Costituisce abuso di posizione dominante ai sensi dell’art. 102 TFUE e violazione delle regole sulla concorrenza ex art. 101, paragrafo 1, TFUE, l’adozione e l’attuazione di norme da parte di associazioni responsabili del calcio a livello mondiale ed europeo e che esercitano parallelamente diverse attività economiche legate all’organizzazione di competizioni, subordinando alla loro previa approvazione la costituzione, nel territorio dell’Unione europea, di una nuova competizione calcistica interclub da parte di un’impresa terza, e di controllare la partecipazione delle società di calcio professionistiche e dei giocatori a tale competizione, sotto pena di sanzioni, laddove non esista un quadro per i diversi poteri che prevedano criteri sostanziali e norme procedurali dettagliate atte a garantirne la trasparenza, l’oggettività, la non discriminazione e la proporzionalità.
Le disposizioni statutarie FIFA e UEFA che rivestono, secondo le rispettive normative interne, la qualità di associazioni di diritto privato preposte all’organizzazione e al controllo del calcio a livello mondiale ed europeo, nonché relative alla previa approvazione delle competizioni calcistiche internazionali interclub e allo sfruttamento dei diversi diritti relativi a tali competizioni, in quanto tese ad incidere nel mercato in termini di concorrenza e del contesto economico e giuridico nel quale si inseriscono, sono idonee non solo a impedire ogni forma di concorrenza tra le società calcistiche professionistiche affiliate alle federazioni calcistiche nazionali membri della FIFA e della UEFA nella commercializzazione dei diversi diritti relativi alle manifestazioni sportive, ma anche per condizionare il fenomeno concorrenziale a danno di imprese terze operando su una serie di mercati mediatici situati a valle di tale commercializzazione, a scapito dei consumatori e dei telespettatori, ponendosi in contrasto con gli artt. 101 e 102 TFUE, nella parte in cui attribuiscono a sé stesse un potere esclusivo in materia di commercializzazione dei diritti economici.
L’art. 56 TFUE deve essere interpretato nel senso che osta ad una norma secondo la quale associazioni che si occupano del calcio a livello mondiale ed europeo e che esercitano parallelamente diverse attività economiche legate all’organizzazione di competizioni subordinano alla loro previa approvazione la costituzione, sul territorio dell’Unione europea, di competizioni calcistiche da parte di un’impresa terza, e controllare la partecipazione delle società di calcio professionistiche e dei giocatori a tali competizioni, sotto pena di sanzioni, laddove non esista un quadro per quelle norme che prevedano criteri sostanziali e regole procedurali dettagliate idonee a garantirne lo svolgimento trasparente, oggettivo, non discriminatorio e proporzionato.
massima di redazione
testo integrale
CGUE sentenza 21.12.2023 c-333-21
Brevi note sull’abuso di posizione dominante di FIFA e UEFA.
Il progetto Superlega è veicolato da una società di diritto privato (ESLC), con sede in Spagna, costituita su iniziativa di un gruppo di società calcistiche professionistiche, a loro volta costituite, a seconda dei casi, in Spagna (Club Atlético de Madrid, Fútbol Club Barcelona e Real Madrid Club de Fútbol), in Italia (Associazione Calcio Milan, Football Club Internazionale Milano e Juventus Football Club) e nel Regno Unito (Arsenal Football Club, Chelsea Football Club, Liverpool Football Club, Manchester City Football Club, Manchester United Football Club e Tottenham Hotspur Football Club).
Nella sagace ordinanza di rinvio del giudice spagnolo, si precisa che il suo obiettivo è la realizzazione di un nuovo progetto di competizione internazionale di calcio professionistico denominato «Super League» con la finalità di: (i) gestire la Superlega dal punto di vista finanziario, sportivo; (ii) disciplinare lo sfruttamento dei diritti mediatici e degli altri beni commerciali ad esso connessi.
Il progetto si basava su un accordo parasociale e di investimento che prevedeva la conclusione di una serie di contratti vincolanti per ciascuna delle società di calcio professionistiche partecipanti o idonee a partecipare alla Super League e le tre società costituite o da costituire dall’ESLC, avente per oggetto, segnatamente, stabilire le modalità secondo le quali tali club avrebbero dovuto cedere all’ESLC i loro diritti mediatici o commerciali relativi a tale competizione nonché il compenso per tale cessione.
Giova osservare che nel procedimento davanti alla Corte di Giustizia UE, il procedimento di rinvio pregiudiziale previsto dall’articolo 267 TFUE costituisce uno strumento di cooperazione tra la Corte di giustizia e i giudici nazionali, mediante il quale la Corte fornisce a questi ultimi gli elementi interpretativi del diritto dell’Unione di cui essi necessitano per decidere le controversie.
Nel caso concreto, le questioni sollevate dal giudice del rinvio riguardano esclusivamente un insieme di norme con le quali la FIFA e l’UEFA stabiliscono l’approvazione preventiva di determinate competizioni calcistiche internazionali e la partecipazione alle stesse di società e giocatori di calcio professionisti, nonché lo sfruttamento dei diversi diritti ad esse connessi a quelle competizioni, sottoposte al vaglio giudiziale secondo gli articoli 45, 49, 56, 63, 101 e 102 TFUE.
La Corte non ha mancato di osservare che, in quanto costituisce un’attività economica, la pratica dello sport è soggetta alle disposizioni del diritto dell’Unione, al punto che le FIFA e UEFA possono essere qualificate come «imprese» ai sensi degli articoli 101 e 102 TFUE. In tal senso, le disposizioni controverse sono «decisioni di associazioni di imprese» ai sensi dell’articolo 101 TFUE, che soggiacciono al rispetto dei principi generali del diritto dell’Unione, in particolare della normativa principi di non discriminazione e di proporzionalità
Il giudice del rinvio ha dubitato della conformità all’articolo 102 TFUE della disciplina FIFA e UEFA, delineando un’ipotesi di abuso di posizione dominante riguardo al loro inveterato diritto esclusivo sull’organizzazione delle competizioni internazionali, che contempla, suo iure, la preventiva approvazione, sul territorio dell’Unione europea, di una nuova competizione calcistica interclub da parte di un’impresa terza, vietandone, a pena di gravi sanzioni fino alla radiazione, la partecipazione alle squadre di calcio professionistiche e atleti.
Come risulta dalla costante giurisprudenza della Corte europea, il divieto dell’abuso di posizione dominante da parte di una o più imprese sul mercato interno o su una parte sostanziale di esso, incompatibile con il mercato interno nella misura in cui possa pregiudicare il commercio tra Stati membri, mira ad evitare che la concorrenza sia ristretta a danno dell’interesse pubblico, delle singole imprese e dei consumatori, sanzionando il comportamento delle imprese in posizione dominante preclusiva della concorrenza basata sui meriti (sentenze del 17 febbraio 2011, TeliaSonera Sverige , C‑52 /09, EU:C:2011:83, punti 22 e 24; del 27 marzo 2012, Post Danmark , C‑209/10, EU:C:2012:172, punto 20; e del 12 maggio 2022, Servizio Elettrico Nazionale e a. , C‑377/20, EU:C:2022:379, punti 41 e 44).
La distorsione sulla concorrenza basata sui meriti mediante lo sfruttamento abusivo di condotte illecite, può portare all’uscita dal mercato o all’emarginazione di concorrenti meno efficienti e quindi meno attraenti per i consumatori dal punto di vista, tra l’altro, del prezzo, della scelta , qualità o innovazione (sentenze del 27 marzo 2012, Post Danmark , C‑209/10, EU:C:2012:172, punto 22; del 6 settembre 2017, Intel / Commissione , C‑413/ 14 P, EU:C:2017:632, punto 134, e del 12 maggio 2022, Servizio Elettrico Nazionale e a. , C‑377/20, EU:C:2022:379, punto 45).
In quest’ordine di idee, affinchè un comportamento ricada nell’alveo dell’«abuso di posizione dominante», occorre dimostrare, mediante l’utilizzo di metodi diversi da quelli che rientrano nella concorrenza sul mercato i meriti tra imprese, che esso estrinsechi l’effetto reale o potenziale di escludere imprese concorrenti altrettanto efficienti dal mercato o dai mercati interessati (sentenza del 27 marzo 2012, Post Danmark , C‑209 /10, EU:C:2012:172, punto 25), o ostacolandone lo sviluppo su detti mercati, anche se questi ultimi possono essere mercati dominati o mercati collegati o vicini, quando tale comportamento è idoneo a produrre il suo sviluppo attuale o potenziale effetti (v., in tal senso, sentenze del 14 novembre 1996, Tetra Pak / Commissione , C‑333/94 P, EU:C:1996:436, punti da 25 a 27; del 17 febbraio 2011, TeliaSonera Sverige , C‑52 /09, EU:C:2011:83, punti da 84 a 86, e del 12 maggio 2022, Servizio Elettrico Nazionale e a. , C‑377/20, EU:C:2022:379, punto 76).
Sotto altro aspetto, integra la fattispecie di «abuso di posizione dominante» l’imposizione di ostacoli all’ingresso o l’uso di altre misure di blocco o di altri mezzi diversi da quelli che regolano la concorrenza sul mercato nel merito, limitando, in danno dei consumatori, lo sviluppo o l’innovazione della produzione, del prodotto o del servizio alternativo (sentenza del 30 gennaio 2020, Generics (UK) e a. , C‑307/18, EU:C:2020:52, punti da 154 a 157), benchè non sia vietato di per sé, ad uno Stato membro, di concedere ad un’impresa diritti esclusivi o speciali su un mercato mediante misure legislative o regolamentari, una situazione del genere non deve mettere tale impresa nella posizione di poter abusare della posizione dominante che ne deriva, purchè siano previsti obblighi e controllo idonei ad eliminare il rischio di abuso di diritto posizione dominante.
Nel caso in esame, esercitando un’attività economica consistente nell’organizzazione e nella commercializzazione di competizioni calcistiche internazionali e nello sfruttamento dei diversi diritti relativi a tali competizioni, FIFA e UEFA rivestono il ruolo di imprese detentrici di una posizione dominante, o addirittura un monopolio, sul mercato rilevante, in forza delle norme regolamentari e poteri di controllo auto-attribuiti, da cui discende la potestà di autorizzare l’istituzione e l’organizzazione, in favore di un’impresa terza, di una nuova competizione calcistica interclub sul territorio dell’Unione europea, ma anche quella di controllare la partecipazione delle società di calcio professionistiche e dei giocatori a tale competizione, sotto pena di sanzioni.
In tale cornice statutaria, è agevole desumere come i poteri degli organismi internazionali non si inquadrino né in criteri sostanziali né in norme procedurali dettagliate idonee a garantirne la trasparenza, l’oggettività e la non discriminatorietà, agganciati allo sport del calcio che non solo riveste una notevole importanza sociale e culturale nell’Unione europea (sentenze del 15 dicembre 1995, Bosman , C‑415/93, EU:C:1995:463, punto 106, e del 16 marzo 2010, Olympique Lyonnais , C‑325/08, EU:C:2010:143, punto 40), ma suscita anche un grande interesse mediatico.
Si tratta di connotati intrinseci all’organizzazione della disciplina del calcio internazionale, al punto da di ritenere legittimo assoggettare l’organizzazione e lo svolgimento delle competizioni internazionali di calcio professionistico a norme comuni destinate a garantire l’omogeneità e il coordinamento di tali competizioni nell’ambito di un calendario complessivo delle partite nonché, più in generale, a promuovere , in modo adeguato ed efficace, lo svolgimento di competizioni sportive basate sulle pari opportunità e sul merito.
Certezze consolidatesi nel mondo del calcio, che vacillano sotto i colpi della Corte europea.
In assenza di criteri sostanziali e di norme procedurali dettagliate che garantiscano che le sanzioni introdotte in aggiunta a tali norme siano trasparenti, obiettive, precise, non discriminatorie e proporzionate, tali sanzioni devono, per la loro stessa natura, essere ritenute contrarie all’art.102, TFUE in quanto hanno carattere discrezionale, sganciate da un controllo obiettivo dell’operato dell’organismo internazionale sportivo. Una situazione del genere rende infatti impossibile verificare, in modo trasparente e obiettivo, se la loro attuazione caso per caso sia giustificata e proporzionata alla luce delle caratteristiche specifiche del progetto di competizione interclub internazionale in questione.
Se l’attività di FIFA e l’UEFA non sia riconducibile ad un monopolio legale e che imprese concorrenti possano, in teoria, organizzare nuove competizioni che non sarebbero soggette alle norme adottate e applicate da tali due federazioni, tuttavia, la posizione dominante detenuta dalla FIFA e dall’UEFA sul mercato dell’organizzazione e della commercializzazione delle competizioni calcistiche internazionali interclub è tale che, in pratica, allo stato attuale non è possibile stabilire organizzare in modo sostenibile una competizione al di fuori del proprio ecosistema, dato il controllo che esercitano, direttamente o attraverso le federazioni calcistiche nazionali affiliate, sui club, sui giocatori e su altri tipi di competizioni, come quelle organizzate a livello nazionale.
Accertata la violazione dell’art.102, TFUE, la sentenza annotata ribalta al giudice del rinvio il compito di qualificare la normativa oggetto del procedimento principale alla luce dell’articolo 102 TFUE, dopo aver effettuato le ulteriori verifiche che riterrà necessarie.
In ordine alla dedotta violazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, da parte delle associazioni di imprese come quelle costituite secondo le norme FIFA e UEFA il cui comportamento risulta avere un oggetto anticoncorrenziale, rivolto a impedire, restringere o falsare la concorrenza, è sufficiente scrutinare il contenuto della normativa FIFA, da cui emerge che nessuna lega internazionale o altro gruppo analogo di club o leghe può essere costituito senza il consenso di La FIFA e la/e federazione/i nazionale/i di cui fanno parte tali club o leghe. Inoltre, nessuna partita o competizione può aver luogo senza la previa approvazione della FIFA, della UEFA e di tali associazioni, né nessun giocatore e nessuna squadra affiliata ad un’associazione calcistica nazionale membro della FIFA o della UEFA può giocare una partita o stabilire contatti sportivi con altri giocatori o squadre non affiliati senza l’approvazione della FIFA.
Secondo la Corte europea, le norme statutarie esaminate, rafforzano, illecitamente, la barriera all’ingresso nel mercato economico del calcio internazionale, impedendo a qualsiasi impresa che organizzi una competizione potenzialmente concorrente di fare appello, in modo significativo, alle risorse disponibili sul mercato, vale a dire club e giocatori, questi ultimi vulnerabili – se partecipano ad una competizione che non ha avuto la previa approvazione della FIFA e dell’UEFA – a sanzioni per le quali non esiste un quadro che preveda criteri sostanziali o norme procedurali dettagliate idonee a garantire che siano trasparenti, oggettivi, precisi, non discriminatori e proporzionati, riscontrandosi un grado sufficiente di danno alla concorrenza, attratto dal divieto previsto dall’articolo 101, paragrafo 1, TFUE.
La privativa di FIFA e UEFA è idonea a consentire un controllo totale dell’offerta, di praticare prezzi eccessivi, e quindi abusivi (sentenze 14 febbraio 1978, United Brands e United Brands Continentaal / Commissione , 27/76, EU:C:1978:22, punto 250, e dell’11 dicembre 2008, Kanal 5 e TV 4 , C‑52/07, EU:C:2008:703, commi 28 e 29), di fronte al quale gli acquirenti effettivi o potenziali dei diritti dispongono prima facie di un potere negoziale limitato, considerato il posto fondamentale e imprescindibile che occupano le competizioni e gli incontri di calcio professionistico interclub come prodotti attrattivi in grado di attrarre e fidelizzare di un vasto pubblico durante tutto l’anno, nell’offerta di programmi e trasmissioni che le emittenti possono offrire ai propri clienti e, più in generale, ai telespettatori. Inoltre, obbligando tutti gli acquirenti effettivi o potenziali dei diritti ad acquistare da due venditori, ciascuno dei quali offre una gamma di prodotti escludendo qualsiasi offerta alternativa e godendo di un’immagine e di una reputazione forti, essi rischiano di incentivare gli acquirenti effettivi o potenziali a standardizzare la loro condotta sul mercato e nell’offerta ai propri clienti, determinando così una restrizione della scelta e una minore innovazione, a scapito dei consumatori e dei telespettatori.
Anche tale profilo, volto ad impedire o restringere la concorrenza sui diversi mercati interessati, ricade nel divieto ex art. 101, paragrafo 1, TFUE, costituendo un abuso di posizione dominante ai sensi dell’articolo 102 TFUE, a meno che il giudice nazionale valuterà, alla luce degli argomenti e delle prove che le parti nel procedimento principale dovranno fornire, la portata di tali incrementi di efficienza e, nel caso in cui la loro effettiva esistenza e portata sono stati stabiliti, per stabilire se eventuali incrementi di efficienza siano tali da compensare gli svantaggi in termini di concorrenza derivanti dalle norme di cui trattasi nel procedimento principale.
Il giudice del rinvio ha interrogato la Corte europea sulla compatibilità della condotta di FIFA e UEFA rispetto agli artt.45, 49, 56 e 63, TFUE , relative alla libera circolazione dei lavoratori, alla libertà di stabilimento, alla libera prestazione dei servizi e alla libera circolazione dei capitali e, ai sensi dell’art. 56 TFUE, è stato accertato che le norme dell’ordinamento calcistico internazionale tali norme tendono non solo a ostacolare o a rendere meno attraenti le diverse attività economiche interessate, ma a impedirle addirittura, limitando l’accesso di qualsiasi nuovo arrivato (v., per analogia, sentenze del 10 marzo 2009, Hartlauer, C‑ 169/07, EU:C:2009:141, punto 34, e dell’8 giugno 2023,Prestige e Limousine, C‑50/21, EU:C:2023:448, punto 62), rappresentando un ostacolo alla libera prestazione dei servizi.
Tenendo conto del principi statuiti dalla Corte europea, il riscontro dell’acuto contrasto della disciplina FIFA e UEFA con una pluralità di norme del TFUE, espongono le prime ad un giudizio critico che rifluisce verso la nullità testuale (art. 101, par.2) o virtuale (art.56 e 102) che le svuotano di effettività nell’ordinamento europeo e in quello degli Stati membri, calando il sipario sullo strapotere degli organismi internazionali nel variegato fenomeno calcistico.
La normativa particolare, statutaria/regolamentare di FIFA e UEFA, esce alquanto destabilizzata dal travagliato sindacato della Corte europea.
Nella elaborata prospettiva, non sembra difficile escludere che le questioni sollevate nella sentenza annotata forniscano un quadro unificante per i giudici nazionali i quali, a fronte della tutela invocata da soggetti terzi i quali intendano esercitare il diritto di organizzare manifestazioni calcistiche internazionali al di fuori del perimetro FIFA e UEFA, sono in grado di disinnescare le censurate disposizioni degli organismi internazionali, calibrando la nullità delle stesse con la disapplicazione delle norme dei paesi membri che, assecondando la competenza esclusiva delle federazioni calcistiche, si pongano in contrasto con il prevalente diritto eurounitario, plasticamente raffigurato nella sentenza de quo .
Antonello Sdanganelli