Tribunale di Lamezia Terme, Sezione Civile, sentenza 20.3.2023 n.201. Azione contrattuale, enti locali, mancanza dell’impegno spesa, obbligo personale del funzionario, ingiustificato arricchimento.

Laura Sirani

Nella controversia ad oggetto un’azione di condanna al pagamento di somme dovute a titolo di rimborso per opere realizzate dal concessionario dello stadio comunale, le prestazioni rese a complemento della struttura autorizzate dall’organo gestionale, ma prive di impegno contabile, non vincolano l’amministrazione comunale, determinando un rapporto obbligatorio esclusivamente fra il privato e il dirigente a norma dell’art. 191 del T.U.E.L, che delinea una frattura del rapporto di immedesimazione organica tra quest’ultimo e l’ente pubblico.

Dimostrato il depauperamento del privato e l’arricchimento dell’ente, comunque avvantaggiato dall’esecuzione delle opere eseguite dal concessionario, grazie alle quali si è conseguita l’agibilità dello stadio per disputare le gare sportive ufficiali, esso è tenuto ad indennizzare la società privata dei costi della loro esecuzione ex art. 2041 c.c., poiché nel processo introdotto mediante domanda di adempimento contrattuale è ammissibile la domanda di indennizzo per ingiustificato arricchimento formulata, in via subordinata, qualora si riferisca alla medesima vicenda sostanziale dedotta in giudizio.

L’azione per ingiustificato arricchimento deve essere accolta tutte le volte in cui il privato dimostri l’esistenza del proprio impoverimento e della locupletazione dell’ente, a prescindere dall’esistenza di un gradimento implicito o esplicito da parte dell’amministrazione; dovrà, invece, essere rigettata ove l’ente convenuto dimostri di aver rifiutato o di non aver potuto rifiutare, a cagione dell’imposizione del privato, l’opera.

massima di redazione

testo integrale

Trib Lamezia Terme sentenza n. 201-2023

La società attrice è stata vittoriosamente difesa dall’avv. A.Sdanganelli

Brevi note in tema di responsabilità precontrattuale dell’ente locale.

La sentenza ha aggirato, per assorbimento, la questione della responsabilità precontrattuale dell’ente locale che non abbia perfezionato il procedimento contabile di liquidazione per le prestazioni rese dal creditore, privando la decisione di un argomento di notevole interesse.

  1. A) ASPETTI PROCESSUALI

In seguito alle eccezioni di inammissibilità ed infondatezza dell’azione contrattuale e di ingiustificato arricchimento sollevate dal Comune nella memoria di costituzione, l’attore ha ritualmente avanzato, nella prima udienza del procedimento ex artt.702 bis ss., c.p.c. , equivalente a quella ex art.183 c.p.c. del vecchio rito ordinario, domanda riconvenzionale di risarcimento danni da responsabilità precontrattuale.

Rispetto alla eccezione del convenuto sulla presunta novità della domanda attorea, va osservato che l’art. 183, quarto comma, cod. proc. civ., nel testo anteriore alla riforma del 2006, nonché il quinto comma della stessa norma – benchè anch’esso superato dalla riforma Cartabia – consentiva che l’attore potesse introdurre una nuova domanda avente ad oggetto la responsabilità precontrattuale del convenuto, oltre che a seguito di eccezione o domanda riconvenzionale del convenuto, anche in dipendenza di una mera difesa in iure o in facto che alleghi l’infondatezza della domanda originaria, ferma restando la necessità che la nuova domanda assuma carattere consequenziale e, dunque, che la mera difesa svolga rispetto ad essa funzione di elemento costitutivo (Cassazione civile sez. III, 19 luglio 2013 n. 17708).

Nel caso in esame, la domanda di responsabilità precontrattuale avrebbe trovato agevolmente ingresso nel giudizio esaminato, giacché quello che effettivamente è percepibile è il rilievo decisivo che, al di là della caratterizzazione della difesa del convenuto come mera difesa, assume il carattere consequenziale della domanda nuova proposta dall’attore.

Si tratta, evidentemente, di consequenzialità giuridica e come tale essa si può manifestare non solo quando il convenuto introduca un’eccezione o una domanda, ma anche quando egli rimanga sul piano della mera difesa in iure o in facto.

Nel caso di specie, proposta originariamente una domanda contrattuale basata sulla richiesta di rimborso e, in via subordinata, domanda di ingiustificato arricchimento, la contestazione della loro validità si prestava ad assumere, una valenza negativa, cioè il mancato perfezionamento di un contratto e della fattispecie ex art.2041 c.c., e, nel contempo, positiva, cioè di esistenza di un contatto fra le parti, qualificato dalla convenzione di uso e gestione dello stadio comunale che prevedeva la modalità del rimborso, in favore del concessionario, per le opere eseguite. Tale circostanza acquista il valore di fatto costitutivo di una domanda di riconoscimento del risarcimento del danno per responsabilità precontrattuale, atteso che fra i fatti costitutivi di essa rileva il tratto comune che fra due soggetti siano intercorse trattative per la realizzazione delle opere di manutenzione. All’esito di esse, l’ente ha locupletato il beneficio dell’agibilità dello stadio, senza adottare gli atti amministrativi che avrebbero perfezionato l’obbligazione del rimborso a carico dell’ente.

Ne deriva, dunque, la consequenzialità fra l’eccezione del convenuto diretta a contrastare l’azione attorea – a causa dell’operatività dell’art.191 d.lgs.267/2000 -e la domanda risarcitoria per responsabilità precontrattuale dell’ente.

Inoltre, è bene rimarcare la compatibilità della domanda di responsabilità precontrattuale con l’assetto del thema decidendum, in quanto essa si basa sulla elaborazione e qualificazione di pregressi elementi di fatto introdotti dall’attore con l’atto introduttivo.

D’altro canto, poichè la domanda proposta dall’attore ai sensi dell’art.183, comma 5, applicabile al procedimento ex art.702 bis, oggi 281 decies, c.p.c., non deve necessariamente essere una domanda conciliabile con quella originariamente da lui proposta, potendo trattarsi di una domanda che, innestandosi sulla difesa, in senso lato, del convenuto, assuma carattere necessariamente alternativo alla originaria.

Nella elaborata prospettiva, la compromissione del contraddittorio temuta dalla difesa avversaria (“dichiara di non accettare il contraddittorio”, clausola di stile inutile se non argomentata) è radicalmente scongiurata. La giurisprudenza è pervenuta ad una nozione equilibrata della mutatio libelli, aderente specularmente al caso in esame, affermando che la modificazione della domanda ammessa ex art. 183, comma 5, c.p.c., può riguardare anche uno o entrambi gli elementi oggettivi della stessa («petitum» e «causa petendi»), sempre che la domanda così modificata risulti comunque connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio e senza che, perciò solo, si determini la compromissione delle potenzialità difensive della controparte, ovvero l’allungamento dei tempi processuali (Cass. SS.UU., n. 12310/2015).

L’esegesi prospettata, d’altro canto, è quella che è funzionale ad evitare che una domanda nuova basata sulla mera difesa del convenuto possa poi essere esercitata in un nuovo giudizio, con conseguente carattere defatigatorio dello svolgimento della giurisdizione anzichè assicurazione del massimo della sua concentrazione (Cassazione civile sez. III, 19 luglio 2013 n. 17708).

  1. B) ASPETTI SOSTANZIALI – 1337-1338 C.C.

Ove si acceda all’inconfigurabilità di un rapporto contrattuale fra la società attorea e l’ente locale debitore, per la mancanza dell’impegno spesa che avrebbe obbligato la parte pubblica ad adempiere la prestazione del rimborso, ovvero della fattispecie ex art.2041 c.c., fra i predetti soggetti viene comunque ad instaurarsi una relazione qualificabile come contatto sociale qualificato, ancorata alla terza, importante, fonte delle obbligazioni, rappresentata – ai sensi dell’art. 1173 c.c. – da “ogni altro atto o fatto idoneo a produrle in conformità dell’ordinamento giuridico”, concedendo il giusto rilievo, sul piano giuridico, alla peculiarità di talune situazioni non inquadrabili nè nel torto nè nel contratto, e – tuttavia – singolarmente assimilabili più alla seconda fattispecie, che non alla prima.

La violazione della buona fede che, sulla base dell’affidamento, fa sorgere obblighi di protezione reciproca tra le parti genera la responsabilità per il danno cagionato da una parte all’altra, in quanto ha la sua derivazione nella violazione di specifici obblighi (buona fede, protezione, informazione) precedenti quelli che deriveranno dal contratto, se ed allorquando verrà concluso. Viene, per tale via, ad esistenza la figura di un rapporto obbligatorio connotato non da obblighi di prestazione, come accade nelle obbligazioni che trovano la loro causa in un contratto, bensì da obblighi di protezione, egualmente riconducibili, sebbene manchi un atto negoziale, ad una responsabilità diversa da quella aquiliana e prossima a quella contrattuale, poichè ancorabili a quei fatti ed atti idonei a produrli, costituente la terza fonte delle obbligazioni menzionata dall’art. 1173 c.c.. (Cassazione civile sez.I, 12 luglio 2016, n.14188).

La trasgressione di tali regole, riconducibile all’inadempimento del rapporto che si instaura in relazione all’obbligo imposto dalla normativa che regola il comportamento della p.a., assume, invero, un carattere del tutto autonomo rispetto al pregiudizio costituito dalla perdita sostanziale del bene della vita al quale il privato aspira, ed è, pertanto, inquadrabile – stante il contatto qualificato che viene ad instaurarsi tra il privato e l’amministrazione nel procedimento – nella fattispecie della responsabilità di tipo contrattuale ex art. 1218 cod. civ. (Cass. 24382/2010).

La relazione che viene ad instaurarsi tra il privato e l’amministrazione nel procedimento amministrativo è ricostruibile in termini di contatto sociale qualificato, sicchè i comportamenti positivi o negativi della p.a., parametrati sulle regole che governano il procedimento in questione, si traducono nella lesione patrimoniale dell’interesse del privato al bene della vita realizzabile mediante l’intermediazione del procedimento stesso.

Ne deriva che il diritto al risarcimento dell’eventuale danno subito dal cittadino presenta, nella fattispecie in parola, una fisionomia sui generis, non riconducibile al mero modello aquiliano ex art. 2043 c.c., essendo caratterizzata dal rilievo di alcuni tratti della responsabilità precontrattuale e della responsabilità per inadempimento delle obbligazioni, con conseguente applicabilità delle norme in materia di responsabilità contrattuale, concernenti la prescrizione del diritto, l’onere della prova e l’area del danno risarcibile (cfr., ex plurimis, Cassazione civile , sez. un. , 19/01/2023 , n. 1567; Corte appello Milano sez. IV, 02/02/2022, n.353).

Le affermazioni giurisprudenziali in ordine ad una responsabilità contrattuale da contatto sociale qualificato muovono dalla considerazione di situazioni nelle quali, per effetto del rapporto che si è venuto a creare tra le parti e del conseguente affidamento che ciascuna di esse ripone nella buona fede, nella correttezza e nella professionalità dell’altra, si generano tra le stesse obblighi di protezione che precedono e si aggiungono agli obblighi di prestazione scaturenti dal contratto.

Ma è proprio nella specifica materia contrattuale, della quale si controverte in questa sede, che alcune pronunce delle Sezioni Unite hanno disegnato, in modo particolarmente incisivo, i tratti essenziali di una responsabilità contrattuale non fondata su di un atto negoziale, bensì su una relazione di vita produttiva di obblighi la cui violazione è assimilabile a quella arrecata agli obblighi scaturenti dal contratto. Si è, invero, affermato – al riguardo – che rientrano nelle controversie di natura contrattuale, non solo quelle riguardanti il mancato adempimento di un obbligo di prestazione di fonte negoziale, della cui natura contrattuale non è possibile dubitare, ma anche le controversie nelle quali l’attore alleghi l’esistenza di una regola di condotta legata ad una “relazione liberamente assunta tra lui e l’altra parte” e ne lamenti la violazione da parte di quest’ultima (Cass. S.U. 24906/2011).

In virtù di tale relazione qualificata, una persona – al fine di conseguire un obiettivo determinato (stipulare un contratto non svantaggioso, evitare eventi pregiudizievoli alla persona o al patrimonio, assicurarsi il corretto esercizio dell’azione amministrativa) – affida i propri beni della vita alla correttezza, all’influenza ed alla professionalità di un’altra persona. Per il che non si verte – com’è del tutto evidente – in un’ipotesi di mero contatto sociale, bensì di un contatto sociale pregnante che diventa fonte di responsabilità – concretando un fatto idoneo a produrre obbligazioni ai sensi dell’art. 1173 c.c. – in virtù di un affidamento reciproco delle parti e della conseguente insorgenza di specifici, e reciproci, obblighi di buona fede, di protezione e di informazione (Cassazione civile , sez. II , 03/05/2022 , n. 13857).

E’ necessario valutare quindi se, nel caso in esame, possa ritenersi integrata la fattispecie predetta e se la P.A. abbia violato gli obblighi di correttezza, buona fede, protezione e informazione che presiedono il contatto sociale qualificato.

Occorre poi verificare se nella condotta complessiva delle pubblica amministrazione sia ravvisabile una oggettiva idoneità ad ingenerare legittimo affidamento circa il soddisfacimento dell’obbligazione inerente al rimborso, e se l’amministrazione sia venuta meno ai doveri sopra indicati attraverso atti e comportamenti ingiustificati.

Tuttavia ciò non toglie che la pubblica amministrazione sia comunque tenuta a non abusare della propria libertà negoziale e ad osservare un comportamento leale e diligente, nel rispetto degli obblighi di protezione e informazione nei confronti dei privati destinatari della sua iniziativa, assolvendo con correttezza ai relativi oneri informativi che gravano sulla stessa.

Prima di valutare se nel caso oggetto del presente giudizio ricorrano i suddetti presupposti per l’insorgere della responsabilità precontrattuale dell’ente convenuto, va precisato l’ambito di applicazione della regola contenuta nell’art. 1337 c.c. Infatti, il principio di lealtà e correttezza di cui alla norma in esame opera come clausola generale, il cui contenuto non può essere predeterminato in modo preciso ed implica in via generale il dovere di trattare in modo leale, astenendosi da comportamenti maliziosi o reticenti e fornendo alla controparte ogni dato rilevante, conosciuto o conoscibile con l’ordinaria diligenza, ai fini del perfezionamento del contratto.

La giurisprudenza di legittimità ha affermato che la regola posta dall’art. 1337 c.c. non si riferisce alla sola ipotesi della rottura ingiustificata delle trattative con conseguente mancata conclusione dell’accordo, ma si estende ad ulteriori fattispecie, alcune delle quali individuate nell’orientamento costante della Suprema Corte e consistenti nella conclusione di un contratto invalido o inefficace, della cui causa di invalidità una delle parti fosse a conoscenza (o avrebbe dovuto essere a conoscenza) e non abbia informato l’altra, ai sensi dell’art. 1338 c.c., nonché nella conclusione di un contratto valido che, tuttavia, risulti pregiudizievole per la parte vittima dell’altrui comportamento scorretto (Cassazione civile sez. I, 14/09/2021, n.24725).

I fatti di causa sono sussumibili nelle fattispecie di cui all’art. 1337 ed art. 1338, c.c.

  1. C) IL QUADRO GIURIDICO SU RIFERITO SI AGGRADA AL CASO CONCRETO.

E’ bene non trascurare i seguenti aspetti:

  1. I) in forza della convenzione i lavori sono stati eseguiti dal concessionario per conto dell’ente e previa autorizzazione di quest’ultimo;
  2. II) la prima parte dei lavori pari ad euro 300.000,00, autorizzati con deliberazione G.M. n.179 del 30.5.2014, sono stati rimborsati alla concessionaria Vigor Lamezia;

III) l’urgenza dei lavori supplementari è stata determinata facto principis dalla competente Commissione di Vigilanza composta da più autorità statali e locali, compreso il Comune;

  1. IV) le opere supplementari sono state autorizzate dal dirigente comunale competente con comunicazioni rese a mezzo posta elettronica, al fine di ottenere l’agibilità a disputare le gare di calcio di Lega Pro, diurne e notturne;
  2. V) la società attrice, concessionaria dello stadio, ha anticipato le spese per l’esecuzione dei lavori supplementari per l’affidamento ingenerato dalla precedente condotta adempiente dell’ente;
  3. VI) in mancanza degli elementi fiduciari e della collaborazione originariamente intercorsa con l’ente, la società non avrebbe anticipato i costi, con la conseguenza di disputare le partite interne del campionato di Lega Pro “in casa”.

La Commissione Comunale di Vigilanza composta da autorità comunali e statali (Sindaco, dirigente ufficio tecnico comunale, Questura, Comandante Vigili Urbani, Comandante Vigili del Fuoco, Azienda Sanitaria Provinciale), dopo i rilievi mossi nelle sedute del 25.8.2014, 29.8.2014 e 2.9.2014 (docc. nn. 10-11-12), ha costretto il concessionario ad integrare gli interventi con ulteriori opere ed impianti tesi ad assicurare l’agibilità dello stadio, descritti e quantificati nella nota del 16.9.2014 inviata dalla Vigor Lamezia al Comune di Lamezia Terme (doc.12 bis). Piuttosto significativa appare la nota dipvvf.COM-CZ REGISTRO ufficiale U.0010200 del 2 settembre 2014, con cui il Comandante provinciale dei Vigili del Fuoco di Catanzaro impone alla Vigor Lamezia srl alcune rigorose prescrizioni (doc. 13), causative di costi aggiuntivi.

Trasgredendo una direttiva impartita dalla giunta municipale, la nota dirigenziale negava la liquidazione del rimborso, esternava, con un’apparente motivazione, il perseguimento dello scopo di rendere esente da responsabilità l’incremento patrimoniale goduto dall’ente in ragione delle prestazioni eseguite dal concessionario.

La mancata adozione di una determinazione dirigenziale di liquidazione del rimborso ex art.107, d.lgs. cit., è il chiaro segno della violazione degli obblighi di buona fede, correttezza, protezione e informazione, da parte del dirigente che ha iniquamente soffocato la pretesa attorea, pur consapevole della corretta esecuzione delle prestazioni da parte del concessionario per ottenere l’agibilità dello stadio comunale. Anziché denegare il rimborso esso avrebbe dovuto valutare la consistenza dei costi sostenuti dal concessionario, l’accrescimento del valore intrinseco dello stadio comunale e l’affidamento ingenerato in capo al concessionario da parte degli altri soggetti comunali che, con atti formali, l’avevano indotto a realizzare le opere.

La condotta comunale risalta nella sua gravità se si pone mente al fatto che il dirigente – che avrebbe dovuto liquidare il rimborso alla concessionaria azionando spontaneamente i meccanismi gestionali previsti dall’art.107 d.lgs. cit. – ha addirittura trasgredito una precisa direttiva della giunta comunale che lo obbligava a soddisfare la pretesa della società concessionaria.

Se quest’ultima non avesse eseguito le opere di completamento, il Comune non avrebbe ottenuto l’agibilità dello stadio, sottraendo alla comunità cittadina il godimento di assistere alle gare del campionato di Lega Pro nello stadio comunale con decremento del prestigio dell’intera città desumibile. La prioritaria esigenza pubblica di disputare le partite in casa è chiaramente enunciata nel testo della deliberazione di indirizzo.

Il procedimento di liquidazione del rimborso è svanito per fatto lesivo degli obblighi di protezione, buona fede, correttezza, e dell’altrui affidamento, imputabile esclusivamente al dirigente e, dunque, all’ente. Contrapponendosi all’interesse della concessionaria ad ottenere quanto essa aveva anticipato nell’interesse dell’ente, la condotta dirigenziale è in maggior misura censurabile e violativa degli indicatori della correttezza precontrattuale in quanto, se avesse esercitato correttamente la funzione amministrativa, avrebbe riconosciuto il rimborso con propria determinazione munita dell’impegno spesa.

Per converso, la proterva ed inescusabile volontà di disapprovare la richiesta di rimborso ha precluso ogni possibilità di acquisire l’impegno contabile di spesa ex art.191, d.lgs.267/2000 che avrebbe reso praticabile la duplice azione intrapresa nel presente giudizio. Sotto tale aspetto, la condotta dirigenziale si espone ad acuta critica nella misura in cui, dipendendo da essa l’ammissibilità e la validità dell’azione contrattuale e/o per ingiustificato arricchimento ex art.2041, sono state entrambe vanificate dal mancato adempimento dell’impegno contabile di spesa previsto dall’art.191, d.lgs. cit. In tal senso, è applicabile al caso concreto anche l’art.1338 c.c., che obbliga l’ente a risarcire il danno per non aver posto nella conoscenza la concessionaria della causa di invalidità rappresentata dalla mancanza dell’impegno contabile di spesa che ha vulnerato la pretesa contrattuale di rimborso e di ingiustificato arricchimento.

3.D) DANNO RISARCIBILE

Affermata la responsabilità precontrattuale imputabile all’amministrazione convenuta e il danno-evento prodottosi in capo alla società attrice, riconducibile al contatto sociale su argomentato, occorre individuare le voci di danno-conseguenza effettivamente risarcibili.

In primo luogo va osservato che, secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, l’art. 1223 c.c. si applica anche alle ipotesi di responsabilità precontrattuale ex artt. 1337 e 1338 c.c., con la conseguenza che il risarcimento deve comprendere sia la perdita subita che il mancato guadagno, purché in relazione immediata e diretta con la lesione dell’affidamento (Cassazione civile , sez. III , 12/05/2022 , n. 15147).

Essendosi verificata la lesione dell’interesse giuridico correlata al contatto sociale qualificato, il danno risarcibile (liquidabile anche in via equitativa, sulla base di criteri logici e non arbitrari) è unicamente quello consistente, da una parte, nel danno emergente, ossia nei costi sostenuti per l’esecuzione dei lavori, che costituiscono altresì la perdita che è derivata dall’aver fatto affidamento nella conclusione del procedimento di liquidazione del rimborso. Nella fattispecie esaminata, tali voci di danno costituiscono il cosiddetto “interesse negativo” risarcibile in ipotesi di responsabilità precontrattuale (cfr. Cassazione civile , sez. II , 27/10/2021 , n. 30186).

La sentenza ha affermato che sulla somma come sopra liquidata sono, poi, dovuti, trattandosi di debito di valore, gli interessi legali, intesi, a mente dei noti principi sanciti dalla S.C. con sent. n. 1712/95, come “lucro cessante”, computabili sul credito complessivamente liquidato, devalutato alla data di ultimazione dell’opera e via via rivalutato sino alla pubblicazione della presente sentenza.

Sul totale delle somme così liquidate per sorte capitale e lucro cessante competono gli interessi legali, dalla data della decisione al saldo, ex art. 1282 c.c.

AS

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