Corte di Cassazione, Sezione Prima, sentenza 18 aprile 2024 n. 10500. Commissariamento Ilva, autorizzazione integrata ambientale, diritti fondamentali, diritti tiranni, salute, ambiente, occupazione, legge provvedimento, illegittimità, partecipazione azionaria, danno, valutazione di merito.

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La causa efficiente dell’adozione della disciplina di cui al d.l. n. 61/2013, convertito in l. n. 89 del 2013, relativo al regime di commissariamento dell’Ilva, da individuarsi nella grave inottemperanza di quest’ultima, alle disposizioni dell’a.i.a. (autorizzazione integrata ambientale), aveva condotto all’accertamento ex lege dei danni alla salute e all’ambiente siccome discendenti dall’attività produttiva, unico ed essenziale presupposto del commissariamento e della attribuzione all’organo commissariale dei relativi poteri gestori, tracciando un percorso di risanamento ambientale ispirato al bilanciamento tra la tutela dei beni indicati e quella dell’occupazione, cioè tra beni tutti corrispondenti a diritti costituzionalmente protetti.

Ferma l’impossibilità di individuare, tra i diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione in rapporto di integrazione reciproca, uno di essi che abbia la prevalenza assoluta sugli altri (cd. diritti tiranni), resta riservata al legislatore l’individuazione del punto di equilibrio tra i valori primari in gioco (l’ambiente, la salute, il lavoro e via dicendo), secondo criteri di proporzionalità e di ragionevolezza tali da non consentire un sacrificio del loro nucleo essenziale.

Dettata la disciplina generale, il d.l. n. 61 del 2013 ha accertato la permanenza del pericolo ambientale e per la salute derivante dalla inosservanza dell’a.i.a. da parte dell’Ilva e ha disciplinato il commissariamento straordinario dello stabilimento industriale di interesse strategico nazionale, operato come legge-provvedimento, col fine di preservare e contemperare valori di rilevanza costituzionale tra loro posti in posizione di necessario bilanciamento.

L’art. 42 Cost., in coordinazione con l’art. 1 del Protocollo addizionale della CEDU, rende il senso di un parametro applicabile anche al caso della partecipazione azionaria annoverabile nella categoria dei ‟beni”. Ove il titolare di una partecipazione azionaria sia incorso in uno spossessamento ad opera della pubblica autorità per effetto di una legge-provvedimento, può verificarsi, in astratto, un’interferenza illegittima, se non ragionevole e non proporzionata allo scopo perseguito, da indennizzare in caso di pregiudizio che, tuttavia, non origina direttamente dal commissariamento in sé e per sé considerato, la cui valutazione avviene in sede di merito, insindacabile in cassazione.

massima di redazione

testo integrale

Cass I sentenza 10500-2024

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