Il sindacato giurisdizionale sulle interdittive antimafia implica una ricostruzione del significato logico-giuridico del materiale istruttorio che non costituisce una integrazione della motivazione del provvedimento impugnato quando si limita ad attribuire ai fatti indicati dal provvedimento il significato logico-giuridico più corretto, alla stregua dei criteri rinvenibili nella norma attributiva del potere. La valutazione di coerenza e ragionevolezza che il giudice è chiamato ad operare riguarda il complessivo materiale istruttorio e la motivazione del provvedimento, e non può farsi coincidere con una sovrapposizione o meno della sentenza al provvedimento, proprio in ragione della ricostruita natura del potere esercitato. Ove il principio di personalità della responsabilità penale conduca all’assoluzione in ragione della mancata corrispondenza temporale fra il fatto oggetto del capo d’imputazione e la qualifica di imprenditore contestata al soggetto interessato, la pronuncia assolutoria non può escludere la riconducibilità della condotta al medesimo ambito imprenditoriale, e dunque la sussistenza a carico dell’impresa di un dato sintomatico, utilizzabile – per espresso dettato normativo – in chiave di valutazione prognostica della sussistenza di un rischio di infiltrazione. Ciò che la disciplina primaria del potere di cui si tratta ha di mira non è infatti la dimostrazione della sussistenza di legami con la criminalità organizzata, ma l’esistenza di elementi fattuali dai quali si possa ragionevolmente inferire la probabilità che una infiltrazione, in termini di continguità c.d. compiacente, ovvero soggiacente, possa verificarsi, avuto riguardo alle caratteristiche soggettive ed oggettive dell’impresa, coerenti con la natura preventiva del rimedio antimafia).
massima di redazione
testo integrale
Consiglio Stato Sez III sentenza 1065-2022