettibile di alcun utilizzazione edificatoria”, secondo quanto precisato nell’atto notarile di compravendita (cfr. doc 10 in allegato al secondo ricorso per motivi aggiunti depositato il 18/9/2015); l’edificazione è iniziata – in assenza di titolo – immediatamente dopo l’acquisto del suolo e si è ivi protratta nonostante la tempestiva elevazione di numerosi verbali di accertamento di violazione urbanistico-edilizia e contestuali sequestri;
B) tre unità abitative in ct. fg. 44 p.lla 538 sub 2, sub 3 e sub 4 realizzati dall’odierna ricorrente su “appezzamento di terreno …. tipizzato come area verde pubblico – verde urbano, giusta certificato di destinazione urbanistica di cui infra” (così nell’atto di acquisto, doc. 9 in allegato al secondo ricorso per motivi aggiunti depositato il 18/9/2015), confinante con la predetta p.ll 618;
C) due ulteriori unità abitative in ct. fg. 44 p.lla 538 sub 5 e sub 6 oggetto di distinte domande di condono ex l. 326/03 non ancora definite.
9.3.2 – Rispetto ai predetti interventi (dei quali solo quelli sub A e B hanno beneficiato di singole concessioni in sanatoria) la civica Amministrazione contesta la sussistenza di una lottizzazione abusiva sia materiale che cartolare.
Tutti gli elementi forniti dal Comune, unitamente alle risultanze del verbale di accertamento di violazione n. 217/07 elevato dagli agenti della Polizia Edilizia ed alla documentazione fotografica prodotta in giudizio, inducono il Collegio a condividere la prospettazione comunale ed a ritenere corretta la qualificazione dell’abuso sanzionato nei termini di lottizzazione abusiva materiale, secondo quanto innanzi riportato.
Non è revocabile in dubbio che ci si trovi al cospetto di una considerevole trasformazione del territorio derivante dall’esistenza di un compendio immobiliare realizzato senza titoli edilizi in area destinata a verde, in origine priva di manufatti, composto da sette unità abitative aventi ciascuna una propria autonoma funzionalità, ciascuna corrispondente ad un subalterno di nuova “creazione”, prive di agibilità, dotate di accessi indipendenti e numeri civici, separate da reti/muri di recinzione, con ampie aree esterne pavimentate, servite da opere di urbanizzazione quali viabilità esterna e apposizione di fossa settica stante la mancanza di fogne comunali (circostanze che, almeno in relazione alle 5 unità abitative oggetto di sanatoria, trovano riscontro nella relazione peritale a firma del geom. Maio, all. 5 al secondo ricorso per motivi aggiunti depositato il 18/9/2015), il tutto “in un’area contraddistinta da una vasta edificazione residenziale abusiva” (come precisato nell’atto gravato).
Deve, quindi, ritenersi che l’originaria consistenza agricola dei terreni è stata radicalmente trasformata attraverso la realizzazione dei manufatti sopra descritti e delle opere di urbanizzazione primaria a loro corredo (non ultimi, gli allacci alla rete elettrica, come da documentazione fotografica in atti) di modo che l’originario terreno agricolo si presenta, complessivamente, quale insediamento residenziale mai autorizzato in quanto tale.
Sulla base di una visione d’insieme dei lavori, la fattispecie, evidentemente, integra qualcosa di diverso, seppur collegato, rispetto alle singole opere realizzate, costituendo un quid pluris (anche, ovviamente, in termini di maggiore gravità) rispetto a cui alcun rilievo sanante può quindi rivestire il rilascio di una eventuale concessione edilizia, sia ex ante, in presenza di concessioni edilizie già rilasciate, sia successivamente, in presenza di concessioni rilasciate in via di sanatoria. Ciò in quanto, ove manchi la specifica autorizzazione a lottizzare, la lottizzazione abusiva sussiste e deve essere sanzionata anche se, per le singole opere facenti parte di tale lottizzazione, sia stata rilasciata una concessione edilizia (in termini, TAR Campania, Salerno, sez. II, sent. 23/9/14 n. 1676).
9.3.3. Destituito di fondamento è quanto dedotto dalla ricorrente a proposito dello stato di urbanizzazione della zona, atteso che “la fattispecie della lottizzazione abusiva può configurarsi anche in caso di aree parzialmente urbanizzate nelle quali si configuri un’esigenza di raccordo col preesistente aggregato abitativo e di potenziamento delle opere di urbanizzazione” (TAR Sicilia, Palermo, sez. II, n. 165 del 30 giugno 2016; C. Cassazione, Sez. III, 4 marzo 2011, n. 8796). “Lo stato di edificazione dell’area può servire ad escludere l’illecito contestato soltanto quando sussiste una situazione di pressoché completa e razionale edificazione della zona, che peraltro conserva tuttora destinazione agricola, tale da rendere superfluo un piano attuativo” (Cass. Sez. III, 30 aprile 2004, n. 20373), circostanza non evincibile dagli atti di causa.
9.3.4 – Priva di rilievo è altresì la circostanza del mancato accertamento della lottizzazione in sede penale, dal momento che anche un eventuale vincolo del giudicato coprirebbe solo l’accertamento dei “fatti materiali” e non anche la loro qualificazione o valutazione giuridica, che rimane circoscritta al processo penale e non può condizionare l’autonoma valutazione da parte del giudice amministrativo (v. in termini, Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 16.7.2015 n. 3556).
10 – Legittimamente, pertanto, il Comune (titolare del potere di controllo del territorio anche al fine di garantire una ordinata pianificazione urbanistica, un corretto uso del territorio e uno sviluppo degli insediamenti abitativi e dei correlativi standard compatibile con le esigenze di finanza pubblica) ha proceduto all’annullamento in autotutela delle concessioni edilizie illegittimamente rilasciate alla Robes, sulla scorta di una valutazione complessiva degli interventi realizzati, del tutto omessa all’atto del rilascio delle singole concessioni in sanatoria.
L’esercizio del potere di autotutela da parte dell’Amministrazione è assistito da un interesse pubblico ed attuale direttamente connesso alla necessità eliminare l’incidenza negativa sulla zona circostante, della illegittima trasformazione del territorio derivante dalla lottizzazione abusiva composta, come detto, da una pluralità di manufatti ad uso abitativo, reti e muri di cinta, strada carrabile.
11 – Venendo quindi alle doglianze della ricorrente in merito al non corretto uso del potere di autotutela, si osserva che “dato che la lottizzazione, a differenza dall’abuso singolo, è infatti tale da implicare ex sé un negativo impatto urbanistico, l’annullamento d’ufficio di una concessione in sanatoria illegittima non necessita di un’espressa e specifica motivazione sul pubblico interesse, consistendo questo nell’interesse della collettività al rispetto della disciplina urbanistica (Consiglio di Stato sez. IV 30 luglio 2012 n. 4300)” ed ancora: “L’insuscettibilità legale di una lottizzazione materiale spontanea di essere oggetto della sanatoria è dunque una delle tipiche ipotesi nelle quali il richiamo all’ interesse pubblico alla tutela della pianificazione ed al ripristino della legalità, è di per sé sufficiente per rendere legittimo l’esercizio del potere di autotutela (arg. ex Consiglio Stato sez. VI 30 luglio 2003 n. 4391)” – Consiglio di Stato, sez. IV, sent. 12/2/13 n. 834.
Né reputa il Collegio che rilevi negativamente che il provvedimento in autotutela (non diversamente dalla conseguente ingiunzione di demolizione) sia intervenuto a notevole distanza di anni dalla realizzazione degli abusi, atteso la fattispecie di lottizzazione abusiva riflette un illecito a carattere permanente e, perciò, la misura sanzionatoria prevista dalla disciplina di settore, oltre che dovuta, deve ritenersi, per definizione, sempre attuale (cfr. TAR Campania, Napoli, II, 7.1.2011, n. 26 cit.). Né a conclusioni diverse potrebbe indurre il comportamento dell’amministrazione che, in questo lasso di tempo, possa aver riscosso tributi per quegli stessi immobili o tenuto condotte analoghe, che in nessun caso varrebbero a legittimare ex post l’avvenuta lottizzazione in contrasto con gli strumenti urbanistici vigenti.
Condivisibile si rivela, poi, la statuizione del Consiglio di Stato – in relazione alla ragionevolezza del termine ex art. 21 nonies – secondo cui: “Si deve perciò escludere che il principio che, nelle situazioni ordinarie, pure costituisce espressione di civiltà giuridica, possa applicarsi in aree caratterizzati da situazioni di generalizzato e diffuso disprezzo della legalità, e che per tale via possano essere considerati prevalenti gli “interessi illegittimi” dei privati, interessati al mantenimento di consistenti situazioni di vasto abusivismo, rispetto all’interesse pubblico generale dello Stato e dei suoi cittadini al corretto sviluppo del territorio” (Consiglio di Stato, sez. IV, sent. 12/2/13 n. 834).
10.1 – L’inconsistenza delle deduzioni della ricorrente tese a smentire la ricorrenza di una fattispecie lottizzatoria consentono di prescindere dall’omessa considerazione dell’apporto partecipativo della ricorrente; infatti va rimarcato che, non potendo l’atto finale avere un contenuto dispositivo diverso da quello in concreto adottato, l’omissione formale non può comunque condurre il Giudice all’annullamento dell’atto ai sensi dell’art. 21 octies comma 2 della legge n. 241 del 1990. Ciò in disparte la circostanza che quanto affermato dall’Amministrazione – “ i destinatari .. non producevano alcun elemento nuovo tale da condurre l’Amministrazione a diverse determinazioni” – può ben significare che quanto prodotto dalla ricorrente ed esaminato dalla P.A. non ha, comunque, influito in maniera dirimente sulle determinazioni già assunte.
11 – Per le suesposte ragioni, il secondo ricorso per motivi aggiunti va respinto.
12 – Anche il terzo ricorso per motivi aggiunti va respinto: si profila, infatti, priva di consistenza la censura di invalidità derivata mossa nei confronti dell’ingiunzione di demolizione, essendo risultato impermeabile alle contestazioni attoree il provvedimento di autoannullamento delle concessioni in sanatoria.
12.1 – Né giova a parte ricorrente invocare l’effetto sospensivo della domanda di condono edilizio presentata ai sensi del d.l. n. 269 del 2003, convertito, con modificazioni, nella l. n. 326 del 2003, domanda mai esitata dall’amministrazione. Ed invero, come da prevalente giurisprudenza, il condono edilizio non esplica effetti sospensivi sulle sanzioni penali e amministrative dirette a colpire la più grave fattispecie di lottizzazione abusiva («Non può sostenersi che la lottizzazione abusiva sia sanabile o condonabile alla stregua del singolo abuso edilizio. Invero, i provvedimenti in materia di sanatoria edilizia operano nell’ambito di uno schema procedimentale che prevede interventi, adempimenti e termini specificamente modellati sulla fattispecie della singola costruzione priva di titolo abilitativo, che non può essere pedissequamente trasposta alla diversa fattispecie delle costruzioni realizzate in comprensori abusivamente lottizzati, giacché trattasi di differenti tipologie di illecito edilizio, connotate da un diverso grado di illiceità: la lottizzazione abusiva incide sulla conservazione delle destinazioni impresse dallo strumento urbanistico ad un determinato comprensorio nonché sulla corretta urbanizzazione del territorio ed è suscettibile di condizionare indebitamente le scelte pianificatorie future dell’amministrazione, e quindi appare ledere la prerogativa comunale della programmazione urbanistica, mentre il singolo abuso edilizio non assume una così estesa potenzialità lesiva» : TAR. Lazio, sez. I, 13 novembre 2012, n. 9281; TAR Toscana, sez. III, 28 febbraio 2012, n. 393; TAR Campania, Napoli, sez. II, 9 settembre 2011, n. 4378; Id., sez. III, 1 marzo 2011, n. 1259; Id., sez. VI, 3 dicembre 2010, n. 26787)” – TAR Campania, Napoli, sez. III, sent. 6/6/14 n. 3182).
12.2 – Va, infine, disattesa anche la deduzione di parte ricorrente volta a contestare l’ “inserimento” nell’ingiunzione di demolizione di ulteriori abusi realizzati in tempi più recenti dai successivi proprietari (aventi causa dalla ricorrente) degli immobili condonati, nulla ostando a che – uno actu – l’A.C. reprima tutti gli abusi perpetrati sui medesimi immobili.
13 – Infondata si palesa, infine, la pretesa risarcitoria che la ricorrente articola nella liquidazione sia del danno emergente che del lucro cessante, anche in considerazione della durata eccessiva del procedimento di autotutela.
A prescindere dal fatto che la ricorrente si limita a generiche affermazioni non comprovate dalla dimostrazione del pregiudizio concreto derivante dalla condotta dell’Amministrazione, appare dirimente osservare che, una volta acclarato che le concessioni in sanatoria oggetto di annullamento erano illegittime, va esclusa la possibilità di corresponsione di alcuna somma a titolo risarcitorio: risulta, infatti, mancante il presupposto di fatto della “ingiustizia del danno”, dal momento che gli immobili – già abusivamente edificati – sono stati poi erroneamente assentiti.
13.1 – Né alcun risarcimento a titolo di danno emergente spetta alla Robes in ragione di quanto da lei corrisposto al promittente acquirente dell’immobile in ct. fg. 44 p.lla 538 sub 3 per effetto dello scioglimento in via transattiva dal contratto preliminare di compravendita, giustificato dalla sopravvenuta conoscenza della trascrizione della comunicazione di avvio del procedimento di autotutela. Oltre a richiamare quanto esposto al punto che precede, va rimarcato, infatti, che la trascrizione (a prescindere dall’asserita illegittimità) risulta eseguita in epoca antecedente rispetto alla stipula del preliminare, di talché ove le parti ne fossero venute a conoscenza con l’uso dell’ordinaria diligenza, si sarebbero certamente astenute dalla stipula di qualsiasi accordo.
14 – Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso principale come integrato dai successivi ricorsi per motivi aggiunti:
– dichiara improcedibili il ricorso principale e il primo ricorso per motivi aggiunti;
– respinge il secondo e terzo ricorso per motivi aggiunti;
– respinge la domanda di risarcimento del danno.
Condanna la ricorrente al pagamento in favore della resistente amministrazione comunale delle spese di lite che si liquidano in euro 2.000,00, oltre accessori come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 28 giugno 2017 con l’intervento dei magistrati:
Francesco Gaudieri, Presidente
Viviana Lenzi, Referendario, Estensore
Cesira Casalanguida, Referendario