Tribunale di Potenza, Sezione Civile, sentenza 8 ottobre 2018 n.825

Maurizio Carnevali

In materia di risarcimento dei danni sofferti dal privato proprietario di colture danneggiate da animali selvatici la cui caccia sia preclusa, la risarcibilità non è configurabile in base alle regole di cui all’art. 2052 c.c., bensì secondo le regole generali dell’art. 2043 c.c. comportando, così, una difficoltà probatoria per il danneggiato, legata alla necessità di dimostrare la colpa specifica della Pubblica Amministrazione nella causazione dell’evento dannoso. Se il fondamento della presunzione di responsabilità di cui all’art. 2052 c.c. deve essere ricercato nella disponibilità dell’animale da parte del proprietario, in relazione alla fauna selvatica, proprio per il suo trovarsi in uno stato di completa libertà, non è ipotizzabile in capo alla Pubblica Amministrazione la veste di proprietario in senso tecnico che le impedisce di esercitare la correlativa potestà di controllo.

massima e commento di Nicoletta Palazzo

La sentenza annotata affronta il tema del risarcimento dei danni prodotti dagli animali selvatici ai proprietari di colture. Sembrerebbe che l’evoluzione della giurisprudenza sia incline ad aggravare la posizione sostanziale e processuale, quanto alla prova, del privato danneggiato in sede di tutela giudiziale.

La legge n. 968 del 1977 configurava la fauna selvatica quale patrimonio indisponibile dello Stato. Se inizialmente, nei casi di danni prodotti dagli animali selvatici, la giurisprudenza prevedeva una responsabilità ex art. 2052 c.c.( Cassazione civile , sez. III , 12/08/1991 , n. 8788). Successivamente c’è stata un’inversione di tendenza, arrivando a configurare una responsabilità ex art. 2043 c.c.

Riguardo alle sopravvenute leggi nazionali che regolano le rispettive competenze, sia alle leggi della regione interessata, e che quindi è suscettibile di diversa soluzione, l’art.19, d.lgs.267/2000 TUEL attribuisce alle Province le funzioni amministrative che attengano a determinate materie, fra cui la protezione della fauna. La L. 11 febbraio 1992, n. 157, attribuisce, invece, alle Regioni a statuto ordinario il compito di “emanare norme relative alla gestione ed alla tutela di tutte le specie di fauna selvatica” (art. 1, comma 1). Da tali disposizioni si evince che la Regione ha una competenza essenzialmente normativa, mentre alle Province spetta l’esplicazione delle concrete funzioni amministrative e di gestione, nell’ambito del loro territorio. Per quanto poi concerne la Regione, alcune leggi regionali hanno attribuito alle Province tutti i compiti rilevanti ai fini della gestione della fauna selvatica: l’istituzione delle oasi di protezione e la loro soppressione; l’istituzione e la soppressione delle zone di ripopolamento e di cattura; l’immissione di nuovi capi; la determinazione della superficie adeguata alle esigenze biologiche degli animali; la realizzazione delle attrezzature e degli interventi tecnici atti a perseguire gli scopi di protezione e di incremento delle specie; attività tutte che possono comportare maggiori o minori rischi di interferenze degli animali con le attività esterne, in relazione alle modalità con cui vengano esplicate. Un eccesso di popolamento, la determinazione poco accorta dei luoghi in cui gli animali trovano cibo ed acqua, l’assetto e le modalità di delimitazione del territorio in relazione alla prossimità con le strade pubbliche, ecc., possono incrementare i rischi di interferenze con la circolazione dei veicoli. E’ inoltre previsto che le Province stipulino apposite polizze assicurative per il risarcimento dei danni, senza espressa limitazione ai danni alle coltivazioni e non altrimenti risarcibili, menzionati nel primo comma. Nell’ambito dei danni non altrimenti risarcibili – si riconosce che l’ente gestore del territorio, tenuto all’indennizzo e interessato alla stipula dell’assicurazione, è la Provincia, pur se essa possa provvedere anche tramite l’utilizzazione di fondi regionali.

E’ da ritenere che la responsabilità aquiliana per i danni a terzi debba essere imputata all’ente, sia esso Regione, Provincia, Ente Parco, Federazione o Associazione, ecc., a cui siano stati concretamente affidati, nel singolo caso, i poteri di amministrazione del territorio e di gestione della fauna ivi insediata, con autonomia decisionale sufficiente a consentire loro di svolgere l’attività in modo da poter amministrare i rischi di danni a terzi che da tali attività derivino. La responsabilità va accertata in base ai principi sulla causalità omissiva, al mancato adempimento di tale condotta obbligatoria (ad esempio perchè vi erano state specifiche segnalazioni della presenza abituale dell’animale in un determinato luogo, rientrante nel territorio di competenza dell’ente preposto, e ciò nonostante quest’ultimo non si era adeguatamente attivato per la sua cattura)” [Cassazione civile sez. VI, 29/5/2018].

Il mutamento di giurisprudenza deriva dalla differenza tra animali in custodia ed animali selvatici. In quest’ultima ipotesi non si può parlare dello Stato come proprietario in senso stretto, vista l’impossibilità di ritenere sussistente un rapporto di proprietà o di uso in relazione ad essi (cfr. Cassazione civile sez. III, 31/07/2017, n.18954).

IL’ente delegato o concessionario potrà considerarsi responsabile, ai sensi dell’art. 2043 c.c., per i suddetti danni a condizione che gli sia stata conferita, in quanto gestore, autonomia decisionale e operativa sufficiente a consentirgli di svolgere l’attività in modo da poter efficientemente amministrare i rischi di danni a terzi, inerenti all’esercizio dell’attività stessa, e da poter adottare le misure normalmente idonee a prevenire, evitare o limitare tali danni (cfr. Cassazione civile sez. III, 6/12/2011, n.26197)

testo integrale della sentenza

Tribunale Potenza sentenza 825-2018

This Post Has Been Viewed 514 Times