Consiglio di Stato, Sezione Terza, sentenza 15 dicembre 2022 n. 11004. Riparto spesa farmaceutica AIFA, contraddittorio procedimentale, riservatezza degli accordi negoziali, farmaci orfani

Sofonisba Anguissola

In materia di attribuzione degli oneri di ripiano della spesa farmaceutica per acquisti diretti, la pretesa di instaurare un contraddittorio procedimentale generalizzato tra l’AIFA e tutte le aziende su tutti i dati, forniti da tutte le imprese farmaceutiche, non merita tutela in quanto, in tal modo, non solo si aspira a realizzare una vera e propria cogestione della spesa farmaceutica tra l’AIFA e le aziende di settore, non prevista dall’ordinamento settoriale e dalle leggi speciali applicabili – come del resto dalle norme generali in materia di partecipazione procedimentale dettate dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, di riferimento anche nella specie in assenza di diverse indicazioni normative – e contraria al principio di efficienza dell’azione amministrativa, appesantendone notevolmente e inutilmente l’iter istruttorio, ma anche e soprattutto in quanto non necessaria, per la corretta determinazione del pay back, e confliggente con le meritevoli esigenze di riservatezza delle altre aziende, per evidenti ragioni di tutela del segreto commerciale/industriale.

Il livello di specificità della pubblicazione dei dati aziendali potrebbe disvelare il contenuto di singoli accordi negoziali conclusi dall’Agenzia con le varie aziende farmaceutiche, nei quali sono presenti clausole di riservatezza che non consentono di comunicare a terzi le informazioni contenute in tali accordi. La pattuizione di sconti confidenziali e, cioè, coperti da apposite clausole di riservatezza, rappresenta non solo un dato riservato in quanto afferente interessi commerciali delle aziende coinvolte, ma anche un cruciale strumento di interesse pubblico, in grado di realizzare un risparmio di spesa per il pagatore pubblico.

Il tema del bilanciamento tra esigenze di informazione degli operatori interessati e quelle di tutela del segreto commerciale, può porsi in sede di accesso documentale, ai sensi degli artt. 22 e ss. della l. n. 241 del 1990, ma è del tutto inconferente laddove si lamenti l’illegittimità dei provvedimenti impugnati, con il conseguente onere di chi ricorre di fornire quantomeno un principio di prova della loro illegittimità.

Sebbene il procedimento amministrativo sia caratterizzato dalla biunivocità dei doveri informativi facenti carico alle parti, i quali, per quanto concerne in particolare quella privata, si riconducono al principio di auto-responsabilità in ordine alla correttezza dei dati dichiarati alla P.A., è non meno vero che gli effetti delle conseguenze giuridiche delle eventuali omissioni/ritardi informativi non devono ispirarsi a criteri di carattere sanzionatorio, assumendo rilievo preminente l’interesse pubblico alla corretta ricostruzione dei dati di fatto rilevanti in vista dell’esercizio del potere amministrativo, conforme ai principi di buon andamento ed imparzialità: interesse che coincide, nella fattispecie in esame, con quello dell’azienda alla conformità della sua quota di ripiano all’effettivo concorso da essa dato al superamento del pertinente tetto di spesa farmaceutica e che, al pari di questo, tollera limitazioni solo nella misura strettamente necessaria a garantire la conclusione del procedimento nel rispetto delle coordinate temporali il cui superamento ridonderebbe in danno di quello stesso interesse pubblico che esso è finalizzato a realizzare.

La spesa per i farmaci orfani, così come risultanti dal relativo Registro europeo, concorre alla determinazione della spesa complessiva, mentre non viene considerata in sede di determinazione delle quote di mercato delle aziende farmaceutiche, funzionali alla fissazione della relativa quota di ripiano. L’effetto concreto di tale meccanismo è che il costo del superamento del tetto di spesa per gli acquisti diretti, sebbene determinato anche dalla spesa per i farmaci orfani, viene posto a carico delle aziende farmaceutiche che commercializzano i farmaci destinati al suddetto canale dispensativo, ad eccezione di quelle che sono titolari delle AIC (autorizzazione all’immissione in commercio), relative alla suindicata speciale categoria di farmaci.

La scelta del legislatore di non mescolare la spesa effettuata dalla pubbliche amministrazioni sanitarie, mediante le procedure pubbliche di acquisto, e la spesa determinata dalle ricette rosse dei medici convenzionati, è anche finalizzata ad assicurare un controllo esterno sull’appropriatezza e correttezza di tale ultima spesa, anche segnalando e chiedendo ai singoli medici chiarimenti ove si presentino andamenti che appaiano anomali. Non è un caso che proprio nelle Regioni, ove tradizionalmente l’amministrazione sanitaria è ritenuta più completamente e consapevolmente organizzata, il tetto della spesa convenzionata non venga normalmente consumato tutto, mentre è nelle Regioni tradizionalmente ritenute meno attente ed attrezzate che viene sfondato. Unificare i tetti significherebbe togliere uno degli strumenti essenziali voluti dal legislatore per il monitoraggio dell’appropriatezza – in termini anche di c.d. appropriatezza prescrittiva – della spesa farmaceutica, sia nei confronti delle amministrazioni pubbliche, che dei medici convenzionati, mescolandone le rispettive responsabilità.

massima di redazione

test integraleConsiglio Stato sez.III sentenza 11004-2022

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