E’ legittima l’ordinanza adottata dal Sindaco, ex art 50, comma 7, del D.lgs. n. 267/2000, che, allo scopo di prevenire, contrastare e ridurre il fenomeno del gioco d’azzardo patologico, dispone la limitazione degli orari di apertura delle sale da gioco o scommessa e degli altri esercizi in cui sono installate apparecchiature per il gioco per tutelare la salute pubblica e il benessere socio-economico dei cittadini. Non occorrono indagini istruttorie per la verifica dell’incidenza del fenomeno della ludopatia sul territorio comunale in quanto esso costituisce un fatto notorio o, comunque, una nozione di fatto di comune esperienza, come attestano le numerose iniziative di contrasto assunte dalle autorità pubbliche a livello europeo, nazionale e regionale. La disciplina limitativa degli orari di apertura dei pubblici esercizi in cui si svolgono attività di gioco o scommessa – che consente un’apertura giornaliera pari a quattordici ore giornaliere consecutive (h 8- 22) –rispetto agli obiettivi perseguiti (prevenzione, contrasto e riduzione del gioco d’azzardo patologico), appare proporzionata realizzando essa un ragionevole contemperamento degli interessi economici degli imprenditori del settore con l’interesse pubblico a prevenire e contrastare fenomeni di patologia sociale connessi al gioco compulsivo, causativo di conseguenze pregiudizievoli sia sulla vita personale e familiare dei cittadini, che a carico del servizio sanitario e dei servizi sociali.
massima di Gloria Sdanganelli ©
testo integrale
Tribunale Amministrativo Regionale Veneto, sentenza 3 maggio 2017 n. 434. Presidente: Rovis; relatore: Rinaldi
omissis
FATTO e DIRITTO
La società ricorrente è titolare di una sala giochi, sita nel Comune di Oderzo a distanza di oltre 500 metri dai luoghi sensibili (scuole, stazioni del treno e delle corriere), in cui sono installati sistemi di gioco, con vincita in denaro, denominati Video Lottery Terminal (VLT).
Con il ricorso all’esame ha impugnato il regolamento comunale e l’ordinanza sindacale con cui il Comune di Oderzo ha rimodulato gli orari di esercizio delle sale giochi e scommesse e degli orari di funzionamento (accensione e spegnimento) degli apparecchi con vincita in denaro, deducendone l’illegittimità per violazione di legge ed eccesso di potere.
In virtù della contestata rimodulazione degli orari l’attività gestita dalla ricorrente, che prima fruiva di un orario di apertura illimitato (h 24), è oggi aperta al pubblico dalle ore 8.00 alle ore 22.00 di tutti i giorni.
Si è costituito in giudizio il Comune di Oderzo, contrastando le avverse pretese.
Il ricorso non merita accoglimento.
La limitazione degli orari di apertura delle sale da gioco o scommessa e degli altri esercizi in cui sono installate apparecchiature per il gioco è stata disposta dal Comune per tutelare la salute pubblica e il benessere socio-economico dei cittadini: l’ordinanza impugnata è stata, infatti, adottata dal Sindaco, ex art 50, comma 7, del D.lgs. n. 267/2000, allo scopo di prevenire, contrastare e ridurre il fenomeno del gioco d’azzardo patologico (GAP).
La competenza del Sindaco ad emanare le ordinanze de quibus è pacifica in giurisprudenza (ex multis, Corte costituzionale 18 luglio 2014, n. 220, Consiglio di Stato, Sez. V, 20 ottobre 2015, n. 4794) e non necessita di particolari glosse.
Ciò premesso, la censura con cui la ricorrente deduce il difetto d’istruttoria, per non avere l’Ente Locale effettuato specifiche e minuziose indagini in ordine all’incidenza del fenomeno della ludopatia sul territorio comunale, non merita condivisone.
Nell’attuale momento storico la diffusione del fenomeno della ludopatia in ampie fasce della società civile costituisce un fatto notorio o, comunque, una nozione di fatto di comune esperienza, come attestano le numerose iniziative di contrasto assunte dalle autorità pubbliche a livello europeo, nazionale e regionale (per una sintesi dei molteplici interventi di prevenzione e contrasto della ludopatia si veda Cons. St. parere n. 33/2015 che richiama, tra l’altro, i seguenti atti: la Raccomandazione 2014/478/UE del 14 luglio 2014, sui principi per la tutela dei consumatori e degli utenti dei servizi di gioco d’azzardo on line; il decreto legge 13 settembre 2012, n. 158, che ha introdotto numerose misure di contrasto al gioco d’azzardo on line e off line; l’art. 14 della legge 11 marzo 2014, n. 23, recante una delega al Governo per il riordino delle disposizioni vigenti in materia di giochi pubblici volta a prevedere disposizioni per la tutela dei minori e per contrastare il gioco d’azzardo patologico; la legge 3 dicembre 2014, n. 190 che ha trasferito presso il Ministero della Salute l’Osservatorio per valutare le misure più efficaci per contrastare la diffusione del gioco d’azzardo e il fenomeno della dipendenza grave istituito dal cd. decreto Balduzzi; le numerose leggi regionali, inclusa la L.R.V. n. 6/2015, che demandano agli Enti Locali l’adozione di misure di prevenzione, contrasto e riduzione del rischio della dipendenza da GAP).
I dati forniti dalla ULSS di Treviso evidenziano, in ogni caso, che la crescita del fenomeno della ludopatia ha riguardato anche l’ambito territoriale considerato, risultando dagli atti che presso l’USLL n. 9, nel cui distretto ricade il Comune intimato, un significativo numero di persone (187 nell’ambito dell’intera Provincia, di cui 7 nella città di Oderzo e molte altre nei dintorni) sono state prese in carico nel 2015 dall’Ambulatorio a ciò specificamente dedicato in quanto affette da gioco d’azzardo patologico.
E’ verosimile ritenere che il numero reale delle persone affette da GAP sia ancora maggiore, atteso che una parte significativa del fenomeno resta sommerso in quanto molti soggetti ludopatici, poiché provano vergogna o perché sottovalutano la propria patologia o per altre ragioni, non si rivolgono alle strutture sanitarie e/o ai servizi sociali.
Vanno disattese anche le censure con cui la ricorrente lamenta il difetto di motivazione e la violazione della libertà d’impresa, delle norme di liberalizzazione delle attività economiche e dei principi di proporzionalità, ragionevolezza, tutela dell’affidamento e disparità di trattamento.
L’ordinanza, in disparte ogni considerazione in ordine alla sua natura di atto generale, è adeguatamente motivata con riferimento all’esigenza di tutela della salute pubblica e del benessere individuale e collettivo.
La libertà di iniziativa economica non è assoluta, non potendo svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana (art. 41 Cost.).
La normativa nazionale in tema di liberalizzazione delle attività economiche e degli orari dei pubblici esercizi consente alle autorità pubbliche di porre limiti e restrizioni all’attività economica per evitare danni alla salute, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana e possibili contrasti con l’utilità sociale (cfr. art. 1, comma 2, del D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito nella legge 24 marzo 2012, n. 27; art. 3, comma 1, lett. c, del D.L. 13 agosto 2011, n. 138, convertito nella legge 14 settembre 2011, n. 148; in termini anche Corte Costituzionale, sentenza 200 del 20.7.2012).
La Corte di Giustizia, come rimarcato da Cons. St. parere n. 33/2015 e da TAR Bolzano sentenza n. 31/2017, ha più volte specificato che restrizioni alla libertà di stabilimento e alla libera prestazione di servizi possono essere giustificate da esigenze imperative connesse all’interesse generale, come ad esempio la tutela dei destinatari del servizio e dell’ordine sociale, la protezione dei consumatori, la prevenzione della frode e dell’incitamento dei cittadini ad una spesa eccessiva legata al gioco medesimo (v. in tal senso, sentenza 24 gennaio 2013, nelle cause riunite C-186/11 e C-209/11, punto 23), con conseguente legittima introduzione, da parte degli Stati membri e delle loro articolazioni ordinamentali, di restrizioni all’apertura di locali adibiti al gioco, a tutela della salute di determinate categorie di persone maggiormente vulnerabili in funzione della prevenzione della dipendenza dal gioco (interesse fondamentale, salvaguardato dallo stesso Trattato CE).
Secondo la giurisprudenza europea spetta a ciascuno Stato membro decidere, nell’ambito del proprio potere discrezionale, se, nel contesto dei legittimi scopi da esso perseguiti, sia necessario vietare totalmente o parzialmente attività di gioco o scommessa, oppure soltanto limitarle e prevedere, a tal fine, modalità di controllo più o meno rigorose, tenendo presente che la necessità e la proporzionalità delle misure adottate deve essere valutata unicamente alla luce degli obiettivi perseguiti e del livello di tutela, che le autorità nazionali interessate intendono garantire.
Ciò posto, l’impugnata disciplina limitativa degli orari di apertura dei pubblici esercizi in cui si svolgono attività di gioco o scommessa – che consente un’apertura giornaliera pari a quattordici ore giornaliere consecutive (h 8- 22) – appare al Collegio proporzionata rispetto agli obiettivi perseguiti (prevenzione, contrasto e riduzione del gioco d’azzardo patologico), realizzando un ragionevole contemperamento degli interessi economici degli imprenditori del settore con l’interesse pubblico a prevenire e contrastare fenomeni di patologia sociale connessi al gioco compulsivo, non essendo revocabile in dubbio che un’illimitata o incontrollata possibilità di accesso al gioco accresce il rischio di diffusione di fenomeni di dipendenza, con conseguenze pregiudizievoli sia sulla vita personale e familiare dei cittadini, che a carico del servizio sanitario e dei servizi sociali, chiamati a contrastare patologie e situazioni di disagio connesse alle ludopatie (sulla legittimità di ordinanze o regolamenti comunali che hanno limitato a otto ore giornaliere l’apertura delle sale scommesse o da gioco e la funzionalità degli apparecchi per il gioco installati in altri pubblici esercizi si vedano TAR Veneto, sentenze nn.114/2016, 119/2016, 753/2015 e 811/2015 nonché Cons. St. n. 2519/2016).
L’idoneità dell’atto impugnato a realizzare l’obiettivo perseguito deve essere apprezzata, tenendo presente che scopo dell’ordinanza comunale non è quello di eliminare ogni forma di dipendenza patologica dal gioco (anche quelle generate da gratta e vinci, lotto, superenalotto, giochi on line, etc.) – obiettivo che travalicherebbe la sfera di attribuzioni del Comune (Tar Veneto, 114/2016) – ma solo quello di prevenire, contrastare, ridurre il rischio di dipendenza patologica derivante dalla frequentazione di sale da gioco o scommessa e dall’utilizzo di apparecchiature per il gioco.
La riduzione degli orari di apertura delle sale pubbliche da gioco è, in altre, parole, solo una delle molteplici misure che le autorità pubbliche possono mettere in campo per combattere il fenomeno della ludopatia, che ha radici complesse e rispetto al quale non esistono soluzioni di sicuro effetto (Cons. St. n. 2519/2016).
Neppure può ritenersi sussistente la lamentata violazione del principio di affidamento, considerato che l’ordinanza impugnata trova giustificazione in fatti e normative sopravvenuti rispetto all’avvio dell’attività (l’aumento del numero delle persone affette da disturbi del gioco d’azzardo; l’approvazione della L.R.V. n. 6/2015, il cui art. 20 promuove interventi degli Enti Locali finalizzati alla prevenzione, al contrasto e alla riduzione del rischio di dipendenza dal GAP) e che, in ogni caso, gli imprenditori del settore, in quanto soggetti professionali, erano a conoscenza o avrebbero dovuto conoscere con l’utilizzo della diligenza professionale (1176, comma 2, c.c.), che la normativa europea e nazionale di riferimento consentiva alle autorità pubbliche di porre restrizioni all’esercizio di attività economiche legate all’attività di gioco o scommessa, allo scopo di tutelare la salute pubblica e il benessere socio-economico dei cittadini e in particolare delle fasce più deboli e vulnerabili della popolazione, maggiormente esposte alle lusinghe, suggestioni e illusioni del gioco d’azzardo.
Priva di pregio è anche la doglianza con cui si lamenta la disparità di trattamento rispetto a discipline più favorevoli (per i gestori) adottate da Comuni limitrofi, atteso che i provvedimenti municipali esplicano la loro efficacia solo nei rispettivi territori e che, pur essendo auspicabile una regolamentazioni uniforme della disciplina degli orari di apertura delle strutture in cui si esercita l’attività di gioco o scommessa da parte dei Comuni limitrofi, allo stato, non sussiste alcun obbligo in tal senso, potendo ogni Comune provvedere autonomamente.
Per quanto sin qui esposto il ricorso deve essere respinto.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore del Comune, liquidate in € 3000 (euro tremila/00), oltre accessori di legge, se dovuti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 20 aprile 2017 con l’intervento dei magistrati:
Claudio Rovis, Presidente
Marco Rinaldi, Referendario, Estensore
Michele Pizzi, Referendario