Tribunale Roma, sentenza 16 settembre 2015, n. 7552. Dopo la rimozione del blocco della contrattazione collettiva nel pubblico impiego, l’avvio del procedimento di contrattazione è un obbligo per la P.A. cui corrisponde un diritto fondamentale ex art.39 Cost. tutelabile dal giudice ordinario.

Per effetto della dichiarazione di illegittimità costituzionale (sentenza 178/2015 della Corte Costituzionale)  con cui è stato rimosso dal nostro ordinamento il “blocco” della contrattazione collettiva nel settore del pubblico impiego, qualificato dalla Corte costituzionale quale vera e propria causa di sospensione strutturale, l’avvio del procedimento di contrattazione collettiva per i comparti della scuola e delle relative aree dirigenziali costituisce un obbligo per l’amministrazione competente. Ad esso corrisponde, correlativamente, il diritto vantato dall’associazione sindacale ricorrente, che, promuovendo l’azione a tutela dei lavoratori del settore, ha il rango di diritto fondamentale ex art.39 Cost., già compresso per un periodo di tempo ritenuto non più sopportabile dalla Corte costituzionale, ed esige pertanto una pronta attuazione.contrattazione collettiva Il giudice adotta, nei confronti delle pubbliche amministrazioni, tutti i provvedimenti, di accertamento, costitutivi o di condanna, richiesti dalla natura dei diritti tutelati”, compresa la sentenza di condanna ad un facere, funzionale alla produzione di ulteriori conseguenze giuridiche (derivanti dall’inosservanza dell’ordine in essa contenuto) che il titolare del rapporto è autorizzato ad invocare in suo favore, prima fra tutte la possibile successiva domanda di risarcimento del danno, rispetto alla quale la condanna ad un facere infungibile assume valenza sostanziale di sentenza di accertamento.

testo integrale

Sentenza Tribunale Roma 16 settembre 2015, n. 7552. Giudice: Gandini

ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI IN FATTO E DIRITTO DELLA DECISIONE1 .
1. Il ricorso è fondato.
2. In via preliminare deve rigettarsi l’eccezione di cessazione della materia del contendere sollevata nelle note conclusionali delle parti convenute. L’eccezione trova il proprio fondamento nella sentenza 178/2015 della corte costituzionale, pubblicata nelle more del presente giudizio (G.U. 29 luglio 2015).
3. Con la citata sentenza la Corte ha, tra l’altro, dichiarato la “illegittimità costituzionale sopravvenuta, a decorrere dal giorno successivo alla pubblicazione di questa sentenza nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica e nei termini indicati in motivazione, del regime di sospensione della contrattazione collettiva, risultante da: art. 16, comma 1, lettera b), del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 15 luglio 2011, n. 111, come specificato dall’art. 1, comma 1, lettera c), primo periodo, del d.P.R. 4 settembre 2013, n. 122 (Regolamento in materia di proroga del blocco della contrattazione e degli automatismi stipendiali per i pubblici dipendenti, a norma dell’articolo 16, commi 1, 2 e 3, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111); art. 1, comma 453, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2014) e art. 1, comma 254, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2015)”.
4. Di particolare interesse al fine della definizione del presente giudizio sono le considerazioni svolte nei §§ 17 e 18 del considerato in diritto: “(17) Se i periodi di sospensione delle procedure “negoziali e contrattuali” non possono essere ancorati al rigido termine di un anno, individuato dalla giurisprudenza di questa Corte in relazione a misure diverse e a un diverso contesto di emergenza (sentenza n. 245 del 1997, ordinanza n. 299 del 1999), è parimenti innegabile che tali periodi debbano essere comunque definiti e non possano essere protratti ad libitum.
Su tale linea converge anche la Corte europea dei diritti dell’uomo, che ha sottolineato l’esigenza di «un “giusto equilibrio” tra le esigenze di interesse generale della comunità e i requisiti di protezione dei diritti fondamentali dell’individuo» e ha salvaguardato le misure adottate dal legislatore portoghese – in tema di riduzione dei trattamenti pensionistici – sulla scorta dell’elemento chiave del limite temporale che le contraddistingue (Seconda sezione, sentenza 8 ottobre 2013, António Augusto da Conceiçao Mateus e Lino Jesus Santos Januário contro Portogallo, punti 23 e seguenti del Considerato in diritto).
Il carattere ormai sistematico di tale sospensione sconfina, dunque, in un bilanciamento irragionevole tra libertà sindacale (art. 39, primo comma, Cost.), indissolubilmente connessa con altri valori di rilievo costituzionale e già vincolata da limiti normativi e da controlli contabili penetranti (artt. 47 e 48 del d.lgs. n. 165 del 2001), ed esigenze di razionale distribuzione delle risorse e controllo della spesa, all’interno di una coerente programmazione finanziaria (art. 81, primo comma, Cost.).
Il sacrificio del diritto fondamentale tutelato dall’art. 39 Cost., proprio per questo, non è più tollerabile.
Solo ora si è palesata appieno la natura strutturale della sospensione della contrattazione e può, pertanto, considerarsi verificata la sopravvenuta illegittimità costituzionale, che spiega i suoi effetti a séguito della pubblicazione di questa sentenza.

– Rimossi, per il futuro, i limiti che si frappongono allo svolgimento delle procedure negoziali riguardanti la parte economica, sarà compito del legislatore dare nuovo impulso all’ordinaria dialettica contrattuale, scegliendo i modi e le forme che meglio ne rispecchino la natura, disgiunta da ogni vincolo di risultato.
Il carattere essenzialmente dinamico e procedurale della contrattazione collettiva non può che essere ridefinito dal legislatore, nel rispetto dei vincoli di spesa, lasciando impregiudicati, per il periodo già trascorso, gli effetti economici derivanti dalla disciplina esaminata”
5. In buona sostanza, per effetto della dichiarazione di illegittimità costituzionale del combinato disposto delle disposizioni sopra richiamate, è stato rimosso dal nostro ordinamento il “blocco” della contrattazione collettiva nel settore del pubblico impiego, qualificato dalla Corte costituzionale quale vera e propria causa di sospensione strutturale della contrattazione medesima.
6. La rimozione della causa sospensiva produce però i propri effetti solo con riferimento per il periodo dal 30 luglio 2015 in poi (giorno successivo quello della pubblicazione della sentenza in Gazzetta Ufficiale), essendo stata ritenuta legittima la causa di sospensione per il periodo pregresso.
7. Nel caso che ci occupa, parte ricorrente non si è limitata a chiedere l’accertamento del proprio diritto alla partecipazione del procedimento di contrattazione collettiva. Piuttosto, dall’esame complessivo della parte in fatto e delle conclusioni del ricorso introduttivo risulta un petitum più ampio: accertamento del diritto all’avvio del procedimento di contrattazione collettiva, per i comparti di competenza, sia per quanto riguarda la parte normativa che per quanto riguarda la parte economica (cfr. in part. le pagg.2 e 8 ric.), con la conseguente condanna delle parti convenute agli adempimenti di competenza.
8. Ed è proprio in considerazione del petitum specificamente dedotto in giudizio che deve ritenersi infondata l’eccezione di cessazione della materia del contendere sollevata dalle parti convenute.
9. Infatti, la rimozione della causa di sospensione per il periodo dal 30 luglio 2015 in poi non produce automaticamente l’avvio del procedimento di contrattazione collettiva, essendo indispensabile l’impulso delle pubbliche amministrazioni interessate secondo le disposizioni dettate dagli artt.40 e segg. d.lgs. 165/2001. A tacer d’altro, nessun procedimento può essere avviato senza la previa determinazione da parte delle amministrazioni interessate degli atti di indirizzo previsti dall’art.47 d.lgs. cit.
10. Nel caso che ci occupa, come rappresentato dal procuratore alle liti della parte ricorrente, a seguito della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della sentenza 178/2015 non risulta che per il comparto della scuola, dell’università, della ricerca, dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica siano state avviate da parte delle competenti pubbliche amministrazioni le procedure di contrattazione collettiva, né gli atti alle stesse prodromiche.
11. Tale situazione di fatto, ad avviso del Giudice, determina l’insorgenza di un vero proprio bisogno di tutela giurisdizionale, nella prospettiva dell’articolo 100 c.p.c.
12. Appare infatti evidente che la inerzia della pubblica amministrazione potrebbe vanificare, ed anzi eludere, la rimozione della causa di sospensione della contrattazione collettiva compiuta per effetto della sentenza 178/2015. Contribuendo così ad alterare ulteriormente la dinamica negoziale “in un settore che al contratto collettivo assegna un ruolo centrale (sentenza n. 309 del 1997, punti 2.2.2., 2.2.3. e 2.2.4. del Considerato in diritto)” (cfr. il § 17 del considerato in diritto).
13. Il diritto vantato dalla ricorrente, che ha il rango di diritto fondamentale ex art.39 Cost., già compresso per un periodo di tempo ritenuto non più sopportabile dalla Corte costituzionale, esige pertanto una pronta attuazione.
14. Come correttamente dedotto dalla parte ricorrente nelle note conclusionali, deve distinguersi nella sentenza 178/2015 la parte immediatamente precettiva (self executing, mutuando una terminologia propria del diritto dell’Unione Europea), dalla parte raramente programmatica.
15. La parte immediatamente precettiva è costituita proprio dalla rimozione della causa di sospensione della contrattazione collettiva; rimozione che produce ipso iure un diritto in capo alle organizzazioni sindacali ed un correlativo obbligo a carico delle amministrazioni pubbliche.
16. La parte programmatica, che non appare di per sé idonea a creare diritti ed obblighi, è invece costituita dall’invito rivolto al legislatore nel § 18 del considerato in diritto.
17. La natura fondamentale del diritto vantato dalla parte ricorrente (art.39 co.1 Cost.), in uno con la sua protratta e strutturale compressione, impone infatti un dovere di agire immediato ed incondizionato, senza che sia necessario attendere lo spiccato intervento del legislatore incondizionato, senza che sia necessario attendere l’auspicato intervento legislativo.
18. Il caso di specie non ci troviamo infatti di fronte a un vuoto di tutela, proprio in considerazione del fatto che essendo stata rimossa la causa sospensiva trovano applicazione le disposizioni dettate in subiecta materia dagli artt.40 d.lgs. 165/2001.
19. Tanto premesso, secondo il condivisibile orientamento della giurisprudenza di legittimità, che si richiama in questa sede anche ai sensi e per gli effetti di cui all’art.360 bis num.1 c.p.c., nelle controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, l’art. 63, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001, nel prevedere espressamente che “Il giudice adotta, nei confronti delle pubbliche amministrazioni, tutti i provvedimenti, di accertamento, costitutivi o di condanna, richiesti dalla natura dei diritti tutelati”, attribuisce al giudice del lavoro il potere di adottare qualsiasi tipo di sentenza, ivi compresa la sentenza di condanna ad un “facere”, dovendosi ritenere irrilevante il carattere infungibile dell’obbligo in quanto la relativa decisione non solo è potenzialmente idonea a produrre i suoi effetti tipici in conseguenza della (eventuale) esecuzione volontaria da parte del debitore, ma è altresì funzionale alla produzione di ulteriori conseguenze giuridiche (derivanti dall’inosservanza dell’ordine in essa contenuto) che il titolare del rapporto è autorizzato ad invocare in suo favore, prima fra tutte la possibile successiva domanda di risarcimento del danno, rispetto alla quale la condanna ad un “facere” infungibile assume valenza sostanziale di sentenza di accertamento” (così, Cass., Sez. Lav., 26/11/2008, n.28.274).
20. Deve pertanto ordinarsi alle parti convenute di dare avvio, senza ritardo e per quanto di loro competenza, al procedimento di contrattazione collettiva per i comparti della scuola, dell’università, della ricerca, dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica e delle relative aree dirigenziali.
21. Le spese seguono la soccombenza. La legittimità della sospensione della contrattazione collettiva per il periodo fino al 30 giugno 2015, che si risolve in una sostanziale soccombenza, costituisce giustificato motivo per la compensazione delle spese di lite in ragione della metà.
Le restanti, avuto riguardo ai criteri tutti stabiliti dal D.M. 55/2014 ed alla Tabella al medesimo allegata (applicabile al presente giudizio ex art.28 D.M. 55/2014) vengono liquidate in euro 3.500,00 oltre ad IVA, CPA e rimborso spese generali ex art.2 co.2 D.M. 55/2014.

P.Q.M.

Il Tribunale di Roma, in funzione di giudice del lavoro, definitivamente pronunciando nel merito nel contraddittorio delle parti, ogni diversa istanza eccezione e deduzione disattesa od assorbita, così provvede:

ordina alle parti convenute di dare avvio, senza ritardo e per quanto di loro competenza, al procedimento di contrattazione collettiva per i comparti della scuola, dell’università, della ricerca, dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica e delle relative aree dirigenziali;
condanna le parti convenute, in via solidale tra loro, al rimborso delle spese di lite che compensate in ragione della metà vengono liquidate in euro 3.500,00 oltre ad Iva, cpa e rimborso spese generali.

Così deciso in Roma, il 16/09/2015.

IL GIUDICE
Fabrizio GANDINI

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