Corte Costituzionale, sentenza 26.1.2021/17.2.2021 n. 22. Illegittimità costituzionale della legge regionale che prevede la liquidazione coatta amministrativa di enti strumentali (Corap Calabria).

Élisabeth Louise Vigée Le Brun

Va dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. l della legge reg. Calabria n. 47 del 2019, introduttivo dell’art. 6-bis della legge reg. Calabria n. 24 del 2013, per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., che prevede l’assoggettabilità del Consorzio regionale per lo sviluppo delle attività produttive (CORAP) a liquidazione coatta amministrativa, in quanto la previsione di strumenti concorsuali finalizzati alla liquidazione di enti pubblici economici appartiene alla competenza esclusiva dello Stato, invadendo le materie «giurisdizione e norme processuali» e «ordinamento civile», riservate alla potestà legislativa esclusiva dello Stato. A norma dell’art. 2, primo comma, della legge fallimentare (“legge determina le imprese soggette a liquidazione coatta amministrativa, i casi per le quali la liquidazione coatta amministrativa può essere disposta e l’autorità competente a disporla” ), rispetto al modello generale del fallimento, quindi, la liquidazione coatta amministrativa si configura come una procedura concorsuale di carattere speciale, la cui applicazione esige un’apposita previsione di legge. La circostanza che gli enti pubblici, quand’anche esercenti attività d’impresa, siano istituzionalmente esclusi dall’ambito applicativo del fallimento (artt. 1, primo comma, della legge fallimentare e 2221 del codice civile) non implica quindi che essi siano automaticamente suscettibili di liquidazione coatta amministrativa, occorrendo pur sempre una norma di legge che lo preveda.

massima e breve commento della redazione

 


Per fronteggiare la irreversibile crisi del Corap, Ente pubblico economico nato dalle ceneri dei consorzi industriali, la Regione Calabria ha delineato un singolare modello di liquidazione coatta amministrativa, la cui disciplina speciale è fissata nell’art.1, Legge Regionale Calabria, n. 47, introduttiva dell’art. 6 bis, L.R. n.24/2013. L’illegittimità costituzionale della predetta normativa regionale è stata affrontata nella sentenza Corte Costituzionale n.22/2021 che appare persuasiva in tutti i suoi passaggi argomentativi.

Sotto altro aspetto, la normativa regionale censurata, si pone gerarchicamente in contrasto con norme vincolanti di derivazione sovranazionale, e segnatamente con il Regolamento (UE) 2015/848 del 20 maggio 2015, relativo alle procedure di insolvenza.

Il Regolamento 2015/848 UE introduce nell’ordinamento comunitario, con efficacia immediata e diretta nell’ordinamento degli Stati membri, una disciplina sulle procedure di insolvenza che, ispirandosi alla norma espressa dall’art.81, TFUE mira a favorire la cooperazione con “l’adozione di misure intese a ravvicinare le disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri” (art.81 TFUE, par.1) per conseguire “l’obiettivo di istituire uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia” (2° Considerando, Reg.UE cit.), ciò in quanto per garantire “il buon funzionamento del mercato interno è necessario che le procedure di insolvenza transfrontaliera siano efficienti ed efficaci”(3° Considerando, Reg.UE cit). Il legislatore comunitario si è preoccupato di migliorare l’efficacia e l’efficienza delle procedure d’insolvenza che presentano implicazioni transfrontaliere, affinché “disposizioni in materia di giurisdizione, riconoscimento e legge applicabile in tale settore facessero parte di un provvedimento dell’Unione vincolante e direttamente applicabile negli Stati membri”(8° Considerando, Reg.UE cit.).

In particolare, l’art. 7 cit. determina quanto segue: “a) i debitori che per la loro qualità possono essere assoggettati ad una procedura di insolvenza; b) i beni facenti parte della massa fallimentare e la sorte dei beni acquisiti dal debitore dopo l’apertura della procedura di insolvenza; c) i poteri, rispettivamente, del debitore e dell’amministratore delle procedure di insolvenza; d) le condizioni di opponibilità della compensazione; e) gli effetti della procedura di insolvenza sui contratti in corso di cui il debitore è parte; f) gli effetti della procedura d’insolvenza sulle azioni giudiziarie promosse da singoli creditori, salvo che per i procedimenti giudiziari pendenti; g) i crediti da insinuare nella massa fallimentare del debitore e la sorte di quelli successivi all’apertura della procedura di insolvenza; h) le disposizioni relative all’insinuazione, alla verifica e all’ammissione dei crediti; i) le disposizioni relative alla ripartizione del ricavato della liquidazione dei beni, il grado dei crediti e i diritti dei creditori che sono stati in parte soddisfatti dopo l’apertura della procedura di insolvenza in virtù di un diritto reale o a seguito di compensazione; j) le condizioni e gli effetti della chiusura della procedura di insolvenza, in particolare, mediante procedure di composizione; k) i diritti dei creditori dopo la chiusura della procedura di insolvenza; l) l’onere delle spese derivanti dalla procedura di insolvenza; m) le disposizioni relative alla nullità, all’annullamento o all’inopponibilità degli atti pregiudizievoli per la massa dei creditori”.

Non è vano osservare che l’art. 11 Cost., prevedendo che l’Italia «consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia tra le Nazioni», ha permesso di riconoscere alle norme comunitarie efficacia obbligatoria nel nostro ordinamento (ex plurimis: sentenze n. 86/2012; n. 102 del 2008; n. 349 e 284 del 2007; n. 170 del 1984).

Ne consegue che l’’art.7 Regolamento UE cit. assume il rango di fonte immediatamente e direttamente applicabile “alla procedura di insolvenza e ai suoi effetti la legge dello Stato membro nel cui territorio è aperta la procedura (lo «Stato di apertura»”). Non v’è dubbio che il richiamo alla legge dello Stato membro sia circoscritto alla legge ordinaria, come univocamente si rinviene nel Trattato (artt.88, 276, 340, TFUE) – con esclusione della legge regionale ad efficacia territoriale limitata (Corte giustizia UE sez. II, 13/11/2014, n.416; Corte giustizia UE sez. III, 05/12/2013, n.413).

Il giudizio di compatibilità comunitaria della legge regionale – di cui è onerato l’interprete – denota come essa si sia discostata dal comando del Regolamento UE cit., che riconosce nella legge dello Stato membro l’unica fonte idonea a stabilire le regole interne delle procedure di insolvenza, fra cui, la liquidazione coatta amministrativa, riconosciuta nell’elenco formulato nell’Allegato A (“Procedure di insolvenza di cui all’articolo 2, punto 4”), Regolamento cit.

Sul piano delle fonti ciò induce a riconoscere, in ambito nazionale, la legge fallimentare (R.D.n.267/1942, artt.194 ss.) come la fonte formale vigente, di carattere generale, applicabile alla liquidazione coatta amministrativa.

In violazione della normativa sovraordinata, l’art. 6 bis, L.R. 24/2013 ha creato uno schema concorsuale parallelo a quello fissato negli artt.194 ss., Legge fall., prevedendo: i) i requisiti per la messa in liquidazione coatta amministrativa del Corap (comma 1); ii) la nomina di un commissario liquidatore e un comitato di sorveglianza (comma 2); iii) la cessazione degli organi del Corap (comma 3) ; iv) le modalità di liquidazione ed estinzione dei debiti (commi 4 e 10);  la prosecuzione in via provvisoria delle attività svolte dal CORAP (comma 5); v) il compenso degli organismi di liquidazione (commi 13-14). Lo spazio normativo ricavato dalla legge regionale censurata, in altri termini, è stato sottratto alla “legge dello Stato membro” applicabile, cioè alla Legge Fallimentare vigente (R.D.n.267/1942).

Purtuttavia, l’attività legislativa del legislatore regionale è, come illustrato, vanificata dall’art. 7, Regolamento 2015/848 UE, par.2, che affida alla legge dello Stato membro la disciplina delle condizioni di “apertura, lo svolgimento e la chiusura della procedura di insolvenza”.

Analogo rinvio recettizio alla «legge dello Stato membro» si rinviene nell’intero testo normativo del Regolamento comunitario (artt.11,12.13,14,17,18,20,21,29, 35, 37, 40, 47, 53, 55, 64), per cui il raffronto con l’art.6 bis, Legge regionale cit., espone tale ultima disciplina al medesimo esito dell’invalidità, per  manifesto conflitto con la normativa comunitaria.

Ravvisata l’insanabile antinomia fra le due fonti, regionale e comunitaria, il giudice chiamato a conoscere della questione, deve procedere alla disapplicazione della prima per la prevalenza e preferenza del diritto comunitario su quello interno (Cons.St. V, 7.4.2011, n. 2155), desunte, per i regolamenti comunitari, dall’art. 288, comma 2, TFUE.

Invero, il testo dell’art. 117, primo comma, Cost., introdotto dalla legge costituzionale del 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione) – nel disporre che «La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario (….)» – ha ribadito che tali vincoli si impongono al legislatore nazionale (statale, regionale e delle Province autonome), quale elemento integrante il parametro di legittimità costituzionale.

Rimanendo sguarniti della copertura normativa per la disapplicazione dell’art.6 bis, Legge regionale cit., i provvedimenti amministrativi di liquidazione coatta amministrativa del Corap subiscono una profonda destabilizzazione che li trasmuta in una condizione di marcata illegittimità. Mancando il supporto normativo fornito dalla disposizione regionale disapplicata, gli atti amministrativi regionali impugnati, collegiali e monocratici, sono affetti dalla violazione del Regolamento UE cit. che affida alla legge statale la regolazione delle procedure concorsuali. Sotto altro profilo, rileva la violazione degli artt. 43, 104, 104 bis, 194, 195 ss., Legge fallimentare, che non contempla la liquidazione coatta amministrativa degli enti pubblici economici (Cassazione civile sez. I, 30.4.2018, n.10383; Cassazione civile sez. I, 9.10.1993, n.10008).

L’effetto restrittivo della criticata disposizione regionale e degli atti amministrativi impugnati sulla situazione creditoria dei ricorrenti mostrano una spiccata capacità offensiva anche rispetto all’art.24 Cost. nella misura in cui la grave crisi finanziaria e patrimoniale enunciata negli atti amministrativi di liquidazione coatta amministrativa del Corap, prelude all’inevitabile mortificazione del vasto ceto creditorio le cui ragioni subiranno, in corso di procedura concorsuale, una irreversibile paralisi.

AS

 

 

testo sentenza Corte Costituzionale n.22-2021

Corte Cost. sentenza 22-2021

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