Procura di Roma, Memoria per QUESTIONE DI COSTITUZIONALITA’ DELL’ART. 420 BIS C.P.P. nel processo Regeni.

La questione, nel caso di specie, si pone sotto due profili: quello di diritto internazionale pubblico del rapporto tra Stati e quello delle garanzie individuali nel procedimento penale. Questi due profili appaiono connessi in senso sincronico in quanto gli effetti della violazione del profilo internazionale pubblico della cooperazione giudiziaria tra Stati, di cui si è detto, si producono in via derivata, a cascata, sul piano dei diritti individuali connessi alla effettività del processo che sono statuiti, come sopra ricordato; sia sul piano costituzionale che sovranazionale. Invero, nel caso in esame, la mancata collaborazione dello Stato estero alla individuazione e notificazione di atti nei confronti del proprio cittadino determina un pregiudizio non solamente per le persone offese del reato ma anche per gli stessi accusati.

Nel caso in esame vi è da un lato una forma di conoscenza, seppur non sufficiente per la celebrazione del processo e, dall’altro, vi è la mancata attivazione dello Stato richiesto; si è in presenza quindi di una ipotesi diversa e non disciplinata dalla legge in quanto dovuta al rifiuto dello Stato estero di collaborare. Tale rifiuto lede innanzitutto il principio generale derivante dal diritto internazionale pattizio che, come sopra si è tentato di spiegare, informa ormai di sé i rapporti tra Stati, in particolare quando essi siano parte della medesima convenzione internazionale; tale violazione, conseguentemente, si riverbera creando l’ulteriore violazione dei principi costituzionali nazionali che a quegli strumenti giuridici riconoscono valore ed efficacia. Il rifiuto lede, quindi ed ancora, i diritti dei familiari delle vittime (impossibilitate a vedere celebrato un processo per il reato in danno del loro congiunto) e quello degli stessi imputati, titolari del diritto ad essere rapidamente giudicati anche per ottenere una dichiarazione di estraneità ai fatti.

A fronte di tale deficienza dello Stato richiesto nel garantire anche ai propri cittadini di essere informati pienamente e poter affrontare consapevolmente il processo penale, vi è anche una lesione del diritto di difesa in quanto la disciplina sull’assenza, ed in essa dell’art. 420 bis C.p.p., appare lacunosa difettando di una previsione che permetta di tutelare gli interessi delle parti in causa anche a fronte di una inadempienza all’obbligo internazionale di cooperazione giudiziaria del loro Stato di appartenenza o di residenza. Sicché il mandare avanti il processo, in tal caso, non sarebbe una violazione dei, principi e delle norme dell’art: 420 bis C.p.p. perché, sarebbe l’unico modo per permettere un supera mento di uno sta Ilo che, a quanto consta, non appare né voluto, né cercato dagli imputati egiziani ma, anzi, sulla base dei principi costituzionali che assicurano a tutti il giusto processo garantito, si può ben ritenere che essi stessi abbiano interesse a difendersi e partecipare al procedimento italiano in corso.

Sussiste la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione di costituzionalità, in riferimento agli artt. 3, 10, 11, 24, 111, 117 della Costituzione, dell’art. 420 bis c.p.p. – in relazione all’art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e alla Direttiva 2012/29/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 25 ottobre 2012 in materia di effettività del diritto alla celebrazione del processo sia per le vittime di reato sia per l’accusato – nella parte in cui non prevede che si possa procedere “in assenza” dell’accusato nei casi in cui la formale mancata conoscenza del procedimento dipenda dalla mancata assistenza giudiziaria da parte dello Stato di appartenenza o di residenza dell’accusato stesso.

Sintesi tratta dalla memoria della Procura di Roma

testo integrale

Procura Roma Giulio Regeni

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