La scelta di affidare la concessione come lotto unico quale obiettivo strategico dell’amministrazione comunale per la tutela della sicurezza dei lavoratori richiede che tale valore, garantito dalla Costituzione in funzione limitatrice della libertà di impresa (art. 41, comma 2), è legittimamente perseguibile dall’amministrazione nell’affidamento a privati di propri beni suscettibili di sfruttamento economico. Quando però l’obiettivo si traduce in un intervento fortemente conformativo del mercato di riferimento, attraverso l’imposizione di matrice dirigista di un’obbligatoria integrazione verticale tra operatori del settore e il consequenziale incremento dei requisiti di qualificazione per svolgere l’attività economica, il pur legittimo obiettivo di interesse generale non può eccedere i limiti di un equilibrato bilanciamento tra le contrapposte ragioni di apertura alla concorrenza e più in generale della ragionevolezza che sempre deve presiedere all’esercizio della funzione amministrativa. Mentre l’esigenza di contemperare le ragioni della sicurezza del lavoro con quelle dell’impresa rimonta al sopra citato art. 41 della Costituzione, la tutela delle imprese di minori dimensioni in funzione dell’incremento dei livelli di concorrenza si è tradotto sul piano della legislazione primaria nell’affermazione del principio di carattere generale, per cui alle esigenze di queste ultime deve essere «adeguato l’intervento pubblico e l’attività della pubblica amministrazione» [art. 1, comma 5, lett. h), della legge 11 novembre 2011, n. 180].
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Consiglio Stato sez V sentenza 1618-2021